Antonio Padellaro: “Salvini a Cutro come lo “zio Lallo” parassita di Amarcord”

(di Antonio Padellaro – Il Fatto Quotidiano) – “Il premier oggi sembra Matteo e lei la vice”, dicono un po’ tutti qui. “Il Foglio”

In “Amarcord” c’è un personaggio indimenticabile, lo zio Lallo, quello che vegeta alle spalle dei parenti, lestissimo, all’ora del desinare, ad annodarsi il tovagliolo. Con un accappatoio spugnato e l’immancabile retina elastica sui capelli ben impomatati, egli assiste masticando di gusto, imperturbabile, alle furiose liti di famiglia.

Giovedì 9 marzo, nel chiostro di Cutro, lo zio Lallo era interpretato da uno strepitoso Matteo Salvini, impeccabile nel ruolo (ma senza accappatoio e retina). Mentre la povera Giorgia Meloni arrancava sotto il peso della trasferta del governo in Calabria – nata sotto una pessima stella considerati i tragici eventi (ma non quelli soltanto) –, i ministri circostanti si comportavano come i soliti maschi fancazzisti, quelli che recitano di malavoglia il compitino e che alla fine neppure aiutano a sparecchiare. È stato quando la premier è apparsa abbastanza stremata (e incazzata) dalla baraonda giornalistica di domande polemiche, voci sovrapposte, urla. Il tutto coordinato (si fa per dire) dal portavoce novello, Mario Sechi, appena estratto dall’imballaggio e catapultato nel crotonese direttamente dai drink con l’olivetta dell’hotel Locarno (Mario, ma chi te l’ha fatto fare!). Da quel momento ecco che lo zio Lallo occupa la scena da par suo. Assorto tutto il tempo sul cellulare a digitare furiosamente, come sempre indifferente a ciò che dicevano gli altri, si è subito capito che allo spensierato ministro per le Infrastrutture interessava unicamente il consueto comizietto a uso personale. Come se si trovasse a presenziare a una kermesse leghista in Val Brembana e non sul luogo di una strage. Infatti, dopo essersi ampiamente illustrato enumerando, alla Crozza, il listone di faticosissimi incontri e appuntamenti, ha concluso la concione citando il “ponte sullo Stretto”. Non senza la preventiva ostentazione di una cartellina, con relativa intestazione a caratteri cubitali dell’opera, onde ammaliare i cutresi che, come si sa, non avevano altro per la testa.

Ora, neppure a Nando Orfei (l’attore scelto da Fellini per la parte del parassitario cognato) sarebbe mai venuto in mente di disturbare una veglia funebre con l’esibizione di un catalogo di tegole fotovoltaiche. Ma per lo zio Lallo, di naufragio e di governo, l’improntitudine paga sempre. Infatti, dai giornali del mattino successivo risultò che Salvini avesse letteralmente schiantato la Meloni ottenendo questo e quell’altro. Perciò se, per caso, all’underdog fosse venuta voglia di azzannare l’ineffabile alleato avrebbe avuto tutta la nostra comprensione. E invece l’abbiano ritrovata al compleanno di Lallo mentre lui e lei, avvinti come l’edera, devastavano al karaoke la “Canzone di Marinella”. L’ultimo misfatto.