Calabria corrotta, Gratteri attacca Spagnuolo: “Qualcuno ha colpevolmente sottovalutato la ‘ndrangheta di Vibo”

Certo è che se aspettavamo che la procura di Cosenza intervenisse su chi detiene palesemente patrimoni illeciti in città, stavamo freschi. Così Gratteri, che evidentemente oggi ha preso il toro per le corna, ha ordinato a Spagnuolo di procedere al sequestro dei beni di Francesco Patitucci, definito dallo stesso procuratore di Catanzaro esponente di spicco dei clan cosentini: 700 mila euro tra beni immobili e conti correnti. Tra questi c’è il sequestro di 10.000 quote societarie di un complesso aziendale operante nel settore delle costruzioni di edifici.

Una operazione importante perché permetterà agli investigatori, se non l’hanno già fatto, di capire se questa azienda ha avuto appalti o affidamenti diretti o altri favori dal Comune di Cosenza. E non solo. Gli investigatori stanno vagliando le “entrate” sui conti correnti sequestrati per capire la provenienza del denaro. E per quel che ci risulta, ne vedremo delle belle. La verità è sempre più vicina. A piccoli passi ma avanza.

Ma le sorprese di oggi non finiscono qui. E per i corrotti, i collusi e gli intrallazzati, le ansie e le preoccupazioni crescono.

Il procuratore Gratteri, nel commentare l’operazione “Outset” di oggi, eseguita dalla Dda di Catanzaro, dove si è fatta luce su due omicidi avvenuti a Vibo e nell’hinterland tra il 2002 e il 2006 e su un tentato omicidio, recita queste parole: “Per molti anni la pericolosità delle cosche del Vibonese non è stata compresa del tutto, o addirittura è stata deliberatamente minimizzata. Una «ndrangheta di serie A», insomma, che per decenni è stata colpevolmente sottovalutata o non capita, anche dalla magistratura e dalle forze dell’ordine”.

Un’affermazione che per noi è tutto un programma. E tradotta vuol dire questo: la procura di Vibo per decenni ha nascosto colpevolmente (come dice Gratteri) gli intrallazzi dei clan, lasciandoli liberi di fare quello che gli pareva, nell’impunità assoluta. Omicidi, estorsioni, collusioni con i politici e su tutti l’amata corruzione. E chi è stato nell’ultimo decennio il procuratore capo della procura di Vibo? Ma si che lo sapete, lui, Mariolino Spagnuolo, alias il Gattopardo.

Le parole di Gratteri non lasciano spazio ad altre interpretazioni se non questa. E pesano più di una montagna. Parole che finalmente chiariscono le palesi responsabilità delle procure che spesso si assoggettano, per denaro o altro, al potere mafioso. Se gli assassini giravano impuniti per Vibo, così come succede a Cosenza, è perché qualcuno li protegge. E questo tipo di protezione solo la procura può darla.

Con queste granitiche parole, Gratteri attacca frontalmente Spagnuolo, anche se non ne fa il nome. Ma è evidente che il riferimento è a lui. Era Spagnuolo il procuratore capo che avrebbe dovuto indagare sui tanti omicidi rimasti “irrisolti” in quel di Vibo. Quasi dieci anni da procuratore capo a Vibo, senza mai promuovere nessuna azione giudiziaria nei confronti di una ‘ndrangheta di serie A, come la definisce Gratteri. Tutti vedevano i mafiosi arricchirsi e prosperare tra omicidi, estorsioni, traffici di droga e corruzione, tranne Spagnuolo. Lui non vedeva né sentiva niente. Neanche i tanti colpi di pistola sparati in giro per la città.

Non sappiamo cosa è successo, ma registriamo un’accelerazione della determinazione di Gratteri ad intervenire anche sugli intoccabili. Perché un magistrato corrotto è più pericoloso di 100 ‘ndranghetisti armati fino ai denti.

Lo abbiamo detto, la parola fine a questa storia non è stata ancora scritta. E siamo contenti della ritrovata schiettezza di Gratteri che forse ha capito dove sta il vero male della Calabria.

Quella di oggi è una giornata storica per chi ha affidato le proprie speranze alla Giustizia. Quella vera e al servizio dei cittadini. Un po’ meno per chi sa che i nodi stanno per arrivare al pettine. Ed ogni tentativo di insabbiare, depistare, nascondere questa volta sarà vano.