Calabria, la regione più “ricca” d’Italia (di Saverio Di Giorno)

Sapete che in realtà la Calabria è la regione più ricca d’Italia?

di Saverio Di Giorno

Chi vi scrive è un ragazzo di venti anni. L’estate è appena arrivata e come il resto dei miei coetanei, a quest’ora in giro tra le nostre mille strutture e locali a cercare un lavoro, io invece un giro l’ho fatto, ma a fare domande e quindi ora scrivo. Bisogna o aver molto tempo da perdere o non avere nulla da perdere.

L’estate in un territorio come il nostro fatto di mare, monti e sole dovrebbe significare ricchezza, lavoro e spensieratezza. Peccato che non sia così. Peccato che la ricchezza prodotta non provenga dai turisti sempre meno numerosi e sempre meno spendaccioni. E peccato che non venga distribuita.

Quest’anno è un anno particolare perché proprio 200 anni fa nasceva Marx, il quale aveva una curiosa teoria: secondo lui la ricchezza non proveniva esattamente dal lavoro, ma dal plus-lavoro cioè da quella parte di lavoro per così dire non retribuita. Ecco, tutto questo quel mattacchione di Marx lo chiamava sfruttamento. I suoi 200 anni se li porta proprio male perché questa parola non esiste più; si preferiscono termini più vaghi ed evocativi come gavetta, come fare esperienza, come lavoro stagionale, come stage estivi, contratti capestro, e così via…  Questo per quanto riguarda spiagge e hotel. E per rimanere nel sottobosco del legale, perché poi c’è tutta una zona grigia tra legale e non fatta di finte buste paga, di ore inesistenti e assicurazioni mai viste di cui sono pieni i dipendenti dei nostri supermercati. Per poi passare al vero e proprio illegale fatto di lavori a nero nelle cucine e caporalato nei campi, che non riguarda solo gli immigrati. Ecco, la ricchezza delle nostre parti proviene proprio dal risparmio sui diritti, sugli “stipendi” da 400-500 euro anche per 12-13 ore… ecco, in questo senso la Calabria è la regione più ricca d’Italia.

Ma queste sono cose che già si sanno e ogni anno le statistiche vengono aggiornate e lette sui palchi dei concertoni del 1° Maggio. Quindi che senso ha ripeterle in questo articolo? Le cose nominate non provengono da statistiche e freddi numeri, ma da esperienze vissute o raccontate. Dietro quei numeri non ci sono ragazzi o immigrati anonimi, ci sono studenti, ci sono laureati magari e così via. Ci sono persone che non hanno letto solo di Marx, ma hanno letto libri di storia nei quali c’è scritto che dall’epoca in cui dalle nostre parti si portava “il ragazzo dal capomastro per imparare il mestiere” e lo si ringraziava anche del favore sono passati un po’ di anni, di lotte, di diritti conquistati ed evidentemente calpestati.

Sono storie soprattutto di inganni e illusioni. A queste giovani menti viene raccontato che la scuola – quando non contribuisce anche questa al problema con assurde “alternanze” –  è un ascensore sociale, risalita. E dalle nostre parti ascensore sociale fa rima con riscatto.  Poi però i datori di lavoro hanno storie un po’ diverse.

Gli imprenditori (non solo turistici) di successo delle nostre parti sono persone che hanno percorsi diversi da quelli di questi ragazzi. I loro ascensori sociali passano per altri palazzi. Storie non di scalate e successi, ma di prestiti, concessioni, fondi oscuri e non. A cominciare da Praia a Mare, terra di confino di camorristi molti dei quali hanno fatto fortuna e business diventando proprietari di attività turistiche e commerciali. E poi ci sono storie di conoscenze e amicizie come quelle tra i membri del cda della BCC di Verbicaro sui cui prestiti misteriosi si indaga e hanno fatto la fortuna di altri imprenditori tra Scalea e Diamante e ancora abusi e sequestri come l’annosa questione del mega villaggio SummerDay di proprietà di Bruno Pizzimenti, altro signore di Reggio Calabria che da ortofrutticolo ha messo su un patrimonio immenso.

E poi ci sono tutte le attività riconducibili ai Muto, anche loro ovviamente campioni olimpionici di scalate sociali viste le loro umili origini. Ecco, in questo marasma dove sta la meritocrazia, l’impegno, i titoli o anche semplicemente la giustizia sociale? Ma di questa concorrenza sleale fanno le spese non solo tutte quelle figure di cui sopra, ma anche piccoli imprenditori onesti che non reggono la pressione e che non hanno molte alternative: cedere, andar via o sporcarsi perché dovrebbero essere i primi a chiedere trasparenza, spiegazioni e a prendere distanze. Perché il rischio è pensare che sia tutto uguale, allora.

L’Istat ci dice che questa situazione è comune in tutta Italia, dove i contratti precari crescono e le assunzioni dei laureati diminuiscono. D’altra parte questo è il paese dove con la cultura non si mangia, dove il lavoro si trova andando alle partite. In questi giorni il film di Sorrentino ‘Loro’ è nelle sale perché questo è anche il paese dove le ragazze si svendono per avere successo. Il risultato del berlusconismo e della sinistra assente è vedere logiche capitalistiche e mafiose intrecciarsi perché in un paese in crisi uno ha bisogno dell’altro. Dove trattative stato-mafia vengono fatte a qualsiasi livello. Questo è il momento particolare in cui scrivo della mia storia e di quella del Paese. Travaglio da Luttazzi si chiedeva: da dove deriva la ricchezza di B.? E la stessa cosa chiedo ai nostri imprenditori.

E scrivo di questo gioco pur sapendo di non sottrarmi ad esso. Quello che dovrebbe non farmi scrivere, il non guadagnarci nulla, è l’unica cosa che dà senso e motivazione a queste parole; e dà una forza e un’autorità che deriva dal non avere alcun tipo di autorità. E scrivo per pura rabbia e bisogno di raccontare, pur sapendo di essere solo, senza tutele, contratti. Forse questa è la conseguenza più pericolosa di questo tipo di lavori, di questo tipo di economia che rende la nostra una società di caste: molto più di quelle economiche e sociali. La conseguenza è avere giornalisti che non possono esporsi, professori demotivati o bullizzati, carabinieri che non rischierebbero mai per 1200 euro al mese e dipendenti che mai si opporranno. In buona sostanza è perdere la scelta e la libertà. Non esiste alcuna democrazia senza condizioni materiali adatte.

Scrivo probabilmente anche come testimonianza, soprattutto perché posso permettermi di passare due ore su una tastiera a differenza di altri, di leggere quelle storie sui libri e su qualche testata. Scrivo come appello per chiedere spiegazioni a quegli imprenditori, per dare manforte agli altri, per forma di resistenza, prima che questi diritti, già diventati lussi scompaiano per sempre.