Calabria. Storia delle radio private, l’evoluzione del linguaggio giornalistico (di Edoardo Maruca)

Iacchite’ pubblica settimanalmente uno studio sull’ L’Evoluzione del Linguaggio e del Giornalismo nella storia delle Radio Private Calabresi curato da Edoardo Maruca, giornalista professionista e radiofonico dagli albori dell’editoria locale.

Molte persone cresciute nell’epoca delle radio private, ritroveranno mode, modi, tendenze e «fattarelli» che hanno caratterizzato il periodo dal 1976 al 2017. Quarant’anni di Radiofonia locale attraverso la quale sono passati milioni di sogni, di parole, di musiche, di studio e di emozioni che hanno accompagnato varie generazioni di Calabresi.

PARTE PRIMA (https://www.iacchite.blog/calabria-la-storia-delle-radio-private-introduzione-di-edoardo-maruca/)

PARTE SECONDA (https://www.iacchite.blog/calabria-la-storia-delle-radio-private-i-pizzini-dal-carcere-e-il-legame-tra-le-comunita-di-edoardo-maruca/)

PARTE TERZA (https://www.iacchite.blog/calabria-la-storia-delle-radio-private-radio-bruzia-cosenza-e-la-sentenza-storica-del-pretore-quagliata/)

PARTE QUARTA (Calabria, quando la Radio libera diventò privata: Boemi, Dieni, Riga e Rodà. Cosenza Centrale “occupata” dai “terroristi”!)

PARTE QUINTA

Questa settimana: L’evoluzione del linguaggio giornalistico

di Edoardo Maruca

Che cosa fa un giornalista Radiofonico?

Fa diventare un fatto, notizia e lo fa con competenza, coscienza artistica, bagaglio culturale, ecco quindi la prima seria sforbiciata per chiunque avesse voluto fare lo speaker radiofonico: ci voleva tecnica e la tecnica si studia… Ascoltando una radiocronaca della fine degli anni 80, difficilmente i più capivano cosa significasse «scatta deciso sulla fascia laterale, dribbla la tripletta in difesa ed è Gooool» ma è indubbio che la carica trasmessa da Giuseppe Milicchio in trasferta o Gabriele Carchidi in studio a Radio Cosenza Centrale fosse contagiosa e positiva. Stava nascendo la cultura radiofonica e pertanto uno stile.

Era di moda seguire la radio «alla moda» e quando un giorno ascoltammo: Salve, sono Giorgio Venturin, io ascolto Radio Cosenza Centrale; Ciao sono Michele Padovano e mi alleno con la musica di Rcc; Sono Donato Bergamini, ascolto le ultime notizie su Centrale. Beh, a quel punto, capimmo l’importanza della forma e della sostanza. Gli editori, confortati dai guadagni evidentemente lauti degli sponsor delle trasmissioni sportive, avvertirono la necessità imprenditoriale di trasmettere informazioni locali, organizzando per quanto possibile le prime redazioni con tanto di Giornalista «che ha il compito di scrivere il testo dei radiogiornali, redigere servizi e naturalmente di andare in voce sia per le dirette che per i servizi registrati».

Lo speaker «che ha il compito di leggere tutto ciò che gli viene consegnato». Il tecnico «che deve gestire diretta e post produzione di tutto ciò che gli capita sotto le mani: dall’editing dei contributi registrati sia negli studi interni che in esterna, alla gestione delle messe in onda».

Giornali Radio Quotidiani

Dal primo momento di radiofonia professionale, gli editori dovettero combattere con le spese e, passato il periodo del «volemose bene», avere un professionista in azienda diventò una condizione indispensabile anche per via di un più sentito bisogno di responsabilizzazione dell’informazione sulla quale si è espressa anche la Cassazione. La raccolta delle notizie poneva costi esorbitanti e improponibili per l’economia Calabrese. La soluzione venne data dalle agenzie di stampa a diffusione locale, inizialmente l’Ansa poi le altre, contratti con le radio e le televisioni locali e, in un secondo momento, il canone venne addirittura sostenuto dalla Regione Calabria.

Fu proprio la fruizione di notizie fresche e a basso costo che contribuì alla programmazione di Giornali radio quotidiani e in più edizioni. A quel punto l’informazione era diventata Business e, in mancanza di regole da rispettare, si vendeva di tutto: la cronaca nera, l’intervista politica o la viabilità offerta dall’omino Michelin, i Marlboro Country o il Merit Cup sponsorizzavano le cronache sportive, mentre il Muratti Time le previsioni del tempo. Sarebbero dovuti passare decenni per un primo, blando regolamento in materia pubblicitaria.

L’esigenza di uno sviluppo del linguaggio nella informazione giornalistica andava di pari passo alle «raid» radiofoniche peraltro scopiazzate dalla radiofonia Americana che aveva fatto del Broadcast, un’industria fiorente da almeno un trentennio. Questa Analisi contemplava un prodotto di qualità nei contenuti, nella forma, ma più di ogni cosa sponsorizzabile. Con l’informazione le Radio Calabresi iniziarono a sentirsi importanti, catalizzando l’attenzione anche di chi, snobbava il «mezzo» a favore della carta stampata… La parola sembrava conoscere un ritorno importante dopo anni di «vilipendio alla lingua italiana degli anni ’70».

Per la prima volta in Calabria nel settore radiofonico privato, si avvertì la necessità dello studio di un’esposizione dialettica più curata. La rivoluzione operata dalle radio ha fatto sì però che anche queste venissero coinvolti in un processo di adattamento alla comunicazione moderna… Da un lato, la preferenza per periodi brevi molto spesso costituiti da poche frasi, poteva essere ricondotta a esigenze di chiarezza e incisività dei tempi radiofonici; dall’altro, il rischio era quello dell’omogeneità della programmazione radiofonica, ma questo «pericolo» venne evitato dalla professionalità «creativa» dei Calabresi.

Si era consapevoli che il mezzo radiofonico necessitasse di tecniche giornalistiche differenti; intanto le sperimentazioni di quella che sarebbe diventata negli anni la Piramide invertita, ovvero la cattura dell’attenzione dell’ascoltatore in prima battuta dando più informazioni possibili nella disposizione e nella organizzazione all’interno di un testo come spiegherà Jakob Nielsen negli anni ‘90 «un Triangolo rivolto con la punta verso il basso».

Un giornale radio della durata mai superiore ai 4 minuti lasciando gli approfondimenti ad altri momenti informativi e che seguisse le tradizionali regole delle 5 W in maniera sistematica.  Come accadeva già nelle locandine davanti alle edicole e ancor prima con gli strilloni, «per chi se li ricorda», una formulazione di messaggi chiari e stringati, riproponendo le stesse modulazioni per altro utilizzate dalla stampa (occhielli, titoli, catenacci e sommari).

L’ evoluzione del Linguaggio Giornalistico 

La volontà di redigere un giornale radio quanto più possibile di qualità ma senza la formalità tipica della Rai e la ricerca di quello che, con il passare degli anni, si sarebbe chiamato «format», animò le redazioni radiofoniche. Un «italiano», giornalisticamente parlando, in trasformazione anche nella carta stampata, come sottolineato nel 1987 dall’Accademia della Crusca: «Gli italiani scritti», oltre che da uno dei testi di riferimento per i professionisti del settore. (1)

Ecco L’Italiasko.

Un italiano semi perfetto che rendeva perfettamente l’intendimento, senza avventurarsi in «perniciose retoriche e astrusi verbali». «Carte false, passare a miglior vita, ingorgo a doppia croce uncinata e traffico paralizzato, il Ministro che sale al Quirinale, la Polizia che brancola nel buio o ha fiutato una pista certa, lo sciopero proclamato, i Carabinieri battono tutte le piste… ma a tappeto, il Presidente della Reggina lo ha dichiarato a botta calda, doccia fredda invece per l’allenatore del Catanzaro che, qualche minuto prima della partita, ha appreso che mezza squadra era azzoppata, piove sul bagnato e si muore dal caldo o dal freddo, i magistrati cercano gli scheletri nell’armadio per fare quadrare il cerchio delle indagini, ma con quello che passa il convento non possono far altro che rodersi il fegato…» Evviva la sinedocche.

Oi co, Bello Bello…

La lingua italiana ha subito e continua a subire notevoli trasformazioni a partire dalla sua origine fino ai nostri giorni. Il cambiamento linguistico è un fattore imprescindibile, cui ogni lingua esistente è soggetta ed è attraverso di esso che ci si accorge dei processi di innovazione in atto. In Calabria abbiamo assistito ad un processo di rimodulazione dell’italiano contemporaneo che ha portato numerosi giovani all’utilizzo di un italiano neo- standard.

Il dialetto Calabrese italianizzato, è quel dialetto che ha subito fortemente l’interferenza con l’italiano, sia, e prevalentemente, per quanto riguarda la sfera lessicale, sia per quello che riguarda l’ambito fonologico. Seppur dunque mutato parzialmente nel tempo, il dialetto costituisce parte del repertorio linguistico regionale ed è utilizzato dalla maggioranza dei parlanti, i quali lo usano insieme alla lingua italiana, pertanto fare riferimenti allo stesso diventa uno strumento in più a disposizione del parlante.

Molti Calabresi, anche laureati, condividono l’opinione che l’italiano regionale sia la varietà maggiormente utilizzata nella lingua parlata. I parlanti sentono raramente l’esigenza di nascondere la propria cadenza (accento) che diventa tratto distintivo. Persino i conduttori radiofonici non cercano di dissimulare il proprio accento, al contrario, talvolta, l’intonazione regionale (che può sfociare o meno nel passaggio al dialetto) si rivela una modalità espressiva vincente nella ricerca del contatto con il pubblico.

Le Syndacation

Nonostante non fosse del tutto chiaro il concetto di «diffusione locale», il Broadcasting si guardava bene dall’installare quel trasmettitore in più che avrebbe fatto intervenire la polizia postale e in Calabria, i primi timidi tentativi di collegamenti fuori dalla provincia di appartenenza, furono limitati dalle difficoltà orografiche del territorio. Dalla seconda metà degli anni 80, le prime «Syndacation», ovvero consorzi di radio che commissionavano programmi di qualità, riuscirono a trasmettere «in differita», programmi informativi di approfondimento, ma ancora era lontana l’idea di giornali radio auto prodotti con notizie «originali». I primi ad accorgersi di questo cambiamento furono i politici e, da quel momento, gli sparuti comunicati sarebbero diventati interviste telefoniche, partecipazioni in diretta, inviti alle conferenze stampa.

Ascoltare nelle radio Calabresi Big della politica come i Ministri Giacomo Mancini, Riccardo Misasi, Dario Antoniozzi, Deputati, Senatori, oltre al «ceto politico», ovvero di chi faceva politica per professione attribuiva autorevolezza e prestigio. La radio dunque era ormai diventata un mezzo di promozione sociale… ed elettorale. «Peccato» che, insieme ai politici, ad accorgersi del successo delle radio private furono anche i gruppi extraparlamentari che, tra una lettera di minacce, qualche impianto sabotato, condizionarono quella «libera» informazione. Ad accorgersi delle  radio anche qualche delinquente «vicino» ad una stazione radiofonica Calabrese. Nello stesso periodo i giornalisti si ritrovarono a dover gestire notizie collegate con il potere politico, rapine milionarie a treni in corsa, sequestri di persona, guerre intestine che hanno generato una mattanza di decine di assassini l’anno, anche eccellenti, come quello dell’ex Onorevole Democristiano ed ex presidente delle Ferrovie dello Stato Ludovico Ligato nell’agosto del 1989 o quello avvenuto due anni dopo, del giudice Antonio Scopelliti, che indagava su importanti processi di mafia.

Oghey Ràga

Trascorsi ormai gli anni in cui parlare al microfono era un hobby da praticare la sera o nei fine settimana, (infatti in molte radio di giorno non c’era nessuno), gli editori iniziarono a reclutare figure professionali o quantomeno giovani speaker radiofonici, giornalisti da formare. Si poteva fare… era l’Italia della Milano da bere, della Y10 e dei primi “cine panettoni” e anche la Calabria che sempre ha annaspato sotto il profilo economico, conobbe un periodo di relativa prosperità: la zona industriale di Piano Lago con molti stabilimenti che producevano apparati elettronici di qualità, la Legnochimica a Rende e la Pertusola Sud della Montedison a Crotone, i cementifici che a Castrovillari adoperavano migliaia di operai, la Centrale del latte di Cosenza, la Cassa di Risparmio di Calabria e di Lucania, le officine Omeca di Reggio Calabria.

Insomma si stava bene: le famiglie monoreddito riuscivano a vivere dignitosamente, mandavano i figli all’ università o affittavano la casa al mare per un mese, era l’Italia della super inflazione e della scala mobile. Era un periodo «tanto» quello della fine degli anni 80: tanti debiti, tanti crediti, tanta inflazione e tanti soldi, tanta attività commerciale e dunque tanta pubblicità.

La prossima settimana: La Pubblicità Radiofonica

Tutte le fonti bibliografiche e diverse, cfr, riferimenti, ibidem, raison d’être e varie, sono riportate in calce su Radiofonia (edoardomaruca.it)