Caso burkini, la sinistra sta sbagliando (di Alberto Frisone)

di Alberto Frisone

Essendo “religiosofobo”, come si autodefinisce Flores d’Arcais oggi su Repubblica, ho combattuto per tutta la vita affinché le donne potessero scegliere come, e se, andar vestite.

Sono assolutamente certo che le donne islamiche, se potessero scegliere, non subirebbero il volere dei loro mariti, fratelli e padri che impongono il nascondimento e la mortificazione del loro corpo, rivendicandone, implicitamente, la proprietà.

Ho visitato molti dei paesi del Maghreb e del vicino Oriente in anni in cui non vigevano queste assurde regole integraliste ed ho incontrato diversi studiosi, artisti, scrittori, giornalisti ed omosessuali alcuni dei quali ora (non ho più contatti con loro da decenni) saranno morti, in galera, nascosti al mondo, o a se stessi, a causa di un’interpretazione misogina e integralista della Shari’a.

Alcune di queste persone erano di sesso femminile e ho sentito dalle loro labbra quanta libertà esse andavano cercando e, in parte, ottenendo. Non ho più, purtroppo, le foto di quell’epoca nelle quali comparivano giovani uomini senza barba e giovani donne arabe in bikini sulle spiagge di Cartagine o di Tobruch, ma le foto delle atlete iraniane, sono passato anche dalla Persia di Reza Pahlavi, me le hanno riportate alla memoria.

iri Consentire che le donne islamiche siano private della loro libertà individuale -che sarebbe una loro libera scelta se non fossero sin da bambine costrette a subire, anche violentemente, tali retrograde ed insopportabili credenze religiose- credo che avalli questa ripugnante diseguaglianza fra i sessi.

Trovo che non sia più accettabile la corrente, e corriva, “political correctness” su questi argomenti da parte di uomini e, soprattutto, di donne di sinistra. In ogni caso, prima di partire, iniziamo a rendere impossibile, qui dove ancora possiamo farlo, che i loro misoneisti, oscurantisti e misogini padroni facciano delle donne quello che vogliono.

Il relativismo culturale, ormai un assolutismo, non dovrebbe condurre i progressisti a ritenere che le culture, tutte le culture, siano indiscutibili e non giudicabili, a prescindere dagli esiti che producono.

costTollerare che, in nome della religione o di una cultura diversa dalla nostra, si conculchino i diritti e le libertà delle donne, degli omosessuali, degli agnostici o dei miscredenti, non appartiene alla tradizione ed alla cultura della sinistra.

L’argomento dialettico secondo il quale chi pensa che vadano vietati i burkini è assimilabile a Salvini ed alla Santanchè è un argomento dialettico che assomiglia a quello che, più o meno, suonava: chi non è d’accordo con me, con noi, è fascista.

Essere in disaccordo con la stragrande maggioranza del popolo della sinistra non mi rende, automaticamente e oggettivamente (ve lo ricordate questo avverbio?), vicino a Salvini o, addirittura, alle pulizie etnico-religiose.

Sono fermamente convinto che la sinistra stia sbagliando, ideologicamente e metodologicamente, a tollerare che – in nome di un esteso e, dalla sinistra, non negoziabile relativismo culturale- si conculchino le libertà e i diritti degli esseri umani, in questo caso principalmente delle donne.