Catanzaro e la massomafia. Il ruolo dei Lomonaco e il mondo di mezzo

Catanzaro è la città dalle mille risorse. Quelle risorse che – come abbiamo visto – sono quasi sempre pubbliche ed a vantaggio di pochi, quelli che rientrano tra i “buoni”, come quando a scuola sulla lavagna ci si divideva fra buoni e cattivi…

Tutti buoni a Catanzaro, tutti generosi, tutti amici nella città isola felice. Forse, però. Perché a leggere i documenti che, fino ad oggi, ci hanno consentito di svelare il sistema Catanzaro, dobbiamo dire di no. Specie adesso che finalmente Gratteri ha iniziato concretamente a metterci mano arrestando Tallini.

Catanzaro è una città anomala, dove gli esterni all’amministrazione sono di fatto i veri poteri che governano. E’ una poligamia diffusa che detta l’agenda ad ogni sindaco. Quelli da sempre più o meno sensibili al bisogno delle ditte amiche, delle grandi famiglie e delle logge e loggette domiciliate in città, decisamente troppe tanto che alcune sono assimilabili ad un dopolavoro ferroviario. Per chi non lo sapesse, Catanzaro è infestata di logge, dove esserci serve per apparire, dimostrare uno status ed una vicinanza alla devianza dei poteri che controllano la città.

Mafia, massoneria affaristica, massomafia questa è Catanzaro. Come anche Vibo, Cosenza e Reggio, sia chiaro (Crotone ha più “problemi” con la ‘ndrangheta vera e propria). Tutto quello che sta emergendo, come un fenomeno carsico inverso, ci fa tanta paura. Paura perché si è giunti ad un livello la cui reversibilità sarà lunga e difficile, perché questo è il metodo che ha svezzato le nuove leve della politica, inconsapevoli di aver imparato con accenni accademici il metodo Catanzaro, incapaci di capire l’errore. Abbiamo veramente paura per tutto quanto emerge dai documenti in nostro possesso. Un grande fiume di malaffare in città, e tanti sono gli affluenti che uniscono le loro acque a quella che potrebbe essere la madre di tutte le inchieste, quelle che da anni ormai sono sui tavoli della procura cittadina.

Siamo veramente preoccupati per il futuro dei catanzaresi, che è lo stesso dei tanti giovani disoccupati che hanno conosciuto la truffa Farmaeko, quella che qualche magistrato voleva fare passare sotto silenzio con un fallimento di comodo, senza tenere conto delle denunce dei fornitori non disponibili ad essere fottuti e delle tante testimonianze, molte delle quali da noi pubblicate, dei ragazzi fottuti anche del futuro.

Farmaeko è qualcosa di più per la Guardia di Finanza, non è solo una delle tante scatole cinesi del potere di Mimmo Tallini, il cui figlio Giuseppe faceva solo da prestanome. E’ la pietra filosofale del sistema Catanzaro dove il riciclaggio di fondi neri, di società cartiere e di teste di legno viene mascherato con la truffa. Questo è il sistema Catanzaro o il sistema Tallini se preferite, un’esportazione di metodo che ha la sua golden share nel comune di Catanzaro, da dove partono alleanze, divorzi e sgambetti promessi e realizzati, dove la politica diventa mediatrice e meretrice al tempo stesso.

C’è il sospetto che nella storia Farmaeko ci sia stata benevolenza di certa magistratura cittadina, troppo disponibile a chiudere la vicenda con un fallimento di comodo. Se è così, allora un supplemento di ferocia, come dice Gratteri, non sarebbe una pessima idea…

Capire se esiste una magistratura che traccheggia sulla giustizia e che è sensibile per difendere i colonnelli della politica è una domanda aperta. Una domanda che sembra trovare d’accordo l’avvocato Antonio Lomonaco, difensore dell’imprenditore catanzarese a cui Farmaeko ha bruciato circa 125 mila euro. Lomonaco, l’avvocato Antonio, non ci sta ad una lettura semplicistica dei fatti, e deposita documenti scottanti su Mimmo Tallini e compari, quelli che decriptano il mondo di mezzo del sistema Catanzaro e hanno spianato la strada all’arresto dell’impresentabile.

L’avvocato Antonio Lomonaco conosce bene la politica cittadina e le sue preoccupazioni. E’ sempre lui a difendere il consigliere Tommaso Brutto nella vicenda Gettonopoli  dalla pressione degli inviati di Non è l’Arena, visto che fu Giletti dalle frequenze de La7 a dare fiato alle trombe di un altro malaffare catanzarese. Antonio Lomonaco è anche conoscitore, per frequentazioni familiari, del sottobosco, del mondo di mezzo, della politica del sistema Catanzaro, delle solidarietà tradite anche bipartisan, visto che è stato collaboratore nella struttura del consigliere regionale Arturo Bova come ha scritto il Corriere della Calabria il 6 settembre 2015. “Il nuovo componente dello staff attualmente è anche il legale del padre, uno dei principali protagonisti di “Catanzaropoli”, lo scandalo giudiziario che ha scosso dalle fondamenta l’amministrazione comunale guidata da Sergio Abramo. Massimo Lomonaco, prima dell’inchiesta era assessore al Personale nella giunta del sindaco ex Pdl e ora membro di primo piano di Forza Italia nel capoluogo. Il successivo rimpasto dell’esecutivo ha poi provocato una lunga scia di polemiche e la rottura tra Abramo e il fondatore della lista civica “Per Catanzaro”, il prestanome del duo Tallini-Abramo…”.

Il deposito dei documenti che scottano, da parte di Lomonaco junior come dicono i conoscitori, è un colpo al cuore, una vendetta postuma a quella politica traditrice.

Siamo alla resa dei conti? Il colpo di scena che Lomonaco junior, approfittando della vicenda Farmaeko, ha messo sul piatto, altro non è che la vendetta interna al sistema Catanzaro, che era conosciuta nel suo ambito, visto che il padre, Massimo Lomonaco, è stato attore in prima fila con Tallini e Abramo e mai figurante.

Massimo Lomonaco non è stato uno sconosciuto nella politica catanzarese, già assessore della giunta di Michele Traversa, al tempo esponente di Alleanza Nazionale, nel tempo è stato consigliere comunale di maggioranza nella lista del Partito popolare e in seguito capogruppo del Cdu. Nel 2010 ha fondato il movimento “Per Catanzaro”, che alle ultime amministrative del 2012 vinte da Abramo ha dato un contributo fondamentale per la vittoria del centrodestra cittadino, diventando assessore al Personale nella giunta di Sergio Abramo.

E’ chiaro che la politica ed il sistema Catanzaro sia un fatto non sconosciuto a casa Lomonaco, per una conoscenza diretta dell’assessore Massimo Lomonaco, un cacciatore nato in termini di consenso elettorale, un elemento prezioso a mantenere in piedi il sistema Catanzaro, “assolutamente disponibile” ai bisogni degli amici ed alle ramificazioni, che emergono dalle carte depositate dal figlio Antonio. Possibile che non conoscesse già da prima i fatti ed i traffici del padre?

Massimo Lomonaco, il padre dell’avvocato Antonio, è l’espressione autentica e rozza di una classe politica vorace e volgare che si sta mangiando la città di Catanzaro, la sua edilizia, le sue residue possibilità di sviluppo e dove tutto è favore. Un posto al Comune, una licenza di commercio, anche le multe che pagano solo i cittadini normali, mentre vengono cancellate agli amici degli amici. Insomma Massimeddu è un portento, con un piccolo vizietto, quello delle “pastette” da recapitare alle signorine per bene, in mancanza dei cornetti. La pastetta è la vera specialità del centrodestra catanzarese.

Questo è il quadro desolante che emerge dalle indagini su Catanzaropoli, una miserabile catena clientelare della malapolitica catanzarese, senza parlare di brogli elettorali con firme false o la compravendita di voti. Massimo Lomonaco è anche questo, la certificazione del sistema Catanzaro e del canale preferenziale per le ditte amiche, quelle che oggi escono allo scoperto dalle carte di Farmaeko.

Si preoccupa sempre Massimo Lomonaco, il prestanome elettorale di Tallini e Abramo, di favorire un architetto amico attraverso un ingegnere nominato ad un livello molto alto, richiama all’obbedienza un altro assessore, Stefania Lo Giudice, che non aveva prestato attenzione per una lottizzazione a favore di alcuni suoi amici elettori, mandandole un sms esplicito: “Se permetti faccio politica e i fratelli T. sono miei elettori”. Poi c’è il sottopasso da 800 mila euro, opera inutile ma fruttuosa, da affidare, parti del territorio della città e del suo litorale da cementificare. Parlando con un amico, Massimo Lomonaco sparge consigli: “Ci dobbiamo inserire, terreni, cose, li compriamo…”. Un imprenditore che con la sua candidatura ha favorito l’ascesa di Abramo a sindaco e la vittoria del centrodestra, si lamenta per i soldi spesi in campagna elettorale. Deve rientrare, avere qualche incarico. Lomonaco inflessibile: “Sarà nostro dovere politico e morale”.

Insomma, la scoperta del sistema delle ditte amiche non è poi una scoperta, resta un metodo, dove anche Lomonaco padre era conoscitore ed artefice con il resto della compagnia briscola.

Politica e morale: un binomio controverso nella città di Catanzaro, dove la morale è nel cesso e la politica fa affari, pronta a pugnalare al bisogno non solo i cittadini, ma anche i fratelli riconosciuti, come l’assessore Lomonaco appunto, destituito della sua carica, tanto che la scazzottata con il sindaco Abramo fece breccia nelle cronache giornalistiche.

Pensare che oggi qualcosa sia cambiato, nonostante il silenzio del palazzo della procura catanzarese, è un fatto acclarato. Non c’è alcun pentimento, nessuna folgorazione sulla Via di Damasco, perché la politica è madre e puttana, richiama tutti a se. Una specie di casa di tolleranza dove tutti ritornano e dove sembra essere ritornato anche il tradito o traditore Massimo Lomonaco, che oggi veleggia sotto le insegne di Officine del Sud, il cartello politico affaristico nella città di Catanzaro, del re delle cliniche truccate Claudio Parente. Ma di questo ed altro ci occuperemo nelle puntate che verranno, nelle quali racconteremo le singole appartenenze dei consiglieri comunali del clan Tallini-Abramo,  in quanto referenti delle singole imprese e ditte amiche, con le mani sulla città, soprattutto sulle “periferie degradate”.