Catanzaro, il “soviet” del vescovo tra massoni e palazzinari

In una società normale alle domande fatte in modo garbato e che hanno un interesse pubblico, qualcuno dovrebbe sempre rispondere. Questo come sempre non avviene nella città di Catanzaro, la città della massomafia ed in particolare non avviene se le domande vengono poste ai “residenti” della curia locale, dove tacere e negare è la regola secolare.

Il sistema Catanzaro è ormai al bivio, quello imposto dalla Dda di Nicola Gratteri dove la scelta è netta: sopravvivere o morire. Tutto è diventato meno fluido, tutti hanno la percezione di essere spiati, intercettati e tutti i “fantastici” del palazzo e della curia hanno perso la parola: parlano a gesti o con i pizzini, ma soprattutto si incontrano negli anfratti bui della città. Politica, massomafia e Chiesa hanno confermato la loro alleanza, quella che è sempre contro la legalità, ma che è la loro ultima spiaggia, prima di dover approdare sui lidi della Procura cittadina con destinazione Siano. Questo silenzio diventa ancora più imbarazzante se diventa la regola della curia di Catanzaro, dove civiltà e religione dovrebbero essere in connessione, ma soprattutto dove l’insegnamento nasce dall’agire e su questo si fonda la credibilità prima del dogma. A Catanzaro nelle stanze di Via dell’Arcivescovado siamo ad una nuova formula della “Chiesa del silenzio” dal valore ovviamente meno nobile, capace di avere cancellato tutto il periodo postconciliare con la stagione del dialogo e dell’Ostpolitik. C’è nella curia di Bertolone una nuova formula di repressione, quella della parola e della verità, un nuovo regime pseudo “comunista” sovietizzato ad est degli stemmi episcopali, che offende la comunità e soprattutto l’insegnamento del Vangelo.

In questo cammino all’interno della curia di Catanzaro e della città del sistema, c’è il vescovo che non si pone in posizione di rottura, ma alimenta un potere di tipo “comunista” (senza offesa per chi è davvero comunista) che deve zittire il dissenso che arriva ormai dalla città fuori dai portoni, fortificare il silenzio spegnendo ogni richiesta di trasparenza e di chiarezza su temi che restano inconciliabili, come la complicità con la massoneria che a Catanzaro tocca il suo apice. Questo è stato scoperto proprio dal dottore Gratteri e diventa ancora più imbarazzante se intorno alla curia di Catanzaro, come ben sa il vescovo Bertolone, si creano e gravitano associazioni che hanno una loro riconosciuta appartenenza alla regola del compasso e del grembiule, spacciate con un valore sociale ed ambientalista, ma ancora di più se si tace sul comportamento di “figli prediletti della curia”, che sono l’anello di congiunzione e di comando nella politica locale, che giustifica la triangolazione cittadina: politica, massomafia, chiesa.

Siamo alla regola al contrario della vera “Chiesa del silenzio”, perché la pretestuosità dei processi non celebrati nemmeno sotto l’aspetto etico e morale, quelli definiti farsa, viene operata proprio dalla curia locale e dal suo vescovo, con quella politica che fra sacro e profano entra nella zona grigia e si trasforma da vittima in carnefice.

Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza” (Matteo 6,24)

Diventa allora irrilevante l’inconciliabilità tra Chiesa e massoneria, se questa serve a garantire “la vigna del Signore” agli illuminati ed ai figli prediletti della curia di Bertolone. Tutto è lecito e tutto risponde alla logica del potere, quello che si ostenta e si esercita. Sarà piccola cosa l’attività dell’assessore del Comune di Catanzaro, Danilo Russo, che in una logica di familiarità ha usato l’ente pubblico per le necessità della cugina, la dottoressa Erminia Marta Marino assunta a contratto presso l’istituto per l’infanzia comunale Pepe, questo prima ancora che il vescovo sciolga il “voto del silenzio”, forse ce lo dirà la Procura di Catanzaro. Invece dovrà essere proprio il vescovo Bertolone a spiegare come associazioni dichiaratamente massoni e vestite di ambientalismo, come quella dell’avvocato Pietro Marino e del professore Ludovico Abenavoli, possano collaborare ed orientare tramite la “famiglia” le scelte della curia cittadina. Quelle emanazioni locali che dicono di operare nel volontariato, nel sociale, nella sanità e certamente benedette dal successore degli Apostoli, il vescovo di Catanzaro, ma che dietro la loro ragione sociale portano il loro sigillo: G.O.I. “Grande Oriente d’Italia”. Siamo alla riscrittura del dogma dell’infallibilità del Papa in chiave catanzarese, dove il vescovo ne diventa titolare e strumento e lo afferma nel riconoscimento all’interno di Santa Romana Chiesa, di maestri venerabili della massoneria e di preti falsamente missionari e palazzinari riconosciuti.

Siamo ritornati così alla prosecuzione del capitolo mattone e forziere, quel viaggio a sorpresa nella curia di Catanzaro fra postulatori della massomafia e sacerdoti faccendieri, un pezzo locale della lotta di Papa Francesco contro la corruzione della Chiesa cattolica.

In questo viaggio nel mondo di mezzo del sistema Catanzaro abbiamo sempre ritrovato un “fil rouge” che riconnette le esigenze e le necessità dei singoli attori, ma soprattutto abbiamo capito che tutto ci riporta al “denaro” il vero motore del mondo, che supera il voto di obbedienza alla povertà, quella che nella Chiesa ed in particolare nella curia di Catanzaro, viene professata e mai applicata. Ecco che il malloppo garantisce la socialità e diventa un richiamo forte per i “soliti” noti che abbiamo pure ritrovato nell’operazione Basso profilo, la porta di accesso al sistema Catanzaro ed alla regola della massomafia.

La Caritas diocesana è la vera stanza di compensazione delle esigenze di denaro dei sacerdoti missionari, almeno così si dice. Chi realmente recita la posizione di padrone sui fondi Caritas, che ricordiamo vengono dall’8 x mille dei cittadini italiani, è padre Piero Puglisi che negli anni con un garbo mafioso e con il suo fare cristiano, quello dell’ostia e del pugnale, ha letteralmente monopolizzato a suo vantaggio i fondi della Caritas, dove foglia non si muove che padre Piero non voglia. Non siamo noi a dirlo questo, ma le tante segnalazioni ed i tanti documenti che ci arrivano e chi offrono uno spaccato, diciamo non tanto evangelico del fare del missionario palazzinaro – così l’hanno definito – dove il silenzio e la benevolenza del vescovo Bertolone è complicità.

Ecco perché per venire incontro alla curia di Catanzaro ed al suo vescovo Bertolone, su quella strada della chiarezza, abbiamo posto delle domande che riproponiamo e che solo la chiave di volta che certificano la bontà dell’agire o la sottoscrizione che la Caritas e la gestione finanziaria della curia è un grattacielo di corruzione e di corruttela.

Di chi è la discrezionalità che determina l’approvazione dei progetti finanziati dalla Caritas diocesana? I progetti approvati devono avere uno spiccato valore sociale o soltanto sacerdoti “padrini” di alto rango nella curia di Catanzaro? Perché non si rendono pubblici i rendiconti della curia di Catanzaro? Perché non si pubblica un report analitico su come vengono gestiti i fondi dell’8 x mille dalla Caritas? Quali sono i progetti realmente finanziati dalla Caritas diocesana e chi sono i fruitori?

Sono poche domande alla quali, certamente, la curia di Catanzaro saprà dare una risposta di chiarezza, facendo attenzione a non bluffare perché molti documenti sono già in nostro possesso e, non ci penseremo un attimo a renderli pubblici, anche perché restiamo sempre convinti che la “risposta” sarà quella che abbiamo già visto, quella della “Chiesa del silenzio” che fra imbarazzo e convinzione di essere stati scoperti, ci porta sempre alla stessa meta. Il traguardo dove c’è scritto che la curia di Catanzaro è corrotta e che i fondi che i cittadini italiani danno alla Caritas vengono gestiti in regime di monopolio da un solo sacerdote missionario e palazzinaro, al secolo padre Piero Puglisi.

Non c’è voluto molto a capirlo. E’ bastato fare un poco di ricerca e di analisi documentale ed abbiamo trovato che la Fondazione Città Solidale Onlus, della quale proprio padre Piero Puglisi è il presidente …è stata istituita per gestire i servizi promossi negli anni 1994/1999 dalla Caritas Diocesana di Catanzaro – Squillace, organismo pastorale della Chiesa Cattolica che ha uno specifico compito pedagogico. Essa è nata perciò per portare a compimento quanto già realizzato e per promuovere nuovi servizi, sempre nell’ottica dell’attenzione alla persona in difficoltà e della condivisione cristiana del disagio sociale.

Quindi è la Fondazione Città Solidale Onlus di padre Piero Puglisi nei fatti l’unico gestore dei fondi Caritas per una scelta statutaria della Diocesi di Catanzaro-Squillace, un fatto che però va in contrasto con il principio di uguaglianza e di trasparenza della gestione dei fondi, anche della donazioni che la Caritas nazionale non può, escludendo tutti gli altri, riconoscere ad un solo soggetto. Questo l’avevamo capito perché nel riscontro documentale abbiamo ritrovato che in più anni i fondi che la Caritas diocesana ripartiva per il servizio carità, venivano monopolizzati per ben oltre la metà della Fondazione di padre Piero Puglisi. Ma, c’è di più.

C’è la conferma che sia una scelta con la complicità dei vertici della Caritas diocesana a lasciare campo libero a padre Piero Puglisi, tanto che nel CdA della Fondazione Città Solidale Onlus, siede come consigliere don Roberto Celia, il presidente della Caritas diocesana… Scelta tecnica o scelta obbligata per garantire la rappresentanza nella “struttura di gestione” riconosciuta della Caritas diocesana?

Ecco che alcune nostre domande hanno una risposta, soprattutto quella che chiedeva di indicare metodi e modi di selezione delle richieste di finanziamento e del soggetto deputato a decidere. Chi decide è don Roberto Celia? Quindi Fondazione Città Solidale Onlus e per dirla più semplicemente padre Piero Puglisi?

Si spiega pure il perché delle liti violente nella curia di Catanzaro, del fatto che Bertolone per salvaguardare la mangiatoia di padre Piero Puglisi, abbia messo alla porta i rappresentanti di altre istituzioni sociali, quelle che forse, più degli altri hanno background riconosciuto da decenni, tanto da scatenare un terremoto a livello romano, nei Sacri Palazzi del Vaticano, dove pensiamo che anche queste altre “notizie” debbano trovare residenza. Ecco che i rendiconti della Caritas diocesana diventano dirimenti, anche perché non sono classificabili come documenti top-secret, nemmeno se lo volesse il vescovo.

Art. 1 – Costituzione, natura e sede

Ai sensi degli articoli 12 e seguenti del Codice Civile e dei D.Lgs.4/12/1997 n° 460, l’Arcidiocesi di Catanzaro – Squillace, ente civilmente riconosciuto dal Ministero degli Interni con decreto del 31/1/1987, iscrito nel Registro delle persone giuridiche tenuto dal Tribunale di Catanzaro al n. 84, in persona del legale rappresentante pro-tempore (all’epoca Arcivescovo Antonio Cantisani), costituisce la Fondazione – Organizzazione non lucrativa di utilità sociale, denominata: “FONDAZIONE ONLUS CITTA’ SOLIDALE”.
La Fondazione ha sede in Catanzaro, quartiere Lido, alla via Civitavecchia n. 56.
Il Consiglio di Amministrazione potrà cambiare la sede sociale ed istituire una o più sedi secondarie.

Art. 2 – Principi ispiratori e scopo sociale

La Fondazione è un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale ai sensi del D. Lgs. 4 dicembre 1997 n. 460, della Legge 7 dicembre 2000 n. 383 e del Decreto Ministeriale n: 266 del 18 Luglio 2003.
Essa, fedele ai principi ispiratori della Caritas ed alle sue finalità pedagogiche e pastorali, si propone, soprattutto, nell’ambito della Regione Calabria, il perseguimento di finaluità del più alto interesse sociale, dirette a realizzare la solidarietà e il progreso sociale, il benessere e l’evoluzione dell’uomo e di tutte le persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali, etniche, del sesso o familiari, favorendo la promozione integrale della dignità dell’uomo e della donna, la loro educazione umana, civica e spirituale attraverso ogni intervento culturale, professionale e sociale, diffondendo la cultura evangelica e la testimonianza della Carità, mediante la promozione integrale e l’affermazione della dignità dell’uomo in situazioni di marginalità, educando alla pace, alla legalità, alla giustizia, alla solidarietà, alla condivisione, alla reciprocità e alla fraternità, in vista dell’edificazione della cittadinanza solidale, e realizzando attività di assistenza sociale e socio – sanitaria.
Nell’ambito di tali scopi, la Fondazione promuove e realizza oltre ad attività di assistenza sociale e socio – sanitaria, anche attività di istruzione ed educazione dei minori e dei giovani, di formazione, valorizzazione della natura e dell’ambiente, tutela dei diritti.
Essa realizza, sostiene e favorisce la creazione e lo sviluppo dell’attività sportiva e del tempo libero.
La Fondazione può associarsi e convenzionarsi con altri Enti pubblici o privati e può partecipare a Consorzi, Associazioni Temporanee di Impresa, programmi, attività e progetti comunitari, nazionali e regionali e a tutte le iniziative connesse ai suoi scopi, promosse da altri Enti o Istituzioni.
Per Raggiungere i suoi fini, la medesima Fondazione può istituire consorzi, centri sociali, comunità, pensioni, ricoveri, ostelli o case famiglia.
E’ fatto divieto alla Fondazione di svolgere altre attività oltre quelle precedentemente descritte ad eccezione di quelle ad esse direttamente connesse, dipendenti o conseguenti all’attuazione e al conseguimento degli scopi di cui al presente articolo.

Art. 3 – Scopo formativo culturale

La Fondazione si propone altresì come Ente formativo, che intende offrire al territorio percorsi educativi, iniziative culturali, pubblicazioni e quanto altro possa essere utile alla crescita culturale, soprattutto della Regione Calabria.
Essa realizza dunque attività di istruzione e formazione, anche professionale e produttive, per un proficuo inserimento nella realtà sociale, con particolare riferimento alla dimensione della famiglia, al mondo dela scuola e del lavoro.
Può inoltre, predisporre e realizzare attività ed iniziative di ricerca scientifica, orientamento, assistenza e consulenza.
Per raggiungere i suoi fini, la medesima Fondazione può istituire premi e borse di studio nonchè istituire e gestire centri studi e centri formativi. inoltre, attraverso l’istituzione e la gestione di centri di assistenza culturale per extracomunitari, la Fondazione può favorire anche l’integrazione ed il processo interculturale, per una crescita culturale sia degli stranieri sia degli italiani.
La Fondazione collabora e stipula convenzioni anche con le Università e gli Istituti Superiori che offrono formazione e percorsi culturali agli italiani, ma anche agli stranieri presenti nel territorio regionale e nazionale, come le Università della Calabria e quella specifica per gli stranieri, con sede a Reggio Calabria.

Per quanto siamo riusciti a recuperare sullo Statuto della Fondazione Città Solidale Onlus, anche questo “nascosto” alla conoscenza, tipico metodo di padre Piero Puglisi – come ci dicono – e della curia di Catanzaro come ormai tutti conoscono, si evince che le attività sono molteplici, riuscendo a spalmare i finanziamenti della Caritas diocesana, dove vuole, una specie di olio Santo. Così incontriamo strutture di accoglienza per migranti, finanziati per più anni dalla Caritas, ma appartenenti al circuito Sprar, quello del Ministero degli Interni che generalmente riconosce tutti i costi non solo per i migranti, ma anche per le strutture dove ospitarli. Sarà che forse per padre Piero Puglisi ci sarà stata un deroga? Così ha avuto più finanziamenti sulla stessa iniziativa? Aspettiamo…

Ma, padre Piero Puglisi è di più. E’ palazzinaro riconosciuto. Eppure bisogna sempre essere solidali tutti, sinodali nel camminare insieme, mai sodali, riconoscendo di fatto una formula alternativa del Vangelo, che celebra la prepotenza e gli affanni di onnipotenza, una specie di razzismo della croce, dove non tutti sono uguali, ma lo diventano a seconda dei fini e degli obiettivi. Questo padre Piero Puglisi lo conosce bene, così ci è stato detto.

Il comune denominatore del sacerdote è il business dei migranti e il mattone. Tutto quello che resta nel preambolo di “una Chiesa incapace di aggiornarsi che non cerca di migliorarsi perché è un corpo infermo”, come ci ricorda Papa Francesco. Questo è il limite e la missione della curia di Catanzaro, dove tutto è riconosciuto a padre Piero Puglisi, in una specie di arrogante extraterritorialità, quella che – per come ci stanno documentando – supera il valore della morale, nascondendo una serie di denunce e di omissioni, proprio della Fondazione di padre Puglisi, che per quella tecnica di non sorvolo, la no-fly zone, garantisce ed ha garantito, aggiungiamo noi fino ad oggi, l’impunibilità di tanti prelati non più missionari e non solo affaristi.

In quella “malattia di sentirsi immortali” che denuncia Papa Francesco, padre Piero Puglisi è diventato agitatore di folle non per difendere un valore etico, cristiano, di fede, ma solo per difendere il suo ego di “costruttore” che non può essere mortificato, soprattutto se ballano sul piatto oltre 2 milioni di euro, rilasciati dopo l’insistenza del vescovo Bertolone, dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana), sempre nella logica che il denaro fa ballare i preti!

E’ così, oltre 2 milioni di euro di finanziamento hanno dato la spinta a padre Piero Puglisi per mettersi contro un intera comunità, quella di Squillace, agitando la piazza per difendere un suo progetto di megalomania che nulla a che fare con la Fede cristiana e con una logica della carità, soprattutto in un momento di grande disagio sociale ed economico. Pecunia non olet per padre Piero Puglisi, conservatore ed apripista di quella lunga tradizione della curia di Catanzaro e della Chiesa nel suo complesso, che coniuga Vangelo e cemento: il cemento di Dio!

La Chiesa sia esemplare in tema di economia e di finanza” dice Papa Francesco, ma questa invocazione muore sul confine della Diocesi di Catanzaro-Squillace, dove i “palazzinari” hanno una dignità maggiore del Sommo Pontefice, forse perché sono capaci di coniugare trasformandolo in business il mattone ed il barcone, facendola franca su tutto, come sul rispetto delle regole pubblicamente conosciute in tema di Codice degli Appalti, quando si usano fondi e contributi di natura statale, regionale ed altro. Anche questo sfugge alla curia di Catanzaro ed al “costruttore” padre Puglisi?

Il consacrato Nerone di Squillace, che non potendo dare fuoco alla chiesa della frazione Lido, aspetta con la sua lira di vederla crollare sotto i colpi delle ruspe per riedificarla.

«Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte del soggiorno dei morti non la potranno vincere» (Matteo 16:18)

Ma era un’altra storia, una storia di Fede e non di palazzinari da strapazzo…