Catanzaro. Il vescovo Bertolone se ne va travolto dagli scandali: ecco gli scenari possibili

I Pastori delle Chiese di Calabria sono scesi in campo o, per meglio dire, hanno iniziato la loro campagna elettorale sotto la giuda dell’illuminato presidente della CEC (Conferenza Episcopale Calabra) Monsignor Vincenzo Bertolone, il vescovo massomafioso della città di Catanzaro. E’ l’ultimo colpo di coda, così si sussurra nei corridoi della curia catanzarese, mentre procede in silenzio e con velocità il trasloco. Tutti si domandano: ma perché questo trasloco? La risposta non la si troverà nelle motivazioni di comodo delle dimissioni di Bertolone (annunciate dai media di regime con largo anticipo), ma nella sua storia e nelle sue complicità, che forse stanno per restare intrappolate nella rete della procura di Nicola Gratteri…

«Voteremo e sceglieremo dei candidati in grado di riconoscere la bellezza del cielo stellato sopra di noi e la legge morale dentro di noi?». Si concludeva così l’editoriale, il manifesto testamentario sulle elezioni regionali in Calabria, pubblicato a metà settembre da Calabria Ecclesia, l’organo di informazione della CEC a firma del presidente mons. Vincenzo Bertolone. E’ tutto un programma, la falsità del verbo della Chiesa calabrese, quello che scrive il vescovo massomafioso ormai dimissionato di Catanzaro-Squillace che pone l’accento su una specie di conto economico che i candidati dovrebbero elaborare e rendere pubblico, quello che nel gergo a lui conosciuto si chiama contabilità parallela da non intendersi solamente in termini economici, ma soprattutto in termini di morale e di etica, quella che ormai da decenni manca proprio alla Chiesa calabrese.

Non si smentisce mai il vescovo massomafioso e non si smentisce nemmeno la cupola della Conferenza Episcopale Calabra, che ha sempre coperto le malefatte delle curie calabresi, diffondendo l’incenso e la menzogna. Oggi le carte saltano sui tavoli ed il vescovo massomafioso fa filtrare la notizia delle sue possibili dimissioni anticipate, che verranno ufficializzate dalla Santa Sede nelle prossime ore.

Il motivo reale è il vero cuore del problema.

Per capirlo bisognerà andare a ritroso nella storia della curia di Catanzaro, noi lo abbiamo fatto per molto tempo, e forse si troveranno le cause e le malefatte del vescovo Bertolone, che oggi lascia gettando la spugna. La notizia delle suo abbandono passa quasi inosservata, la città di Catanzaro non lo ama ormai da tempo, da quando si è materializzato nei fatti e nelle attività sospette della sua curia il suo vero carisma, quello del massomafioso. Non è una novità, la conferma arriva quasi puntualmente dalle diverse inchieste prodotte dalla procura di Nicola Gratteri, che hanno sempre pescato nel suo entourage più ristretto fatto di prelati dai facili costumi etici e normalmente in affari con il mondo di mezzo, quello della massomafia e dell’affarismo sfrenato. Ce l’ha confermato, ma non serviva, anche l’inchiesta Basso Profilo dove i diretti collaboratori del vescovo Bertolone sono stati ascoltati dalla Guardia di Finanza in atteggiamenti ed in attività che sono estranei all’essere pastori di anime.

In nome del Padre, del Figlio e della Chiesa massone… si sintetizza così l’eredità che lascia Bertolone nel decennio di guida della curia di Catanzaro. E’ la caduta delle maschere, dei rapporti di complicità e di connivenza prima con la politica massomafiosa e dopo con contiguità con ambienti affaristici spregiudicati, quelli che sono stati la vera essenza dell’epoca Bertolone nella chiesa calabrese.

Molte sono le variabili possibili delle dimissioni di Bertolone, la notizia in verità circolava nei Sacri Palazzi Vaticani da almeno due mesi, e molti a volere essere buoni la ascrivono come l’ultimo anatema lanciato dalla fondatrice del Movimento Apostolico, Maria Marino proprio contro chi, il vescovo massomafioso Vincenzo Bertolone, aveva prima usato e poi abbandonato, cercando di rubare il bottino che restava disponibile sul piatto. Ma c’è di più…

La risposta potrebbe venire – sempre secondo voci che filtrano dalla Santa Sede – sulla mancata porpora cardinalizia, promessa dai suoi complici a monsignor Vincenzo Bertolone quale cardinale di Palermo. Vero o non vero resta il fatto, scandaloso delle sue dimissioni, che si ripetono a stretto giro di posta come quelle di monsignor Luigi Renzo vescovo di Mileto e che ci consegnano l’opacità della guida cosiddetta spirituale di due diocesi calabresi non certo credibili in termini di moralità e di trasparenza. Le concomitanze sono simili, fatte di lotte intestine fra prelati, di vessazioni striscianti contro altre realtà come la Fondazione Natuzza ed il Movimento Apostolico, ma soprattutto di resistenti incrostazioni di ‘ndrangheta almeno nei comportamenti spiccioli dei tanti collaboratori ristretti dei vescovi, abituati ad usare la minaccia e la delazione come metodo di preghiera.

Le dimissioni di Vincenzo Bertolone chiudono una storia, ma ne aprono un’altra che dovrà essere riletta e che metterà a nudo l’attività dei tanti preti palazzinari o dei delitti sanitari consumati in nome di Santa Romana Chiesa, proprio quella sanità disastrata che i vescovi calabresi mettono in evidenza come un mantra, senza mai interrogarsi fra di loro, delle singole malefatte e della distruzione di realtà consolidate come Fondazione Betania proprio a Catanzaro, caduta sotto la scure di Bertolone in alleanza con la massoneria.

C’è in ultima analisi un’altra variabile, quella più pericolosa ed esplosiva che parte, così molti sussurrano, proprio dalla procura di Nicola Gratteri e che potrebbe investire la curia di Catanzaro, abitualmente coinvolta in traffici strani di dazioni e denaro ed i tanti collaboratori mafiosi del vescovo Vincenzo Bertolone, salvo che a restare nelle maglie della rete non ci sia anche lui…