Coronavirus, 48° giorno. Clorochina contro il Covid a Piacenza e ad Alessandria

di Peter D’Angelo

Fonte: Il Tempo

Sono 212 i pazienti trattati, a livello domiciliare, con idrossiclorochina, nelle Asl di Alessandria e di Piacenza, di cui siamo riusciti ad avere un quadro clinico evolutivo, sono ancora numeri circoscritti, ma possono iniziare a dare un quadro più nitido sulla sperimentazione in atto. “Noi stiamo trattando 102 pazienti a casa, i risultati sono incoraggianti, nel 90% non si è arrivati a ricovero, e c’è stata remissione della febbre nei primi giorni di trattamento con idrossiclorochina”, parole di Luigi Cavanna, Primario di Oncologia-Ematologia a Piacenza.

Simile l’esperienza in Piemonte, “La risposta dei pazienti è significativa” ci dice Moreno Ferrarese, pneumolgo Asl di Alessandria, che ha valutato i dati raccolti, “l’85% dei pazienti ha avuto una remissione della febbre, nei primi 2-3 giorni, di media” ed ha anche aggiunto che “questi numeri sono tutti da validare” con l’analisi dei cosiddetti peer review – la revisione tra pari -, che avviene prima di ogni pubblicazione scientifica. Certo è che, allo stato attuale, non ci sono i tempi e le possibilità di fare sperimentazioni standard con tutti i crismi: per realizzare una ricerca randomizzata e con tutti i passaggi tipici e necessari per la pubblicazione scientifica, ci vorrebbe troppo tempo e sarebbe semplicemente “non etico” sperimentare il farmaco su un gruppo di “controllo” (pazienti positivi al coronavirus) con un farmaco inerte (placebo).

Per commentare i numeri delle due Asl, abbiamo chiesto a Walter Ricciardi, membro del consiglio esecutivo dell’Oms: “Bisogna dare credito ai due colleghi (ndr, Cavanna e Ferrarese), professionisti molto seri e rigorosi, perché è dalla clinica, dalle osservazioni pratiche, che sono sempre nate tutte le sperimentazioni, – e aggiunge Ricciardi – bisogna partire con delle sperimentazioni controllate, replicabili, standardizzate e strutturate”.  Va premesso che ci sono almeno 3 pubblicazioni – validate, queste, anche se su numeri ristretti – interessanti: una cinese, alla quale segue quella francese, e – in senso cronologico – una terza, appena uscita, pubblicata da una delle riviste più autorevoli al mondo: JMCB – Journal of molecular cell biology – Oxford Press (https://academic.oup.com/jmcb/advance-article/doi/10.1093/jmcb/mjaa014/5814655).

La cosa interessante che accomuna le tre pubblicazioni, e i dati grezzi raccolti dalle Asl di Piacenza e di Alessandria, è chiara, esiste una convergenza tendenziale dei dati. Infatti, sia sui 212 pazienti italiani, che su quelli cinesi e francesi (in questi due studi i numeri di pazienti coinvolti sono inferiori), è quella che tra l’85-90% dei pazienti c’è una remissione della febbre tra le 48 e le 72 ore – in media -, questo pone un interrogativo, al quale non è possibile rispondere sulla sperimentazione italiana, ovvero: la remissione della febbre significa anche negativizzazione del paziente dal coronavirus? Ecco, non si può dire, perché le Asl avrebbero dovuto fare anche un tampone post trattamento, non sempre è stato possibile. Ma, se si legge l’ultima pubblicazione dell’Oxford University, si evince che nel 90% dei pazienti, trattati con idrossiclorochina c’è stata anche la “negativizzazione” del virus.

Ecco, certo, questi dati vanno maneggiati con estrema cautela, siamo sempre di fronte a numeri limitati. Va tenuto in considerazione anche il contesto più ampio, una piattaforma on-line cha ha raccolto le esperienze di 6.300 medici in tutto il mondo (accessibile al link sermo.com), e statisticamente quasi nel 40% dei casi, i medici concordano nel dire che il trattamento più significativo è quello con clorochina/idrossiclorochina, e al secondo posto, la zitromicina. La zitromicina è un antibiotico, e non c’entrerebbe nulla con il contrasto del virus. Gli antibiotici agiscono contro i “batteri”, ma c’è un motivo: l’antibiotico viene dato per contrastare le sovra-infezioni batteriche che potrebbero instaurarsi con l’indebolimento del quadro immunitario.

Il punto: antibiotico si o no, è però controverso, l’associazione della zitromicina (a idrossiclorochina) non è, secondo Aifa (Link: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/0/idrossiclorochina_02.04.2020.pdf/9b4cf710-44ec-3a8e-8493-649d96cfb106), acclarata con evidenza significativa, per cui può anche non associarsi all’indrossiclorochina. Il dosaggio consigliato da Aifa per il trattamento domiciliare con Idrossiclorochina è qui (Link, stesso di prima). Va precisato che la clorochina/idrossiclorohina va obbligatoriamente prescritta dal medico di base, o lo specialista, che dovrà valutare lo stato di salute del paziente, e capire i costi e i benefici, come ogni farmaco ha effetti collaterali (tutti), se ci sono problematicità cardiache, ad esempio, vanno fatte valutazioni specifiche.

A confermarci questa inerzia di dati è anche Pier Luigi Lopalco, responsabile del coordinamento regionale emergenze epidemiologiche in Puglia, “un farmaco che stiamo utilizzando è la clorochina, un antimalarico, in combinazione con l’azitromicina. Nelle fasi iniziali della malattia dà dei buoni risultati”. Oltre a lui, anche Andrea Crisanti, direttore dell’Unità complessa diagnostica di Microbiologia di Padova, e di parassitologia molecolare all’Imperial College di Lontra. E’ lui l’uomo che da gennaio aveva proposto di fare tamponi negli aeroporti, che ha capito da subito l’impatto degli asintomatici nella diffusione del virus, che partendo dal Veneto è riuscito a far cambiare paradigma nel contrasto di Covd19 a tutta Italia, e anche al governo Inglese, essendo lui ascoltatissimo da Neil Ferguson che a sua volta ha fatto capovolgere la strategia di Boris Johnson sul coronavirus, alzando l’allerta. Ecco, Andrea Crisanti, raggiunto al telefono ci ha confermato l’inerzia incoraggiante: “noi a Padova utilizziamo idrossiclochina e azitromicina con buoni risultati”.