Cosenza corrotta (e non solo), Gratteri con le spalle al muro

Facciamo il punto della situazione: dopo l’operazione della Dda di Catanzaro denominata “Lande desolate” dove è coinvolto per abuso di ufficio il presidente della regione Calabria Oliverio, Gratteri annuncia: non finisce qui.

Gratteri, com’è suo costume, tra una vanteria e l’altra, ai microfoni dei cronisti che lo circondano dice: la lotta contro la borghesia mafiosa che spadroneggia in Calabria, continua.  E a breve ci saranno grosse sorprese.

Un annuncio in perfetto stile Gratteri che da anni parla di primavera calabra, ma di fatti concreti neanche l’ombra. Parole tante, fatti zero. Era il 17 dicembre del 2018.

Dopo un mese esatto, il 17 gennaio del 2019, il Fatto Quotidiano apre con un titolo shock: 15 magistrati calabresi (tra Cosenza, Crotone e Catanzaro) risultano indagati dalla procura di Salerno per reati gravi: favoreggiamento mafioso, corruzione in atti giudiziari e corruzione. Nell’articolo si fanno i nomi di alcuni degli indagati: Spagnuolo, Luberto, Facciolla. C’è da dire che la notizia dell’inchiesta sul procuratore capo di Cosenza Spagnuolo l’avevamo già data noi, il direttore fu interrogato dai carabinieri del Ros di Salerno come persone informate sui fatti, in merito proprio agli intrallazzi di Spagnuolo.

Vista la portata, la notizia fa subito il giro del web, e finisce su quasi tutti i Tg nazionali, ma di reazioni, prese di posizione, richieste di chiarimenti, da parte della politica, dei partiti, della società civile, dei magistrati onesti, niente di niente. Quasi come se non fosse successo nulla di importante. In fondo la magistratura corrotta in Calabria e soprattutto a Cosenza non è certo una novità. Qualcuno, al contrario, tenta invece di sminuire i dati e le inchieste in corso presso la procura di Salerno asserendo che è vero che Salerno indaga su alcuni magistrati calabresi per reati gravi, ma non sono 15, e poi i nomi fatti dalla giornalista del Fatto nulla hanno a che fare con storie di mafia. Specie quell’onesto galantuomo di Luberto che mai in vita sua ha barattato la Giustizia per interessi privati e politici, o per favorire gli amici degli amici. Un tentativo che risulterà vano, visto che dalla procura di Salerno non arriva nessuna smentita, o precisazione, sul numero dei magistrati indagati. Smentita che la procura ha il dovere di fare se le notizie di stampa risultano false. Qui ne va del buon nome della magistratura. Non si può lasciare sospesa una situazione di questo tipo che potrebbe creare allarme nell’opinione pubblica.

Non solo, la giornalista del Fatto racconta anche di un forte “scambio di vedute” tra il procuratore generale della corte di Appello di Catanzaro Lupacchini, e il procuratore capo della Dda Gratteri, avvenuta durante “la loro audizione” davanti al CSM. Il dottor Lupacchini rimprovera Gratteri di non essersi attenuto alle disposizioni che regolano le competenze e i rapporti tra magistrati. Ovvero Lupacchini accusa Gratteri di non aver trasmesso gli atti riguardanti un magistrato pizzicato con le mani nella marmellata alla procura di Salerno, competente per i reati commessi dai magistrati calabresi, trattenendo tali atti presso il suo ufficio. Quasi a volerli nascondere. Dal canto suo Gratteri riferisce di aver fatto tutto nei modi e nei tempi previsti dalla legge, e che gli atti sono stati regolarmente spediti alla procura di Salerno. E tanto basta al CSM per dichiarare il caso chiuso, non ravvisando incompatibilità ambientale tra i due. Mentre le inchieste della procura di Salerno sui magistrati calabresi vanno avanti, anche se non si capisce bene da che cosa sono state originate. Si dice che la denuncia di Facciolla sia la risposta alla denuncia di Luberto. Uno scontro tra magistrati che è finito davanti ai giudici di Salerno. Una gara a chi ha più scheletri nell’armadio. Come a dire: se tu mi denunci a Salerno, io (Luberto o chi per lui) non solo arresto il maresciallo Greco, ma lo costringo a parlare di te (Facciolla). E vediamo poi come va a finire. Forse è questo il (vero) motivo della lita tra Lupacchini e Gratteri…

Gli atti che Gratteri, secondo Lupacchini, non ha trasmesso per tempo a Salerno erano quelli relativi a Facciolla. Per Lupacchini, Gratteri, teneva nascosti gli atti di Facciolla per sventolarli alla bisogna, a mo’ di ricatto. Come a dire: se voi avete carte contro Luberto, io ho carte contro Facciolla. A questo punto Lupacchini potrebbe aver detto a Gratteri: visto che sventoli ‘ste carte pensando di fermare la mia azione, con la speranza di fare leva sulla mia amicizia con Facciolla, ti dico che l’unica cosa che mi importa è il raggiungimento della Giustizia, perciò adesso o le trasmetti a Salerno oppure ti denuncio, così come ha fatto, al CSM. Se Facciolla ha sbagliato pagherà, al pari di tutti gli altri.

Anche qui c’è da dire che Iacchite’ è da tempo che dà conto ai propri lettori di due fazioni di magistrati in lotta tra di loro. Lo abbiamo scritto: da un lato Lupacchini, Facciolla, Bruni, Manzini, dall’altro Gratteri, Spagnuolo, Luberto, Tridico. I motivi dello scontro sono da ricercarsi nella volontà dei primi (Lupacchini, Bruni Facciolla) di operare su Cosenza contro la cupola masso/mafiosa a cui, come oramai sanno tutti, hanno aderito diversi magistrati e servitori dello stato infedeli, oltre ai soliti politici mafiosi. Mentre Luberto e compari, in aperto conflitto con Bruni (oggi procuratore capo di Paola), spingono per insabbiare tutto, per difendere, non tanto i politici coinvolti, ma i colleghi magistrati mafiosi, e se stesso. E per un po’ ci riesce. Infatti Luberto riesce a fermare l’operazione “Sistema Cosenza”, proprio quando sta per scattare il blitz nella primavera del 2016.

È questa la situazione che trova Gratteri appena si insedia alla Dda. Il trasferimento di Bruni porta un po’ di serenità, ma non cancella il problema dell’inchiesta su Cosenza. Che farne? Gratteri, su pressione di Luberto, decide per il momento di tenerla da parte. E per non dire che il tutto è imboscato in un cassetto, fa circolare la voce che il “fascicolo” istruito da Bruni presenta gravi carenze in materia di riscontri e acquisizione della prova. Insomma Gratteri dice che quello di Bruni è un lavoro mal fatto e che va rivisto da cima a fondo. E affida il fascicolo al dottor Camillo Falvo. Luberto esulta: è riuscito a fermare, ancora una volta, l’inchiesta su Cosenza.

Gratteri è costretto, per non destare sospetti, a tessere pubblicamente le lodi di Luberto per arginare anche i tanti articoli che noi, sul magistrato Luberto, non abbiamo mai smesso di scrivere. Ma quello di Gratteri è il segreto di Pulcinella, che lo pone in una situazione imbarazzante. Tant’è che la sua fama di incorruttibile inizia a vacillare. Il perché Gratteri abbia voluto, nonostante tutto ciò che ha combinato Luberto, prendere le difese, o meglio schierarsi al fianco di Luberto, resta per tutti un mistero. Sta di fatto che così è stato.

Se da un lato l’articolo del Fatto non suscita reazioni nella politica, dall’altro crea allarme proprio nelle stanze della procura di Catanzaro e di Cosenza. Ad essere preoccupati per questa nuova situazione, Gratteri, Luberto e Spagnuolo. Ora che la notizia dei magistrati corrotti e mafiosi che operano a Cosenza e a Catanzaro è di dominio pubblico, insieme alla lite Lupacchini/Gratteri, il rischio è quello della perdita di credibilità della procura guidata proprio da Gratteri. La gente ha capito che c’è qualcosa che non va nell’operato della magistratura a Cosenza e non solo, e se anche Gratteri gioca a nascondere i fatti, la situazione, allora, è veramente grave.

Gratteri, nonostante i vani tentativi di far passare la fuga di notizie come il lavorio sotterraneo di una talpa al CSM il cui scopo è quello di inficiare il duro lavoro portato avanti con sacrifico e abnegazione da due magistrati illustri come Gratteri e Luberto che da tempo indagano sulla borghesia mafiosa a Cosenza e a Catanzaro, è messo con le spalle al muro. O meglio di fronte ad una scelta: o con Luberto, o con la Giustizia e la legalità. La “talpa”, più che inficiare, ci pare abbia voluto spronare Gratteri a determinarsi su una scelta che è diventata ineludibile. Non si può più giocare a nascondino. La fiducia nella Giustizia è l’architrave della democrazia, e la situazione a Cosenza ha raggiunto limiti non più tollerabili. La pulizia va fatta. E chini ci ‘ncappa ci ‘ncappa.  

E così dopo qualche giorno dall’uscita dell’articolo del Fatto, Gratteri decide di rivedere la sua posizione. Ha capito che non può più permettersi di dire e poi non fare. E Luberto dovrà adeguarsi a questa nuova situazione. Ed iniziano una serie di incontri tra i magistrati delle due fazioni per raggiungere un accordo.

La Manzini giorno 21 gennaio viene sentita dai magistrati di Salerno per deporre sui tanti insabbiamenti messi in atto da Spagnuolo per coprire le malefatte del sindaco Occhiuto. E per rendere conto anche dell’inchiesta Cirò.

Nel mentre, Gratteri, Spagnuolo e Luberto continuano a parlare per capire come uscire da questa situazione. O fanno il loro dovere, oppure sono guai. Da qui non si scappa. E Gratteri incarica il dottor Camillo Falvo di confrontarsi con la procura di Cosenza per capire come agire. Infatti lunedì 28 gennaio Spagnuolo, Manzini e Falvo si incontrano al quarto piano della procura di Cosenza. L’argomento, oltre ad alcuni fatti di malavita legati ad un vecchio omicidio, è l’inchiesta piazza Fera/Bilotti. Che in reati si traduce: voto di scambio e corruzione a Cosenza. I tre convengono sul fatto che per salvare capre e cavoli bisogna dimostrare che la procura non guarda in faccia a nessuno, e agisce secondo codice e coscienza. E Luberto, che non vuole questo, si deve adeguare, se si vuole salvare, magari dandogli un ruolo in questa operazione per renderlo meno inviso alla gente.

Questa è la situazione al 31 gennaio. Se tutto ciò corrisponde al vero, lo sapremo presto, visto che in città e non solo, non si parla di altro: l’imminente blitz di Cosenza.

GdD