Cosenza, eravamo quattro falsi al bar

A guardarla così, superficialmente, la prima cosa che ci viene in mente è la classica foto “feisbucchiana” di una bella e allegria comitiva in giro per locali il sabato sera. Vecchi amici seduti davanti ad un bicchiere di birra a parlare del futuro della città, e quando qualcuno decide di immortalare un così sontuoso momento, i protagonisti si porgono alla “macchina” con l’espressione di chi vuole apparire soddisfatto. Soddisfatti di aver riportato alla vitalità questa città da troppo tempo costretta ad una clausura sociale e culturale da oscure forze del male finalmente sconfitte.

Ma di tutto ciò non ridono (di gioia) i protagonisti, anzi, esprimono una soddisfazione con espressioni che somigliano più ad un ghigno (come avessero ingoiato qualcosa di amaro) che a dei sorrisi. Questo perché la loro è una soddisfazione che si esprime a denti stretti che è sinonimo di umiltà. Il riso, del resto, abbonda solo sulla bocca degli stolti. E non è certo questo il messaggio che la bella tavolata vuole mandare. La foto, in questo caso, visto anche il peso dei personaggi, è da intendersi come una sorta di spot pubblicitario sullo stato di salute “dell’amministrazione Occhiuto”, affidato ai volti dei rappresentati. Come a dire: noi ci siamo, ci saremo, e continueremo a combattere i nemici della libertà.

Ma se ci soffermiamo ad analizzarla bene, partendo proprio dalle qualità umana e sociali dei personaggi che formano questo bel quadretto, scopriamo che l’unico elemento che li accomuna è l’ipocrisia. E la foto è la rappresentazione plastica del materiale umano di cui Occhiuto si è circondato. Del resto un mediocre che si sente Re non può che circondarsi da mediocri che si sentono sapienti.

Tonino Magnelli, Eva Catizone, Giampaolo Calabrese, Renato Nuzzolo. Questi sono i cavalieri della tavola rotonda di Occhiuto. Personaggi che più falsi e ipocriti non si può. Stanno insieme solo per interessi economici, e l’unica cosa che interessa loro è fare la bella vita. Infatti sono gli specialisti del mangiare al ristorante tutte le sere, dopo aver girato almeno due o tre bar per l’aperitivo, e farsi 4 mesi di vacanza all’anno, il tutto gentilmente concesso e spesato dal cosentino che paga le tasse. Già, perché i 4 non hanno mai lavorato in vita loro, e nonostante ciò hanno un tenore di vita da gente che guadagna 4/5mila euro al mese. Per fare quello che giornalmente fanno loro bisogna spendere di base almeno 100 al giorno, vizi compresi.

Sono tutti e quattro, chi in un modo chi nell’altro, al servizio di Occhiuto. Nuzzolo è il suo prestanome, Calabrese il suo aggancio con la procura di Cosenza, è il nipote del procuratore capo, assunto per chiamata diretta come dirigente al Comune, Catizone una vecchia borghese decaduta in cerca di soldi facili (stipendi senza lavorare) pur di mantenere il suo tenore di vita, disposta a rinnegare anche se stessa per un aperitivo di tendenza, infatti è consulente del sindaco a cosa non si sa, e per finire Tonino Magnelli, l’amico (finto) di tutti. Di Occhiuto è inutile parlare, sapete già tutto.

Eravamo quattro ipocriti al bar, verrebbe da dire, perché sulla loro ipocrisia e sulla loro falsità non ci sono dubbi. E noi che siamo stati chiamati come persone informate sui fatti da diverse procure lo sappiamo bene, specie dopo aver letto su alcuni verbali cosa pensano l’uno dell’altro. Se ne dicono di tutti i colori alle spalle, non sapendo di essere ascoltati (nella tana del lupo): serpente, vipera, infame, bastardo, ladro, imbroglione, lecchino, servo. Senza contare gli “aneddoti” raccontati su tante loro malefatte. Verbali che prima o poi usciranno fuori, quando l’inchiesta sarà chiusa, e lo sanno bene a cosa ci riferiamo i personaggi illustrati nella foto. Noi purtroppo non possiamo per il momento dire altro perché vincolati al segreto istruttorio, e sgarrare non ci conviene. Aspettiamo fiduciosi il concludersi dell’inchiesta, e poi renderemo pubblici i verbali. Così capirete una volta per tutte di che pasta è fatta questa gente.