Cosenza, insegnanti con diplomi falsi: ecco chi c’è dietro lo squallido business

Abbiamo atteso qualche tempo prima di commentare l’operazione della procura di Cosenza sugli insegnanti che – per poter esercitare la professione – si dotavano di diplomi falsi che compravano in un sedicente “Istituto nazionale scuole e corsi professionali” con sede a Cosenza.

Il procuratore Spagnuolo, com’è sua consuetudine, mentre aveva dato ampi particolari sui 33 “falsi insegnanti” (che nel corso dei mesi sono naturalmente aumentati) spiattellando a tutti i loro nomi e dipingendoli ancora più truffaldini di quanto in effetti siano (http://www.iacchite.blog/cosenza-operazione-minerva-insegnavano-diplomi-falsi-33-indagati/), si era guardato bene dal fornire altri particolari sui gestori di questo sedicente “istituto” e a questo punto non è servito molto per capire che ci fosse qualcosa di poco chiaro e soprattutto qualche “pezzo grosso” da proteggere nonostante la bufera.

Spagnuolo aveva ed ha fatto scrivere ai suoi sciacquini, in questo caso i carabinieri, che “… le indagini – avviate dai militari dell’Arma nell’ottobre del 2016 – hanno consentito di accertare un sistema, diffuso sull’intero territorio nazionale, volto alla falsificazione ed all’utilizzo di diplomi apparentemente rilasciati da istituti magistrali statali e paritari della provincia di Cosenza, nonché da scuole di specializzazione per l’insegnamento di sostegno agli alunni portatori di handicap, concessi dall’“Istituto nazionale scuole e corsi professionali” di Cosenza. I documenti falsificati sono stati adoperati dagli odierni indagati, nell’ambito del territorio nazionale, sia per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, sia in quelle d’istituto, prodromiche all’assunzione come insegnante nelle scuole primarie e dell’infanzia…”.

Poi, per buttare ancora più fumo negli occhi, ha fatto uscire, nello scorso mese di febbraio, la notizia del “clamoroso” ritrovamento della stamperia, alla periferia di Cosenza, che produceva i falsi diplomi magistrali, della quale oggi ci fornisce (bontà sua!) i particolari. La bottega del falso sarebbe stata dotata di personal computer connessi tra loro e stampanti a colori: gli investigatori avrebbero trovato e sequestrato centinaia di certificati simil-pergamena con cui ragionieri e diplomati tecnici si sono presi il secondo diploma – questo magistrale – pagando tremila euro. L’indagine è nata dalla denuncia dello stesso provveditore dell’Ufficio scolastico provinciale e nel tempo ha coinvolto tre istituti magistrali di Cosenza – con complicità interne – allargando il faro sulla provincia di Reggio Calabria.

Eppure, vivaddio, ancora non era emerso niente che ci potesse far arrivare alle responsabilità più grosse in capo ai titolari del “diplomificio” pardon del centro di formazione. Cosa che invece, a quanto pare, è avvenuta oggi con la notifica di altri 25 avvisi di chiusura indagini che coinvolgeranno certamente altri docenti ma non possono non riguardare anche i “pupari” di questa squallida vicenda. Perché è chiaro che anche Antonio Altomare, il sedicente pensionato falsario di Mangone (in pratica la “novità” annunciata oggi da Spagnuolo…) fa parte di una bene individuata “cricca”. 

Noi, del resto, da bravi cronisti, ormai da mesi avevamo trovato l’indirizzo di questo maledetto “Istituto nazionale scuole e corsi professionali” di Cosenza e avevamo scoperto che l’indirizzo si trova in via Cattaneo 30. Siamo andati sul posto e di questo istituto, ovviamente, non c’era alcuna traccia. Sui citofoni dello stabile, tuttavia, apparivano in grande quantità i cognomi Bonofiglio e Serafini e a questo punto abbiamo iniziato improvvisamente a vederci chiaro. Siamo andati anche a verificare se sull’elenco telefonico risultasse qualche recapito di questi mascalzoni e in effetti un numero c’era ma quando siamo andati a comporlo ha risposto una gentile signorina che ci ha comunicato che a quel numero corrisponde una… gioielleria.

Alfredo Serafini

A questo punto ci siamo concentrati esclusivamente su quei due cognomi, Bonofiglio e Serafini, che non possono passare inosservati per chi è cosentino ed ha avuto a che fare, in qualche modo, con il settore della formazione professionale. Il cognome Serafini risale direttamente alla parentela di Alfredo Serafinidefunto e corrotto procuratore della Repubblica di Cosenza dalla fine degli anni Ottanta al 2008. Si tratta della sorella dell’ex procuratore, che si è sposata con un certo Ippolito Bonofiglio, dunque cognato del magistrato e indiscusso deus ex machina della formazione professionale cosentina ormai dagli anni Ottanta, alle cui dipendenze troviamo il genero Fabrizio, marito della figlia Tiziana, anche lui coinvolto in questi fruttuosi traffici e in questi vorticosi giri di soldi.

Da quello stabile di via Cattaneo sono passati centinaia di “benefattori” per la famiglia Bonofiglio-Serafini, che hanno lasciato fior di quattrini per prendere diplomi “falsi” da estetista, da maestra/o, da insegnante di sostegno e così via, con propaggini persino nel mondo della danza (grazie a Isabella Sisca) e della sanità. Da tempo, tuttavia, questo istituto non si trova più lì e probabilmente non esiste più. Ma quei cognomi, Bonofiglio e Serafini, il procuratore Spagnuolo non li ha pronunciati non perché non li conoscesse ma perché – sempre com’è sua consuetudine – lui è forte con i deboli e debole con i forti. E poi lo sappiamo tutti che Spagnuolo è stato il “sostituto anziano” di Serafini per oltre 10 anni (dal 1988 al 2000 quando ha fatto il “grande salto” a Catanzaro) commettendo le peggiori nefandezze, gestendo in maniera diabolica il fenomeno dei pentiti e svuotando di ogni contenuto il processo scaturito dall’operazione Garden. E che ancora lo definisce “maestro”

Piuttosto, ci si chiede come mai (anche se con tutta la reverenza e la deferenza di questo mondo) Spagnuolo è stato “costretto” a scoperchiare questo pentolone ma con un po’ di pazienza capiremo anche questo. Perché non c’è dubbio che Ippolito Bonofiglio e il genero siano ancora nel business della formazione professionale ma è chiaro come il sole che hanno cambiato nome al loro “contenitore” e vorremmo tanto sapere se la procura lavorerà per capire se ci sono loro dietro questo gran casino. Ma – a questo punto – non è affatto fantascienza pensare che qualcuno l’abbia fatto (finalmente!) al posto della procura-verminaio di Cosenza e non c’è dubbio che qualcuno abbia già dato particolari importanti.

Fabio Gallo

E non finisce qui. Fabio Gallo, il popolare ex ballerino e coreografo, che da tempo è tra gli ispiratori e animatori a Cosenza del movimento cattolico Noi, aveva commentato così la notizia dell’operazione della procura.

Questa storia – ha affermato – me ne ricorda una di venti anni addietro quando fui denunciato dal gestore di un ente di formazione professionale di Cosenza che affermava di essere stato da me diffamato, solo perché la stampa aveva riportato che con la sua società aveva interessi nella Formazione Professionale e mi era concorrente. Il processo si tenne a Milano ove, ovviamente perché assolutamente innocente, venni prosciolto da ogni accusa mossami. Ma la cosa simpatica, fu che dalla procura della Repubblica di Catanzaro giunse nel Tribunale di Milano, qualche ora prima della sentenza, un documento nel quale si attestava che tale ente era stato intanto denunciato e contro di essa si erano costituite ben 500 parti civili che avevano ricevuto false attestazioni. Esse, credo, non avevano le carte in regola per potersi considerare legittime da parte del’Ente Regione e, di conseguenza, dall’Europa che finanziava al 75%. Spero che l’indagine attuale splendidamente condotta dalla procura di Cosenza, non sia riferita agli stessi soggetti. Sarebbe davvero increscioso…“. A questo punto, speriamo che ci dica qualcosa in più rispetto a questo “protettissimo” signore…