Cosenza, l’elenco dei pentiti come il bollettino del tempo: va aggiornato ogni 24 ore

Il solo pensiero di passare i prossimi 10/20 anni della propria vita in una cella a vegetare è una “immagine” che mette veramente paura a tutti. O quasi. Chi non dovrebbe avere “paura da galera”, almeno perché così ci hanno abituati a vederli, sono i mafiosi, i malandrini di razza, i delinquenti di mestiere. I duri e puri del crimine. I “cristiani”. Quelli che si votano anima e corpo al loro triste e amaro destino. Perché un criminale che si rispetti sa bene che prima o poi u topu ci finiscia intra a tagliola, e sa che oltre il dolce esiste anche l’amaro, ed ha messo in conto, con consapevolezza, anche u malidistinu. Chi decide di fare della propria vita una malavita deve essere pronto anche ad affrontare il carcere, che nel 99% dei casi è il “naturale” epilogo di questo infelice percorso. Il crimine non paga. Non l’ha mai fatto.

Per un giorno di finta felicità che vivi, te ne toccano mille di sventura. Il gioco non vale la candela. Ed infatti molti di quelli che dovrebbero rifarsi a questa “dottrina”, messi di fronte all’amara prospettiva del 41 bis, decidono di saltare il fosso, anche perché la mentalità criminale, così come la società, negli ultimi 20 anni è cambiata. La vecchia concezione del (dis)onore, dell’omertà, che ha sempre caratterizzato la “filosofia” di fondo del perfetto ‘ndranghetista, oggi, è solo una formula scritta su un pizzino che vale il tempo del rituale di affiliazione. Giusto il tempo di fare un po’ di scena per impressionare il picciotto, tanto si sa che alla prima occasione, pur di salvar se stesso non ci penserà su due volte a vendersi gli altri. Non c’era nessun onore prima, non c’è nessun onore, in tutto questo, oggi.  Anche se c’è da dire che oggi questo nuovo modo di concepire la vita criminale è diventata la prassi. Fino a che va bene, sono tutti duri, appena vedono una cella si cantanu puru a mamma.

Fatta eccezione per alcuni a Cosenza è sempre stato questo il modo di intendere la malavita. Tant’ è che gli aggiornamenti sui pentimenti sono diventati, da noi, come il giornaliero bollettino metereologico. Ogni giorno ne esce uno nuovo. Perché in galera non ci vuole stare nessuno. A lavorare non ci vogliono andare, ma a fare i malandrini in tempo di libertà, piace a tutti. Come piace a tutti fare soldi facilmente. E dopo Impieri e Novello, gli ultimi in ordine cronologico, di un esercito di pentiti, ecco che ne spunta un altro. O forse due.

Si tratta di un altro picciotto chiamato in correità in un episodio criminale dal pentito Daniele Lamanna.  E c’è chi dice che insieme a lui anche suo fratello ha deciso di saltare il fosso. Un giovane picciotto che ha un curriculum criminale di tutto rispetto. Uno che se c’è da usare la pistola non si tira indietro. Anche se la sua specializzazione è quella di spacciare droga.

Un altro pentito che segue il percorso che abbiamo già indicato: la Dda “acquista” solo pentiti che raccontano fatti e crimini degli zingari. E il picciotto in questione ha lavorato molto con gli zingari, prima di passare con altri. E per questo forse è stato pesantemente minacciato, tanto da indurlo a seguire la via del pentimento come unica possibilità di salvezza.

Tutti questi pentiti fanno bene alla città e smontano definitivamente la voglia di emulazione che molti ragazzi hanno nei riguardi di boss e picciotti. In tanti hanno capito che questa vita non conviene, e che la mafia è una montagna di merda, fatta di gente di merda che ti vende alla prima occasione pur di pararsi il culo. A verità.

Restiamo in attesa della tempesta.