Cosenza non abbocca: stato deviato, sistema totalmente marcio

Lo scandalo della “mazzetta” del prefetto, com’era inevitabile in una società civile che si pone delle domande, non può essere considerato e non è un caso isolato in un contesto di legalità. La città di Cosenza, ormai da decenni, è totalmente in balia di una lobby massonica di servitori infedeli dello stato al servizio della politica e dell’imprenditoria corrotta, che nella titanica impresa di rendersi credibili, altro non hanno fatto se non mettere ancora più in evidenza la loro corruzione. Utilizzando, tra l’altro, metodi dozzinali.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso all’indomani del can can mediatico della notizia della “mazzetta” intascata dal prefetto ludopatico Paola Galeone, è stata l’intervista della sua carnefice ovvero l’imprenditrice Cinzia Falcone. Migliaia di cosentini, vedendola e ascoltandola al Tg1, sono rimasti esterrefatti. Ma com’è possibile che la Falcone e il prefetto, in rapporti così stretti da essere protagoniste e organizzatrici di una iniziativa pubblica e davanti a scolaresche per veicolare la legalità, siano finite in una squallida storia di “mazzette”?

Eppure quel giorno erano tutti lì: la Falcone che lusingava, il prefetto che gongolava e c’erano pure il generale dei carabinieri Ferace (chissà perché), messo a capo dell’Antifalsificazione monetaria – che con i temi della violenza non c’entra una mazza -, il prefetto Reppucci… tutti al seguito del prefetto Cannizzaro, deus ex machina della Prefettura ai tempi delle interdittive antimafia alle cooperative concorrenti del clan Occhiuto. Oggi Cannizzaro è Commissario per il coordinamento delle iniziative di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dunque, dopo aver ricevuto addirittura la cittadinanza onoraria per i suoi servizi, ogni scusa è buona per tornare dai vecchi amici.  Il tutto solo lo sguardo beato di colui che – nella migliore delle ipotesi è il garante del “trappolone” ma che potrebbe anche esserne il “regista”, il Gattopardo Spagnuolo, che sostituiva solo fisicamente il suo predecessore Granieri, compagno di merende di Ferace e Cannizzaro, del quale è la naturale estensione di una infinita tradizione di malaffare e corruzione.

In questo “ambientino” che è tutto un programma, si consuma lo psicodramma della storia della “mazzetta”. Come si fa a dire che il prefetto e la Falcone “non si conoscevano”? Come si fa a chiedere o ad offrire se non c’è “confidenza”? No, lo scandalo del prefetto non è proprio per niente un caso isolato ma sembra quasi una “polpetta avvelenata” messa lì apposta non tanto per incastrarla ma per metterla fuori gioco. Tanto qui le carte le danno sempre loro e la legge sono sempre… loro.

Se il signor Gattopardo fosse stato il padre o il nonno di quella bambina alla quale hanno detto che un prefetto è superiore a tutti i sindaci, cosa le avrebbe spiegato? La verità è che il sistema Cosenza è marcio. Totalmente marcio. Puzza di fetore e la gente ormai l’ha capito. Anche se il Tg1 intervista Cinzia Falcone e cerca di farci bere una storia che non si regge in piedi. Cosenza non ha abboccato e più si andrà avanti più usciranno fuori le prove di chi ha organizzato il “trappolone”.