Cosenza, Occhiuto-Oliverio: un accordo tra boss con la benedizione della procura

Giusto per ricordare. Anche perché non è passato un secolo ma appena un anno e qualche mese. E a Cosenza, si sa, la gente ha la memoria corta. Ma su tutti è il PD di Oliverio ad avere la memoria corta. E mi riferisco alla sfiducia ad Occhiuto firmata dai famosi 17 consiglieri che nel febbraio del 2016 si dimisero decretando la fine di quella consiliatura. Tre mesi prima della scadenza naturale.

La motivazione a quella sfiducia fu principalmente una: la questione legalità. Anzi fu definita proprio dal PD una operazione di salute pubblica. Come a dire: liberare la città dal virus del malaffare. Alla sfiducia al sindaco Occhiuto si accodò persino l’allora presidente del consiglio comunale Luca Morrone, tacciato dai suoi ex compari come il traditore. A Morrone, come a tutti gli altri consiglieri firmatari della sfiducia, fu detto da esponenti di rilievo del PD, che era indispensabile sfiduciare il sindaco perché da lì a breve sarebbe arrivata a Cosenza la tanto attesa operazione “pulizia” da parte della DDA di Catanzaro oramai pronta ad intervenire per fermare la dilagante corruzione presente a Palazzo dei Bruzi.

Una situazione, a detta del PD di Oliverio, non più tollerabile, e giù l’elenco delle malefatte di Occhiuto: si va dagli appalti spezzatino, alle consulenze agli amici degli amici, passando per gli appalti truccati fino ad arrivare alla collusione con esponenti di spicco della ‘ndrangheta locale. Ai 17 fu detto anche: se non firmate, il rischio è che se commissariano il Comune ci andate “di sotto” anche voi.

Dunque il PD calabrese a guida Oliverio era informato sull’esistenza di diverse inchieste sull’amministrazione comunale di Cosenza ed in particolare di quelle su Occhiuto. Non solo. Proprio in quel periodo (campagna elettorale) quasi tutti i telefonini dei consiglieri erano sotto controllo. E  tutti lo sapevano. Proprio perché i pezzotti del PD avevano informato tutti di questo, come per dare una prova, agli scettici, dell’esistenza reale delle inchieste: se ci sono magistrati che ascoltano i consiglieri e i politici locali, vuol dire che c’è l’inchiesta. Tutti si convinsero, e Gugliemelli coniò il famoso slogan “il bello deve ancora venire”.

Persino Lucio Presta, candidato del PD, aveva accettato la candidatura, forte di questo: arrestano ad Occhiuto e la vittoria è assicurata. Ma quando le cose iniziarono a cambiare e le inchieste (che esistono realmente) iniziarono ad essere insabbiate, capì e si ritirò dalla competizione, costringendo Guccione, che non poteva dire no ai vertici romani del PD, a scendere in campo.

A confermare per primo i motivi della sfiducia ad Occhiuto, oltre al documento prodotto dai 17, don Ernesto Magorno, il pollo di Oliverio, che in una intervista al Tg 3 Calabria, e nei vari comunicati così diceva:

«Il malgoverno di Occhiuto, caratterizzato da una politica basata sul ricorso spregiudicato ad un esercizio diffuso e quotidiano dell’ illegalità e dei favoritismi, ha interessato non solo la macchina amministrativa del Comune ma anche quella della Provincia.Sono state utilizzate, per interessi di parte e a scopo prettamente politico, risorse finanziarie pubbliche, postazioni dirigenziali e consulenze per esercitare vere e proprie pressioni nel vano tentativo di preservare almeno una maggioranza consiliare di tipo numerico. Nel settore dei lavori pubblici, delle manutenzioni e di alcuni servizi, il ricorso agli affidamenti diretti e clientelari, in violazione della legge, era una pratica usuale. Si chiude anzitempo la nefasta esperienza amministrativa Occhiuto che, in questi anni, ha danneggiato e mortificato l’immagine della città».

Oliverio in quell’occasione a sostegno del suo pollo Magorno, mobilitò la deputazione parlamentare del PD, all’epoca quasi tutti fedeli ad Oliverio, Aiello, Madame Fifì, Gatta Morta e lo stesso don Magorno, che produssero addirittura una interrogazione parlamentare sulle malefatte di Occhiuto che nel passaggio principale recita così (leja e trema):

la pratica usuale dell’affidamento diretto, da parte dell’amministrazione Occhiuto, pare configurarsi come un vero e proprio artificio per aggirare l’obbligo della procedura concorsuale e favorire poche imprese fornitrici divenute beneficiarie dell’assegnazione di ingenti quote di risorse finanziarie pubbliche;

– in particolare, pare che alcune di queste imprese registrino tra i soci proprietari persone notoriamente vicine al sindaco, parenti di qualche suo stretto collaboratore e di soggetti legati alla criminalità;

– lo scenario ed il contesto di una preoccupante e pericolosa deriva di arbitrio è confermata anche dalle evidenze accertate dalla procura della Repubblica di Cosenza che nell’ambito del procedimento penale n.2442/2012 per il reato di falso, addebitato ad un consulente del comune, ha affermato, in maniera non dubitativa, che “le indagini espletate hanno evidenziato rilevanti violazioni dei principi di buona amministrazione e di trasparenza dell’azione amministrativa” e che al Comune di Cosenza è pratica usuale “l’affidamento di incarichi di consulenza a soggetti esterni all’amministrazione comunale, con scarne motivazioni in ordine agli esiti della procedura comparativa seguita per la selezione del contraente”. La procura, nello stesso testo, inoltre, afferma che i professionisti sono scelti “in modo del tutto arbitrario, avvalendosi di incarichi di mera facciata”;

Avete letto bene? I parlamentari indicano addirittura il numero di procedimento di una delle tante inchieste sulla gestione Occhiuto e le considerazioni della procura “in maniera non dubitativa”. Ovvero per la procura gli affidamenti diretti sono una “mera facciata” che nasconde altro. Come vedete noi non ci siamo mai inventati niente. Solo che poi, queste inchieste e queste “considerazioni” sono sparite. E i ciuati siamo noi.

Ritornando al discorso: quello che voglio mettere in evidenza è l’ambiguità di personaggi come Palla Palla, che fino ad un anno fa attraverso i suoi polli denunciava Occhiuto come il male assoluto, ed ora gli affida un appalto per oltre 200 milioni di euro senza nulla da dire, ad esempio, sulla trasparenza, la legalità e il rispetto della legge per ogni appalto.

C’è da chiedersi un paio di cose, la prima: le inchieste sull’amministrazione Occhiuto – come si evince anche dall’interrogazione parlamentare e dall’intervento della procura –  dove sono finite?

Perché i pezzotti romani del PD davano per sicuro l’arresto di Occhiuto un anno fa, tanto da farlo scrivere ai deputati oltre a far dimettere i consiglieri, e cosa è successo di così “importante”, nel mentre, tanto da fargli cambiare idea su questo arresto che davano per certo? Perché qualcosa deve essere successo per forza.

Se Oliverio fino ad un anno fa pensava questo di Occhiuto, nel mettere la sua firma accanto alla sua, secondo voi, ha cambiato idea? E se non ha cambiato idea, secondo voi si può dire che è o un pazzo che si mette insieme ad un mafioso o un colluso (con Occhiuto, si intende)?

A voi le risposte.

P.S. La mia risposta a tutte queste domande è una sola: i sordi, si sa, mettono d’accordo tutti, in questo caso giudici, politici e imprenditori. E nua simu i ciuati.