Cosenza, omicidio Ruperti. Intimidazione al consulente della famiglia, tre proiettili e un messaggio: “Ora basta, lascia stare la polizia”

Giorgio Zicarelli, il consulente tecnico della famiglia di Antonio Ruperti, il ragazzo travolto e ucciso da un’auto civetta della polizia a Cosenza nel quartiere di Torre Alta il 9 settembre scorso, ha subito un atto di intimidazione e ha presentato denuncia ai carabinieri.

La mattina di lunedì 2 ottobre, entrando nella sua abitazione a Rende, ha notato una busta di plastica attaccata all’estintore in dotazione al palazzo per eventuali emergenze. Zicarelli ha aperto la busta e ha trovato tre proiettili di fucile da caccia e un inquietante messaggio scritto con un normografo nel quale si leggeva: “Ora basta. Ruperti è morto per un incidente, lascia stare la polizia. Attento che la tua famiglia prova questi tre proiettili”.

Zicarelli ha provato a chiedere a qualcuno degli inquilini se avesse visto qualche estraneo entrare nel portone ma ha ricevuto risposte negative e subito dopo si è recato alla caserma dei carabinieri per denunciare l’accaduto. Di conseguenza, una pattuglia dei carabinieri ha raggiunto l’abitazione di Zicarelli per sequestrare il contenuto della busta di plastica.

Da qualche settimana, Zicarelli, per espletare la sua funzione di consulente della famiglia Ruperti, ha “scavato” a fondo in questa squallida vicenda dell’omicidio di un ragazzo determinato dalla deriva umana di un poliziotto graduato e declassato e di due suoi fedeli scagnozzi. 

Giorgio Zicarelli, in particolare, solo qualche ora prima dell’intimidazione subita, ha “scoperto” una circostanza molto strana nel momento in cui si svolgevano gli accertamenti irripetibili sul luogo dell’omicidio e l’ha fatta verbalizzare. I telefoni cellulari dell’agente dell’Ufficio Volanti Gianmarco Minervino (indagato per omicidio dalla procura di Cosenza) e del capo pattuglia, il vicequestore declassato nonché capo a lungo proprio dell’Ufficio Volanti Cataldo Pignataro (denunciato per omicidio dai genitori di Antonio), sequestrati dai carabinieri, che stanno svolgendo le indagini sul caso, sono risultati stranamente scarichi.

Diciamo “stranamente” perché il dubbio che ha il consulente è che siano stati “manomessi” da qualcuno che evidentemente aveva timore che vi si trovasse dentro qualche prova rispetto a quanto è accaduto quella maledetta mattina. In particolare, qualche ordine di servizio impartito dal vicequestore declassato o qualche comunicazione ricevuta “al volo” da qualche altro soggetto interessato a fermare la marcia della motocicletta sulla quale viaggiava Antonio ma che – come tutti sanno – è di proprietà di un soggetto “attenzionato” da tempo dalla polizia.

Era il 15 settembre quando la procura di Cosenza, nella persona del pubblico ministero Luigia D’Andreaha disposto ai sensi dell’articolo 360 del codice di procedura penale, gli accertamenti tecnici non ripetibili sui luogo in cui l’auto civetta della questura di Cosenza ha travolto e ucciso il giovane Antonio Ruperti, che era alla guida di una motocicletta. I fatti si sono verificati all’incrocio tra via Falvo e via Martorelli, nel quartiere di Torre Alta a Cosenza, intorno alle 11,35 di sabato 9 settembre.

Si tratta di accertamenti che riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione per cause naturali o a causa della stessa attività accertativa e che, data la loro irripetibilità, sono destinati ad acquisire a tutti gli effetti valore di prova (art. 360).

Più tecnicamente, “quando gli accertamenti previsti dall’articolo 359 riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione, il pubblico ministero avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato e i difensori del giorno, dell’ora e del luogo fissati per il conferimento dell’incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici”.

Agli accertamenti hanno preso parte il consulente nominato dalla procura di Cosenza, il consulente della parte offesa – Giorgio Zicarelli appunto – e il consulente del poliziotto alla guida dell’auto civetta, una Jeep Renegade bianca, che è a oggi l’unico indagato per la morte del giovane. I consulenti hanno anche visionato le immagini girate dalle telecamere di videosorveglianza.

Secondo quanto si è appreso, Antonio Ruperti indossava il casco, manteneva regolarmente la destra, non arrivava direttamente da via Panebianco ma da una traversa e di conseguenza non poteva avere raggiunto una velocità eccessiva. Viaggiava al massimo a 50-60 km/h.

La Jeep Renegade, invece, rallenta frenando prima di arrivare all’incrocio ma poi accelera improvvisamente colpendo in pieno la motocicletta e senza aver verificato in nessun nodo se passasse qualcuno, anche a causa della particolare natura dell’incrocio, penalizzato da una pressoché assente visuale, che tuttavia a maggior ragione avrebbe dovuto consigliare prudenza.

E’ del tutto evidente che la piega che stanno prendendo le indagini non “piace” a qualcuno. Da qui l’intimidazione al consulente Zicarelli, che giustamente ha denunciato tutto ai carabinieri che indagano sull’omicidio del ragazzo.