Cosenza. Quando la vacanza si poteva fare nella città vuota (di Franco Panno)

di Franco Panno

C’era chi non partiva d’estate, e non sempre le scelte erano dettate da problemi economici. Mi viene in mente un Signore, non molto loquace, sposato con due figlie, che alla domanda: “Ragioniere, ma lei non va in vacanza?” rispondeva lapidariamente: “Aspetto che vadano via tutti” e indicava come luogo di villeggiatura la città vuota, il modo migliore secondo lui per rilassarsi.

Mi ricordava mio padre: lasciava la famiglia nella località marina, simulando, la prima settimana d’agosto, impegni di lavoro improrogabili, ci raggiungeva intorno al dieci. In realtà cominciava la sua vacanza vera. Passeggiate, pranzo alla Calavrisella, ristorante poco distante da casa, passeggiate con i suoi vecchi amici, disordine per casa e giornali sportivi di primo mattino per seguire le vicende del suo Toro.

Mi ricordava, al contrario, Enrico Maria Salerno nel film L’ombrellone di Dino Risi, nella scena dell’abbandono del luogo di vacanza a Cattolica per far ritorno a Roma, per sfuggire alla moglie petulante e ad una comitiva sciocca e routinaria, per ritrovare un po’ di pace nella città deserta. Allora le città si svuotavano. Con gli anni cambiarono pure le mie abitudini. Si cominciava a partire alla conquista dell’Europa, biglietto interrail, zaino, sacco a pelo e scatolette. Ma questa è un’altra storia.
It’s only love, Gary US Bond
Buongiorno