Cosenza, quel fratello di guerra e la magia del centro storico: “Sembra la mia Zena (Genova)”

di Franco Panno

Pioveva, mentre aspettavo il bus che mi avrebbe portato nella zona storica, un signore tentò di ripararsi sotto una pensilina che non poteva ospitare più di tre persone. Facemmo un po’ di posto, ringraziò con lo sguardo. Salimmo sul pullman, quel signore discreto aprì il suo zaino da viaggio, prese una piccola guida della città, chiese informazioni su una strada del centro storico. Gli dissi che andavo proprio da quelle parti e gli avrei indicato la fermata. Era un signore settentrionale, disse che voleva vedere la città di un suo commilitone nel secondo conflitto mondiale fronte greco-albanese, mancato qualche anno prima. Era curioso di conoscere i suoi familiari. Doveva avere un forte debito di riconoscenza nei confronti del nostro concittadino. Chiesi lumi.

Quel pacato Signore, mi parlò con emozione di Santino, col quale divise , freddo, fame , caldo e prigionia, si rifiutarono di bruciare un villaggio nei pressi di Salonicco popolato da anziani donne e bambini. Magnificò la generosità di quel ragazzo calabrese che all’inizio guardava con diffidenza: “Ero in punizione, Santino di nascosto mi dava metà della sua razione del rancio, e qualche sigaretta. Punirono anche lui”.
Ricordava di quando, in ritirata, cadde spezzandosi una gamba, e Santino restò con lui, raggiungendo il raggruppamento portandolo sulle spalle. Aveva saputo della sua dipartita, quel gentile signore ligure e voleva conoscere i familiari di quel “Magnasapone” dal cuore grande. Finita la guerra, restarono in contatto per via epistolare, fino a quando Santino non se ne andò. “Quando con una persona spartisci la sofferenza è tuo fratello”, disse con commozione quella simpatica persona. Arrivò il momento di scendere, colpito dalla vista della città vecchia esclamò con meraviglia “Sembra la mia Zena (Genova)”.
Un saluto, un ringraziamento, mentre il bus si allontanava.
Ma se ghe pensu, Bruno Lauzi
Buongiorno