Cosenza, rapporto-choc sul Tribunale: l’asse Spagnuolo-Manna per inquinare le prove del “Garden”

Poco più di un anno fa ha lasciato la vita terrena Raffaele Nigro, certamente il giornalista più importante ed influente della città di Cosenza nei 25 lunghi anni nei quali ha diretto la redazione della Gazzetta del Sud. Nel 2007, appena uscito dai ranghi del quotidiano messinese, ha diretto La Provincia Cosentina e ha pubblicato gli atti dell’inchiesta di Otello Lupacchini sulla procura di Cosenza (titolo: Rapporto-choc sul Tribunale di Cosenza), accompagnandoli con un breve editoriale, che riportiamo di seguito. 

Scusate il ritardo

La Provincia Cosentina, giovedì 5 luglio 2007

di r. n.

La pagina più nera della magistratura cosentina. L’hanno scritta gli inviati del ministero di Grazia e Giustizia (Otello Lupacchini e Laura Capotorto) che hanno raccolto in un voluminoso dossier i risultati della loro missione-inchiesta al palazzo di giustizia.

Attenzione alle date. Il dossier è del 2005 ma in questi due anni è rimasto invisibile. Tutti sapevano che c’era ma nessuno ne ha reclamato la pubblicazione. Una prudenza sospetta in una città in cui custodire un segreto è operazione impossibile. Rompiamo, con due anni di ritardo, la consegna del silenzio e pubblichiamo il dossier perché rappresenta un eccezionale documento sulla malagiustizia, che è la gemella di quella malapolitica che domina a Cosenza e in Calabria.

Il dossier mette in evidenza intrighi, rivalità, omissioni, complicità che hanno avuto come protagonisti magistrati importanti sia della Procura cosentina che della Dda, avvocati, faccendieri. Non spetta a noi formulare sentenze. Ci limitiamo a raccontare i fatti con le parole degli ispettori, senza commenti. Che sono, come i lettori capiranno, davvero superflui.

Otello Lupacchini è stato un magistrato decisamente famoso. Ha combattuto alla grande contro i mafiosi della Banda della Magliana e non solo. Una ventina di anni fa fu mandato dal Ministero di Grazia e Giustizia a condurre un’inchiesta per verificare cosa combinavano i magistrati calabresi e scrisse una relazione che è diventata un incubo per tutta questa gentaglia ed una fonte inesauribile di informazioni per i pochissimi cronisti onesti della Calabria.

Lupacchini è stato fino a qualche anno fa procuratore generale della Corte d’appello di Catanzaro e ha rappresentato uno spauracchio per un magistrato corrotto come Mario Spagnuolo, del quale ha tratteggiato un profilo ripugnante.

CHI E’ MARIO SPAGNUOLO, L’ANIMA NERA DEL PROCESSO GARDEN 

Classe 1954, in magistratura dal 1980, Mario Spagnuolo dal 1981 al 1988 svolse funzioni giudicanti presso il Tribunale di Cosenza quale componente e presidente del collegio penale e di quello di prevenzione nonché di giudice a latere della Corte d’Assise.

Mario Spagnuolo

Dal 1988 al 2000 ha svolto funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza. Ritenuto, nel 2000, idoneo alle funzioni di Cassazione, nello stesso anno è stato nominato procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Catanzaro.

Referente distrettuale per l’informatica fin dal 1998, ha anche coperto gli insegnamenti di Archivistica informatica, nonché di Diritto delle comunicazioni presso l’Università della Calabria.

Sino al 2000, dunque, la carriera giudiziaria di Spagnuolo si è svolta tutta a Cosenza e gli incarichi conferitigli dalla locale Università sono indiscutibilmente sintomatici del suo ottimo inserimento in quella città, dove tuttora risiede.

All’epoca del processo Garden, Spagnuolo ebbe l’occasione di interrogare personaggi che erano stati introdotti davanti al pubblico ministero Stefano Tocci perché erano intenzionati a collaborare, dall’avvocato Marcello Manna. Il pm non li accettò. A Tocci infatti non era sfuggita la circostanza, insanabilmente contraddittoria, che uno dei difensori più agguerriti del processo Garden fosse anche il procacciatore di collaboratori di giustizia a carico dei propri assistiti.

Angello Pugliese e Marcello Manna
Foto tratta dal libro “Mamma ‘ndrangheta” di Arcangelo Badolati

In un colloquio telefonico con l’avvocato Angelo Pugliese, tra l’altro, Tocci espresse la preoccupazione che l’avvocato Manna potesse incorrere in una vendetta da parte delle cosche o addirittura potesse essere arrestato per inquinamento delle prove. Simili preoccupazioni non nutriva evidentemente Spagnuolo, allorché non solo raccolse le dichiarazioni dei collaboratori introdotti da Manna ma addirittura allargò l’ambito dei suoi interrogatori al punto di sollecitare quei collaboratori a dare notizie su argomenti estranei al suo interesse ma di certo influenti nel procedimento di Tocci.

Delle condotte di Spagnuolo venne a conoscenza Mariano Lombardi. La sua reazione fu immediata, indignata ed inequivocabile nel censurare la condotta del sostituto cosentino. Costui andava al di là di qualsiasi tollerabile limite impostogli dalla natura e dall’oggetto dei processi che legittimamente trattava per invadere il campo delle altrui competenze, senza curarsi di minare alla base strategie processuali che non gli appartenevano e facendosi, poco importa se consapevolmente o inconsapevolmente, comunque strumento di inquinamento delle prove in processi per i quali non aveva nessuna competenza. 

Ma purtroppo quella intransigenza durò poco, dal momento che – inspiegabilmente, ma prima o poi capiremo perché – Spagnuolo il Gattopardo si trovò proiettato addirittura nel ruolo di “braccio destro” dello stesso Lombardi. Misteri della “giustizia” calabrese e cosentina in particolare.