Quasi esattamente tre anni fa, il 1° febbraio 2022, si respirava un’aria strana nel Tribunale di Catanzaro mentre andava in scena il convegno in programma per le celebrazioni dei 30 anni della Dia. Tema centrale la sanità in mano alla ‘ndrangheta ma sarebbe molto più opportuno parlare di massomafia, visti i protagonisti dello stato deviato e della malapolitica attivamente in campo.
Ascoltare gli indirizzi di saluto di Nicola Morra e Roberto Occhiuto è stato una sorta di esercizio surreale. Il presidente dell’antimafia impossibilitato a un discorso “grillino” finisce per rendersi involontariamente comico quando ribadisce che dovrebbe essere la politica a fare pulizia al suo interno prima che lo faccia la magistratura. Robertino il parassita invece insiste nella sua rappresentazione falsa della Calabria facendo finta di ignorare di essere a capo di un’associazione a delinquere che da decenni si divora la Calabria.
Gratteri, intelligentemente, si tiene lontano dal teatrino (si parla di un impegno improvviso: al suo posto c’era l’aggiunto Capomolla) e per fortuna la relazione del generale di brigata della Guardia di Finanza Nicola Altiero, in pratica il numero 2 operativo della Dia, è onesta e obiettiva e delinea alla perfezione i meccanismi della malagestione della sanità calabrese.
Gli appalti, per esempio. Rigorosamente esternalizzati. Interi settori come le pulizie, le mense, i Cup ma anche tanti altri sono in piena commistione dal momento che la ‘ndrangheta ha saputo aprire interlocuzioni fondamentali per inserirsi nel settore sanitario. Drenando e riciclando denaro con tutti i proventi degli appalti.
Ma anche e soprattutto la sanità privata, che si mette in tasca una infinità di milioni dentro carrozzoni indecorosi comandati da veri e propri gangster che non offrono nessuna eccellenza, non collaborano neanche nelle emergenze e influenzano sempre di più la politica piazzando uomini e donne dappertutto.
Il rapporto tra mafia, politica e imprenditoria con l’avallo dello stato deviato consente a questa consorteria collaudata da decenni di decidere assunzioni e incarichi a tutti i livelli. A partire dai direttori generali, che vengono nominati fiduciariamente e senza concorsi dando vita a giri immensi di collusione.
“La Calabria è un caso di scuola – ha dichiarato il vice direttore tecnico operativo della Dia – con il 70% del bilancio della Regione che finisce nella sanità, per un importo annuo che supera i 6 miliardi di euro, ma con 125 punti per i Lea quando la sufficienza si raggiunge a 160…”. Altiero ha parlato dei cronici ritardi della Calabria per le riorganizzazioni territoriali, citando il caso limite del decreto sugli enti locali del 1992 adottato soltanto nel 2007 così come l’adozione delle 4 Aziende Ospedaliere e delle 5 Asp territoriali del 2012.
Anche sui debiti la Calabria fa scuola. Il piano di rientro previsto nel 2009 è ancora in corso e non si intravede la luce in fondo al tunnel. A Reggio Calabria non ci sono neanche documenti falsi, non c’è proprio nulla che possa aiutare a ricostruire una catena di nefandezze infinita.
Ma non solo bilanci dei quali non esiste traccia, 75 casi di malasanità accertati senza provvedimenti disciplinari nei confronti dei responsabili.
La Calabria è uno stato a parte, è per questo che è un caso di scuola, come dimostrano peraltro tre grandi inchieste della magistratura “Farmabusiness”, “Inter nos” e “Chirone”. Altiero ha poi chiosato su come persino il debito della sanità abbia contribuito a inceppare il sistema e favorirne le infiltrazioni. Le parole magiche sono “crediti deteriorati” e “factoring” attraverso i quali entrano in scena gli studi legali e i colletti bianchi per tirare fuori centinaia di milioni e riciclarli a ritmo battente. A Cosenza potrebbero fare lezioni e corsi di formazione. La sensazione è che l’attenzione sia molto alta e che siano in tanti i colletti bianchi e i politici corrotti a non essere tranquilli. Il tempo ci dirà.