Cosenza, Spagnuolo: una chiacchiera tira l’altra

Ogni volta che sento parlare il procuratore Spagnuolo non capisco mai se va a braccio, oppure se recita un copione.

In tutte le interviste che rilascia non perde mai occasione di mettere in risalto la sua super esperienza nel campo della lotta alla ‘ndrangheta: operazioni di sopra, blitz di sotto, processi a destra, accuse a sinistra, arresti di qua, sentenze di là.

Ogni volta che qualcuno lo interpella su fatti di ‘ndrangheta sale in cattedra ed inizia la sua esegesi. Specie su quella cosentina, di cui si definisce un esperto: all’origine era diversa dalle altre ‘ndrine per storia e “cultura”, poi è diventata pervasiva al punto da entrare nel paradigma del 416 bis, fino ad essere quella che lui oggi definisce una criminalità liquida.

Parla di Cosenza come città omertosa abituata a nascondere il crimine sotto il tappeto. Reati di tutti i tipi, da quelli di strada a quelli amministrativi. E soprattutto continua a dire che Cosenza non è un’isola felice. E si compiace che oggi finalmente tutti concordano con questo.

Espone la sua ricetta per sconfiggere il crimine: bisogna cominciare con rendere sicure le strade, reprimendo i piccoli reati e lo spaccio diffuso che spesso sono il terreno di coltura dove crescono novelli ‘ndranghesti pronti a rimpinguare le file di questo o quel clan. Oltre che attenzionare quelli che si ostina a chiamare “colletti bianchi”. I quali spesso e volentieri sono ammanicati con politici e malavita. Il punto dolente della sua ricetta.

Insomma a sentirlo parlare pare abbia le idee chiare. E tutto sotto controllo. Ma nei fatti poi che fa?

Niente, direi. Oltre alle solite chiacchiere non va. Si limita ad arrestare venditori di fumo e piccoli delinquenti di quartieri senza intaccare minimamente alla radice il problema ‘ndrangheta a Cosenza.

Parla, parla, parla, ma poi protegge i corrotti e farabutti. E lo fa con naturalezza come se mangiasse ciliegie: una chiacchiera tira l’altra.

Prova ne è il fatto che da quando è arrivato non riesce ad agire neanche contro Potestio e Cucunato, nonostante l’evidenza dei loro reati messi nero su bianco nelle loro stesse determine farlocche. Eppure sono sempre lì, liberi e felici. Hanno truffato i cittadini per milioni di euro appattandosi con criminali e mafiosi, e lui si vanta di fare la lotta alla corruzione. E a chi gli chiede conto di questo, risponde sempre con la stessa scusa: le indagini hanno i loro tempi.

Ma tutti sappiamo che è solo una scusa per non agire contro i potenti e i mafiosi veri che governano la città, sperando di arrivare aru riscuardu. I reati commessi dal duo dell’intrallazzo, per conto di Occhiuto, sono evidenti e riscontrati. Eppure niente accade. Lui dice che non si fa tirare per la giacca da populismi e demagogia, quando conduce una inchiesta, perché ama farle “belle belle”, e senza fretta .

Altra chiacchiera per nascondere la sua propensione a proteggere gli amici degli amici. L’inchiesta sugli appalti spezzatino è chiusa da tempo, ma nessuno vuole portarla dal Gip. E’ questa la verità. Ecco perché Spagnuolo cerca di sviare l’opinione pubblica con retate anti droga e sequestri preventivi. Solo per nascondere altre verità, non certo per soddisfare la Giustizia.

Lo abbiamo detto, Spagnuolo non può procedere contro questi e contro i reati commessi da da Occhiuto, non solo perchè ha avuto come regalo l’assunzione del nipote dalla sera alla mattina come dirigente alla Cultura al Comune di Cosenza, ma anche perché sa benissimo che molti suoi pm in questa storia di corruzione ci sono dentro fino al collo.

Cozzolino (quello più alto) e Potestio

Agire contro Potestio significa tirare dentro Cozzolino, ad esempio. Indagare su piazza Fera/Bilotti significa chiamare in causa il suo predecessore: Granieri. Indagare Occhiuto significa indagare Tridico. E tutta la banda di corrotti che lui dirige.

E questo non lo può fare, ecco perché si nasconde dietro le chiacchiere e rilascia interviste di comodo. Sperando di apparire un onesto procuratore che accertato il reato non guarda in faccia a nessuno.

Invece le facce le guarda eccome.

Caro procuratore, basta con le parole. Il tempo dei fatti è arrivato, se non riesci nemmeno a mettere dentro due ladri conclamati come Potestio e Cucunato, forse è il caso di stare zitto che ci fai più bella figura. Anche perchè, così facendo, rischi di diventare come Occhiuto che a furia di dire chiacchiere non sa più distinguere la “fantasia” dalla realtà. E la realtà è quella che i mafiosi veri restano sempre a galla, mentre tu giochi a fare l’onesto magistrato, sulla pelle dei cittadini.

GdD