Cosenza, Trinchera “parafulmine” di Guarascio come nel “Secondo tragico Fantozzi”

La Cosenza del calcio è di nuovo una polveriera: siamo al fatidico tutti contro tutti, sperimentato già innumerevoli volte nei periodi di maggiore difficoltà del Vecchio Lupo. La piazza è in fermento perché ritiene sostanzialmente inadeguata la campagna acquisti della società e anche avendo una fiducia illimitata nel condottiero della squadra ovvero mister Piero Braglia, le fibrillazioni sono esplose in tutta la loro virulenza nel momento in cui, alla chiusura del calciomercato, la casella del “centravanti” è risultata malinconicamente vuota.

E’ a questo punto che quel furbastro del patron ovvero Eugenio Guarascio, già noto come mangia allenatori, direttori sportivi e direttori generali, ha mandato il diesse Trinchera nella fossa dei leoni a giustificare le scelte della società. Il soggetto, che ispira antipatia istintiva, anche perché leccese, e che incarna la figura sciatta e grigia del dipendente nullafacente anche un po’ grossolano e maldestro e tutt’altro che elegante sia nei modi sia nel portamento (da calciatore era veramente una barzelletta, da direttore sportivo ancora peggio…), se possibile ha superato se stesso. E così si è lasciato andare alla fatidica gaffe che ha fatto incarognire i cosentini affermando che “Cosenza non è una piazza ambita” e – addirittura! – non ha “appeal”. Che detto da un tamarro di Lecce con una pronuncia poco probabile è risultato ancora più indigesto al cosentino medio.

Ma i cosentini sono bravissimi, dopo aver smaltito la rabbia, a trasformare tutto in ironia e sarcasmo e allora da ieri sera sono in tanti che associano la figura di Trinchera a quella di… Fantozzi. Ma sì, certo, Ugo Fantozzi, il leggendario impiegato medio italiano portato al successo da Paolo Villaggio.

Guarascio, in realtà, somiglia moltissimo al megadirettore galattico, al secolo Duca Conte Maria Rita Vittorio Balabam (interpretato dal compianto Paolo Paoloni), uno dei personaggi più amati e subdoli del film commedia che ha segnato la storia del cinema italiano. Datore di lavoro austero e severo temuto dai dipendenti e venerato quasi come una divinità. “Si pensava quasi fosse un’entità astratta” – ripeteva il ragionier Ugo. Quest’ultimo era il bersaglio principale del megadirettore galattico, che storpiava di continuo il suo nome (“Venghi Fantocci, venghi”) e lo puniva nei modi più assurdi.  E così, da “venghi Fantocci, venghi” a “venghi Trinchetto venghi” il passo è realmente brevissimo, diciamoci la verità, e lo sanno perfettamente tutti coloro che hanno avuto la (s)ventura di lavorare con Guarascio “megadirettore galattico”. E se il Duca Conte era stato quasi magnanimo (com’è umano lei…) quando aveva punito Fantozzi mettendolo insieme ad altri dipendenti nell’acquario (!) dell’azienda, nel “Secondo tragico Fantozzi” mostrerà tutta la sua crudeltà riassumendo Fantozzi come parafulmine nel grado più basso della mega azienda.

E diteci, secondo voi, che cosa è stata la conferenza stampa di ieri del povero Trinchera se non l’interpretazione del ruolo di “parafulmine” per difendere il patron? Sì, proprio il parafulmine, perché va da se che, in questo modo, se le cose dovessero andare male, il presidente ha offerto alla piazza furente il primo colpevole. E va da se che il secondo, se non dirà le cose come stanno ai cosentini, sarà proprio Piero Braglia perché lui, il megadirettore galattico, pardon Guarascio, ha sempre ragione. E se qualcuno non è d’accordo, poi se ne pentirà e inevitabilmente diventerà – sempre se gli va bene – anche lui “parafulmine”… Del resto, Fantozzi era (ed è ancora) la spietata fotografia del nostro amato-odiato Belpaese.