Covid, tutto dipende dal vaccino ma ancora c’è confusione

Le previsioni sulla “messa a punto” di un vaccino contro il covid-19 e sulla sua disponibilità di distribuzione su larga scala, cambiano di giorno in giorno.  Al di là di chi ci crede o no sull’efficacia dei vaccini, quello che in questa bizzarra pandemia risulta strano è che nessuno dei tanti scienziati intervenuti, a livello mondiale, sull’argomento, ha sprecato una sola parola di “certezza” sui tempi previsti per la produzione di massa di un vaccino sicuro ed efficace. Tutti dicono di essere ad un passo dalla riuscita, ma poi nessuno sa dire quando questo passo avverrà: da mesi sentiamo parlare di vaccini contro SARS-CoV-2 e ogni giorno veniamo bombardati da notizie relative a qualche casa farmaceutica che ha messo a punto un nuovo vaccino anti-SARS-CoV-2 o che inizia la sperimentazione di un vaccino anti-SARS-CoV-2. Ma all’oggi nessuna nazione ha dato il via ad una “vaccinazione di massa”, e questo semplicemente perché la produzione di un vaccino contro il covid 19, risulta più complicata del previsto.

Per quel che riguarda l’Italia, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha più volte detto: “entro la fine dell’anno, grazie all’accordo con Oxford University, avremo le primi dosi del vaccino e dall’inizio dell’anno prossimo inizieremo le vaccinazioni. Finalmente avremo uno strumento per fronteggiare il virus. Dobbiamo riuscire ad affrontare la primavera con fiducia”. Annuncio che è stato riformulato proprio ieri dal premier Conte, che parla di disponibilità del vaccino entro fine anno, salvo poi allungare i tempi a primavera inoltrata. Infatti nell’accordo sottoscritto dal Ministro della Salute Roberto Speranza con AstraZeneca – che prevede “l’approvvigionamento fino a 400 milioni di dosi di vaccino da destinare a tutta la popolazione europea”. A lavorare alla messa a punto del vaccino l’Università di Oxford che coinvolgerà nella fase di sviluppo e produzione anche importanti realtà italiane (Irbm di Pomezia) – si parla, per quel che riguarda i tempi di produzione del vaccino, di una “generica primavera”.

In poche parole l’Italia, oltre allo studio recentemente avviato dall’Istituto Nazionale malattie Infettive INMI ‘Lazzaro Spallanzani’, di Roma (ancora in fase I), ha opzionato l’acquisto di un vaccino contro il nuovo coronavirus, che allo stato risulta, nella preparazione, uno dei più avanzati (fase III), ma va anche detto che tale vaccino ha avuto nella sua sperimentazione qualche “intoppo”. La possibilità reale di somministralo alla popolazione dipende, perciò, dall’evoluzione delle ricerche scientifiche in corso che dovranno dimostrare la mancanza di effetti collaterali e quindi la sua efficacia e sicurezza. E i tempi, purtroppo per noi, restano ancora incerti.

Nel resto del mondo, a detta del sito del New York Times aggiornato in tempo reale, la situazione dei vaccini in studio in giro per il mondo è questa: 128 gli studi certificati, ma c’è chi dice che in realtà sono 168. Di questi, 66 sono già in studio sull’uomo: 35 sono in fase I, 14 in fase II, 11 in fase III e 6 approvati per uso limitato.

“Quando si studia un vaccino, durante la fase I, oltre a vedere se il vaccino dà reazioni avverse importanti, si vede se il vaccino stimola la produzione di anticorpi. Bisogna però sottolineare che la fase III è quella cruciale, perché durante questa fase si vede se il soggetto vaccinato è protetto dall’infezione”.

I vaccini richiedono in genere anni di ricerca e test prima di raggiungere la clinica, ma gli scienziati stanno correndo per produrre un vaccino contro il coronavirus sicuro ed efficace entro il prossimo anno. È questo l’obiettivo: i ricercatori stanno testando 66 vaccini in sperimentazioni cliniche sugli esseri umani e almeno 88 vaccini preclinici sono oggetto di indagini attive sugli animali. E la loro disponibilità dipende, ovviamente, dai risultati di questi studi che non hanno ancora raggiunto una certezza scientifica.

Insomma, un vaccino per definirsi sicuro ed efficace deve essere “testato” su un gran numero di persone, che rappresentino i diversi soggetti/gruppi presenti in una popolazione: maschi/femmine, bambini/giovani/adulti/anziani/molto anziani, le diverse etnie, i soggetti affetti dalle principali patologie croniche, i fumatori, e per un tempo sufficientemente lungo.

Nella ricerca scientifica, si sa, ci sono “tempi” che sono incomprimibili, e nello specifico del vaccino il rischio è che l’osservazione dei soggetti vaccinati – in base all’eventualità di una diffusione del vaccino in primavera -, sia veramente troppo breve per avere dati certi sulla sua reale efficacia, ma soprattutto il rischio è quello di non sapere nulla sulla durata dell’efficacia e sugli eventuali effetti avversi per l’organismo, a lungo termine. Il che rende il tutto ancora più incerto.

Perciò l’annuncio di una diffusione del vaccino a primavera pare azzardato. Il problema resta la scarsa chiarezza sul tema da parte della comunità scientifica. Serve qualcuno che ci spieghi se i tempi di “osservazione del fenomeno”, negli studi che si dicono a fase tre, sono stati rispettati oppure no, altrimenti detta così – come la dicono le case farmaceutiche e i premier europei – quello a cui verremmo eventualmente sottoposti a primavera, più che un vaccino, potrebbe rivelarsi, per i poveri cittadini, una sorta di roulette russa. Speriamo bene.