Diamante, le mani della ‘ndrangheta sul porto?

Le mani della ‘ndrangheta sul porto di Diamante?

E’ davvero strano che il procuratore capo della Repubblica di Paola Pierpaolo Bruni non apra un’inchiesta sul porto di Diamante. Strano (ma potrebbe anche esistere e noi non lo sappiamo ancora), perché è proprio nel suo ufficio di Catanzaro, quando lo stesso Bruni era pm della Dda, che il pentito di ‘ndrangheta Giovanni Battista Lombardo parlò di alcuni investimenti che il clan del crotonese voleva fare su Diamante rilevando il 50% di quote della società Icad Blu srl. Le rivelazioni vennero fuori nel 2017 e messe nero su bianco sul “Quotidiano del Sud” del 1° giugno 2017, con un articolo a firma di Antonio Anastasi.

Il giornalista scriveva che Lombardo voleva presentare un dossier ma che poi non lo ha fatto, ma che comunque qualcosa disse al pm Bruni della Dda. E parlò – è scritto testualmente nell’articolo – di “un’acquisizione di un fondo immobiliare a Roma per una spesa di sette milioni di euro, gestita dal punto di vista immobiliare dal dentista Pasquale Mauro, e riguardo un’operazione per la rilevazione del 50% della società proprietaria del porto di Diamante. Infatti fornì ai carabinieri un preliminare di cessione di quote di società stipulato nel 2011 dalla Omnia Domus con sede a Roma nell’appartamento in cui Mauro ha uno studio dentistico e amministrata per metà dallo stesso Lombardo. I fondi sarebbero stati messi a disposizione con l’intervento di un funzionario del Monte dei Paschi di Siena. Un’operazione di cinque milioni anche se il capitale sociale dell’omnia era di soli 10 mila euro. In ragione di ciò chiedevo rassicurazioni in termini economici ha precisato Lombardo che sarebbe stato tranquillizzato da Mauro”.

La nostra redazione è in grado di fornire questa prova, sui fondi concessi dal Monte dei Paschi di Siena, che consiste nella visura della camera di Commercio di Cosenza e che riguarda proprio la Diamante Blu srl, società attiva dal 20 marzo del 2000. A pag.51 fra i debiti tributari leggiamo che la MPS avrebbe effettivamente concesso un mutuo ipotecario di 5 milioni di euro a Graziano Santoro e che questi si impegnava a restituirli ad opera finita. Difatti è così scritto: ”Come richiesto dall’art.2427 c.1 n.6 nel prospetto che segue è indicato anche l’ammontare dei debiti di durata residua superiore a cinque anni. Nella determinazione della scadenza si è tenuto conto delle condizioni contrattuali e ove del caso della situazione di fatto. In relazione a quanto disposto dall’ultima parte del c.1 n.6 dell’art.2427 C.C. si segnala che il mutuo contratto con MPS di euro 5.000.000,00 è garantito da ipoteca  sul manufatto “ costruendo porto di Diamante “ in corso e che si consoliderà ad opera finita; tale debito attualmente è garantito personalmente dal socio Graziano Santoro per il 100% e in più l’istituto bancario ha voluto la garanzia dell’INVITALIA che ha garantito per il 33%. “

Vi risulta che un povero disgraziato che si stia costruendo una casa e non più in grado di proseguirne i lavori possa avere da una banca un prestito di questo tipo? Forse se si è massoni sì, forse se si è agganciati alla politica sì, forse se si conosce bene il governatore della propria regione sì ma nonostante tutto questo – a distanza di un anno – a Diamante non si è mosso niente e il concessionario Santoro della ICAD Blu continua a promettere l’avvio dei lavori, su un’area oramai diventata una discarica a cielo aperto.

Il sindaco Sollazzo

A prendere le distanze dal concessionario, non ci sono solo i militanti del variegato “Movimento popolare” sorto a novembre dell’anno scorso proprio per buttare fuori la ICAD Blu e puntare su un porto gestito dal Comune, ma soprattutto gran parte della maggioranza guidata dal sindaco Gaetano Sollazzo e dell’opposizione  guidata da Giuseppe Savarese e Giuseppe Pascale. Una svolta vera e propria che ha portato allo scoperto i fautori del concessionario e del suo mega porto privato.

Infatti a favore del concessionario restano i tre consiglieri del Pd eletti nella maggioranza e che si sono dimessi assieme all’altra minoranza di “Per una Diamante Migliore” guidata da Cauteruccio e Amoroso. Una spaccatura netta avvenuta proprio alla luce delle recenti prese di posizione del sindaco Sollazzo sulla questione porto, che vogliono che la Regione rescinda definitivamente il contratto con il concessionario oramai ampiamente in difficoltà economiche.

Tutti sanno che il farmacista Santoro ha difficoltà economiche e tutti sanno che è in corso un concordato fallimentare presso il Tribunale di Cosenza per un’esposizione di ben 23 milioni di euro. Come siano stati investiti tutti questi soldi da parte del farmacista Santoro non è dato sapere. Sicuramente si saprà quando sarà possibile accedere agli atti, richiesti dall’avvocato del “Movimento popolare”. Così come ancora non si sa quanto danaro sia stato speso per il finto inizio dei lavori al porto, durati si e no un anno e poi sospesi senza apparente motivo.

Il sindaco e la “nuova” maggioranza hanno messo in campo una serie di delibere che ha messo in difficoltà la stessa Regione ed il Rup in particolare, che recentemente si è visto costretto a dare un ultimatum al concessionario di 7 giorni, scaduti pochi giorni fa.

A dirigere la missione pro Santoro resta il senatore “don” Ernesto Magorno, che nell’ombra muove i fili dei suoi tre consiglieri e della familiare sezione. Cosa ci guadagni in tutto questo suo schieramento, nessuno nel paese lo capisce. Ha dimezzato il suo elettorato ed è stato eletto solo perché ripescato grazie ai voti della lista della Bonino. Forse spera di ritornare alla guida del suo paese puntando proprio sull’opera portuale, ma tutti sanno nel paese che è una battaglia persa.

Lo si è visto anche dalla scarsa  partecipazione al convegno organizzato dalla minoranza “Per una Diamante migliore”, nel quale allo stesso tavolo erano seduti il Graziano Santoro, il suo ingegnere Salatino e lo stesso senatore Magorno, coordinati da Antonio Cauteruccio capo della Diamante Migliore. A ricevere Santoro nessuno della maggioranza e nessun contraddittorio, anzi solo reverenza ad un concessionario oramai fallito. Resta lo sconcerto di come un appartenente alla commissione antimafia, e il senatore Magorno ancora lo è, possa sedersi allo stesso tavolo di un impresario che ha in corso un processo per fallimento. Ma di Magorno ormai non meraviglia più nulla.