Domenico Berardi, l’ala atipica che segna in Nazionale: non chiamatelo più Mbappé di Calabria

di Enrico Currò

Fonte: Repubblica

Scusate il ritardo

La maglia azzurra della Nazionale Domenico Berardi l’avrebbe potuta vestire ben prima del giugno 2018, quando Mancini lo fece debuttare in casa della Francia, nell’amichevole in cui gli azzurri esclusi dal Mondiale furono sparring-partner dei futuri campioni del mondo: lui omologo di Mbappé, che stava per andare in Russia da protagonista annunciato. Le ironie si sprecavano, sul ragazzo calabrese di Bocchigliero, il ragazzo della Sila, scoperto dal Sassuolo in un torneo di calcio a 5 a quasi 15 anni e solo perché era andato a trovare il fratello, che studiava a Modena. Si sprecavano le ironie sul ragazzo che ha preferito restare in provincia invece di andare alla Juventus. Che nel 2013 era stato punito dalla Figc e da Sacchi, coordinatore delle Under, per avere scelto di festeggiare la promozione in A invece di rispondere alla convocazione dell’Under 19. Che con Conte ct, nel 2015, si era infortunato dopo la prima chiamata a Coverciano.

Mbappé di Calabria

Ora le ironie non si sprecano più, anzi, anche se Berardi ha solo 11 presenze (e 5 gol) in Nazionale. E il paragone con l’aspirante Pallone d’oro Mbappé, pur restando al momento impossibile, sembra un po’ meno paradossale, visto che nel primo turno delle qualificazioni al Mondiale il gol del numero 11 ha spinto l’Italia verso la vittoria sull’Irlanda del Nord, mentre il gioiello del Psg non è riuscito a evitare il pareggio con l’Ucraina ed è stato sostituito da Deschamps. Al di là delle suggestioni e del fatto che sia inappropriato il suddetto paragone con Paolo Rossi, Cabrini e Schillaci lanciati in prossimità di un grande torneo, Berardi ha confermato talento, tecnica, intraprendenza e duttilità tattica. Quasi Mbappé di Calabria.

Le ali della tradizione

E’ un’ala atipica e decisamente moderna, come atipici e moderni, al tempo in cui giocavano, erano stati Causio, Bruno Conti e Donadoni: in questo rientra nella tradizione dei tornanti all’italiana, creativi e immarcabili, un prototipo perduto che adesso sembra tornare con lui e con Chiesa. Hanno caratteristiche diverse, anche se li accomuna il dribbling. Chiesa è più diretto e punta spesso il fondo, se gioca a destra, essendo appunto destro di piede. Berardi a destra è il classico mancino che rientra sul sinistro: da lì può tirare, crossare, dettare l’imbucata, aprire spazi per l’avanzata del terzino sul binario. Potrebbero perfino giocare insieme, all’occorrenza o in caso di emergenza se non ci fosse Insigne: uno su una fascia e l’altro sull’altra. Arricchiscono dunque il ventaglio delle alternative d’attacco, anche perché rispetto a Causio, Bruno Conti e Donadoni sono più attaccanti: vanno al tiro spesso.

Compatibile con Chiesa

Mancini può compiacersi della loro crescita, che è soprattutto fisica e tattica. I 4 mesi abbondanti di pausa della Nazionale non ne hanno arrugginito i meccanismi: quelli funzionano sempre, anche quando cambia qualche interprete, e la teoria dell’intercambiabilità, enunciata dal capitano Chiellini come massima risorsa della squadra, è abbastanza veritiera. Abbastanza, non completamente, perché Locatelli non è ancora la stessa cosa di Jorginho e tra Pellegrini e Barella esiste differenza nei tempi di inserimento, essendo l’interista un incursore dal passo diverso del romanista, un brevilineo più a suo agio nelle zone affollate del campo. Ma si tratta al momento di sfumature. In attesa del verosimile duello cruciale con la Svizzera per il primo posto nel girone di qualificazione al Mondiale – c’è tempo, la sfida d’andata è prevista per settembre, quella di ritorno per novembre – anche grazie alle numerose partite in calendario saranno in molti ad avere l’opportunità di inserirsi sempre meglio nel canovaccio tattico assimilato dal gruppo e di avvicinarsi al livello dei titolari.

Le similitudini con Riva

Quanto più in fretta ci riusciranno, tanto più trasformeranno la teoria di Chiellini nella risorsa che può garantire all’Italia un vantaggio non da tutti: superare le emergenze, che di sicuro non mancheranno, appunto grazie alla presenza in ogni ruolo di giocatori dello stesso valore, con lo stesso senso tattico e con la stessa voglia di rielaborare la tradizione. Berardi, numero 11, non può essere Gigi Riva. Nessuno lo può essere: li ha apparentati per ora soprattutto la scelta di restare in provincia, al Cagliari e al Sassuolo. Il resto della storia, in attesa del mercato, va scritto con i gol.