Gazzetta dello Sport: “Berardi come Dybala”

Sulla Gazzetta dello Sport si parla di Domenico Berardi, il Campione calabrese del Sassuolo. La straordinaria prova personale contro l’Empoli è stata esaltata anche dalla Rosea. Mimmo è entrato in campo nella mezz’ora finale e ha risolto la gara con due giocate pazzesche: prima il gol dell’1-1, poi il rigore procurato e trasformato al 94′.

“L’incidenza di Berardi in Serie A non è una novità. E allora ci si chiede se il suo rendimento sarebbe stato ugualmente positivo in un grande club e quale squadra avrebbe potuto sfruttarne meglio il potenziale”, scrive GB Olivero che ipotizza un Berardi perfetto per il Milan, per il 4-2-3-1 di Stefano Pioli, ma anche per il Napoli, nel 4-3-3 di Spalletti, al posto di uno tra Lozano e Politano. Probabilmente il 10 neroverde avrebbe potuto fare anche le fortune di Maurizio Sarri nella Lazio mentre nel 3-5-2 di Inzaghi all’Inter ma anche nella Roma di Mou e nella Juve di Allegri, vista la presenza di Dybala e Di Maria, l’incidenza forse sarebbe stata minore.

Ma come sarà ricordato Berardi? “Come un campione d’Europa, sicuramente, visto che ha trionfato con l’Italia a Wembley nel 2021. Come un giocatore dal sinistro meraviglioso: i gol (109 in Serie A) lo dimostrano ampiamente. Come un ragazzo particolare, che ama la sua routine e che solo un paio di volte in dieci stagioni di Serie A ha vacillato di fronte alla possibilità di lasciare la comfort zone emiliana per mettersi alla prova con una maglia pesante. Scelte di vita, si chiamano. E nel suo caso non c’è proprio alcun dubbio che sia così. Magari Berardi ha anche fatto i conti con qualche debolezza caratteriale: meglio dribblare le pressioni a volte artefatte che condizionano i giocatori nei top club e non perché Mimmo non sappia gestire la tensione, altrimenti sul dischetto a Wembley mica ci sarebbe andato, primo degli azzurri tra l’altro.

Ma vuole essere lui a decidere quale responsabilità portarsi addosso: quest’anno, ma anche in passato, quando il Sassuolo si è trovato in difficoltà, lui si è messo la squadra sulle spalle per traghettarla oltre il momento complicato. E poi c’è un altro aspetto: Berardi vuole stare sempre in campo, la concorrenza non gli piace perché gli toglie certezze e soprattutto l’allegria indispensabile per giocare a modo suo. E così, per l’undicesimo anno di fila (il primo fu in Serie B), indossa la maglia neroverde: l’unica differenza rispetto agli inizi è il numero 10 che ha sostituito il 25 a cui era molto affezionato”.

GB Olivero prosegue nella sua analisi e paragona Domenico a Paulo Dybala: “Ma conta davvero la maglia per valutare un calciatore? In parte sì, perché i grandi stadi e le aspettative maggiori hanno bocciato tanti elementi tecnicamente fortissimi fissando la differenza tra i campioni e gli ottimi giocatori. Vale la pena di fare un confronto interessante.

Berardi ha più o meno la stessa età e un numero molto simile di presenze e di gol in A di Paulo Dybala (lo ha raggiunto proprio ieri a quota 109 al 70° posto nella classifica dei marcatori di tutti i tempi, ndr), che però si è trovato ad affrontare pressioni maggiori e ha riempito le sue stagioni con gli incontri internazionali. La Joya, ovviamente con le sue caratteristiche, ha vestito i panni dell’erede di Del Piero prima e di Totti adesso, meritandosi gli applausi e l’amore dei tifosi sia alla Juve sia alla Roma: logico che anche questo incida nella valutazione.

Dybala e Berardi hanno realizzato un rigore nella finale più importante disputata dalle rispettive nazionali nell’ultimo periodo (per l’argentino il riferimento è ovviamente al Mondiale in Qatar). Dybala ha un talento più cristallino, è un po’ più istintivo e geniale nelle giocate e soprattutto nel dribbling stretto. Difficilmente, pur cambiando scenario, Berardi avrebbe raggiunto lo stesso livello, ma non è poi così lontano. Solo che a dilatare la distanza, almeno nel giudizio complessivo, sono pure il colore e il peso della maglietta.

Probabilmente anche i dirigenti e gli allenatori dei top club hanno qualche dubbio sull’adattabilità di Berardi a una realtà più impegnativa e competitiva. Se non fosse così, sarebbe pur arrivata a Giovanni Carnevali un’offerta irrinunciabile: l’a.d. del Sassuolo chiede tanti soldi per i suoi gioielli, ma non li trattiene. Evidentemente nessuno ha davvero voluto Berardi, almeno quanto Berardi non ha mai voluto andarsene da lì. Ed è anche bello che sia così: una storia diversa, in cui le ambizioni personali, la voglia di trofei e quella di un conto in banca più ricco sono passati in secondo piano. Una storia in cui magari il protagonista ha preferito non mettersi davvero alla prova, ma ha dato valore all’amore per il suo club e al suo stile di vita. Nessuno saprà mai cosa avrebbe potuto combinare davvero Berardi se avesse preso altre strade. Ma quello che ha fatto finora, e che potrà ancora fare a Sassuolo o altrove, resta comunque negli occhi”.