Giustizia nel caos: Bonafede o Malafede?

Anche noi, come milioni di elettori, avevano sperato che con l’arrivo dei 5 Stelle al Governo le cose in Italia cambiassero per il meglio. Specie in materia di Giustizia, soprattutto per il sud e in particolare in Calabria, dove, così come dicono le inchieste in corso della procura di Salerno, risultano indagati, a vario titolo, almeno 18 magistrati del distretto giudiziario di Catanzaro (Cosenza, Vibo, Crotone, Paola, Castrovillari, Lamezia Terme, Catanzaro).

Ma così purtroppo non è andata. Il vento del cambiamento non è mai arrivato in Calabria. Anzi, con l’arrivo di Bonafede al ministero della Giustizia, le cose sono peggiorate. Infatti, lo stesso, mentre si agita in giro per l’Italia vantandosi della sua inesistente lotta alla corruzione, giusto per darsi un tono da lottatore integerrimo, non ha mai proferito una sola parola sulla grave situazione in cui versa la Giustizia in Calabria. Si è sempre guardato bene dall’intervenire, nonostante fosse noto a tutta l’Italia dello scontro in atto tra il procuratore generale della Corte d’Appello di Catanzaro Lupacchini, oggi trasferito, e l’attuale procuratore capo della Dda di Catanzaro Gratteri.

Di più, Bonafede ha screditato anche i suoi colleghi di movimento che con una interrogazione parlamentare (firmata da 8 deputati calabresi dei 5 Stelle), chiedevano al loro ministro una ispezione ministeriale presso il tribunale di Cosenza, dopo che gli stessi deputati avevano inoltrato una decina di esposti con tanto di dettagliata documentazione su avvenuti episodi di corruzione tra la procura e l’amministrazione comunale targata Occhiuto, ricevendo una risposta dal ministro che dire assurda è dire poco: “ cari deputati ho chiesto al procuratore capo di Cosenza come vanno le cose presso il suo ufficio e lo stesso mi ha risposto che va tutto bene, perciò non c’è niente da ispezionare”. Fine delle comunicazioni. E poco importa se i suoi hanno presentato 12 esposti contro il malaffare a Cosenza.

In sostanza, i deputati 5 Stelle chiedevano al ministro 5 Stelle di “indagare” sui “singolari” rapporti tra il procuratore capo Spagnuolo, diversi pm, il sindaco Occhiuto e il suo capogabinetto Potestio, e Bonafede che pare essere in Malafede, che fa? Chiama il procuratore capo – ovvero colui il quale doveva essere, così come chiedevano i deputati 5Stelle, “l’indagato” – per chiedergli se nel suo ufficio ci sono corrotti o meno. Che equivale a chiedere a Messina Denaro se esiste la mafia. Roba da matti.

Ma non si fermano qui le coperture che Bonafede, nella veste di Malafede, ha gentilmente messo a disposizione della masso/mafia cosentina (tra le più potenti d’Italia) di cui fanno parte, evidentemente, i tanti magistrati indagati da Salerno. In meno di 24 ore ha firmato il trasferimento del procuratore capo Facciolla e quello del dottor Lupacchini, invisi agli amici degli amici, il tutto mentre in contemporanea firmava la grazia per Bossi. Delle centinaia di denunce che i calabresi hanno prodotto sulla corruzione della magistratura in Calabria, vedi il caso Petrini, a Bonafede che per tutto quello che riguarda la Calabria è in Malafede, non gliene frega niente. Anche lui, come tanti altri suoi predecessori, ha avuto l’ordine che Cosenza e i suoi poteri forti non si toccano, e così lui ha fatto. Senza un minimo di vergogna.

A sputtanarlo definitivamente un galantuomo: Nino Di Matteo, magistrato al di sopra di ogni sospetto che racconta: “Il ministro mi ha proposto quell’incarico, poi ci ha ripensato… io non ho mai fatto trattative con nessun politico né ho chiesto nulla ad alcun politico. Le cose sono andate diversamente. Venni raggiunto da una telefonata del ministro che mi chiese se ero disponibile ad accettare l’incarico di capo del Dap o in alternativa quello di direttore generale degli Affari penali, il posto che fu di Falcone” ed io – continua – chiesi 48 ore di tempo per dare una risposta. Nel frattempo alcune informazioni che il Gom della polizia penitenziaria aveva trasmesso alla procura antimafia e anche al Dap avevano descritto la reazione di importantissimi capimafia. Dicevano: se nominano Di Matteo per noi è la fine”. Di Matteo racconta ancora che: “andai a trovare il ministro dicendo che avevo deciso di accettare l’incarico al Dap, ma improvvisamente mi disse che ci aveva ripensato e nel frattempo avevano deciso di nominare il dottor Basentini. Mi chiese di accettare il posto di direttore generale del ministero, ma il giorno dopo gli dissi di non contare su di me. Ci aveva ripensato o forse qualcuno lo aveva indotto a ripensarci”.

Più chiaro di così si muore. Il problema, come dicono in tanti, non è capire il perché solo oggi Di Matteo se la “canta”, ma piuttosto capire con chi il ministro Malafede è obbligato a consultarsi prima di fare qualcosa. Da come sono andate le cose, una cosa è certa: i consiglieri occulti di Malafede sono personaggi ai quali non si può dire di no. Parola di Fefè. Alla faccia della lotta alla corruzione!