Governo. La “bomba” Forza Italia è pronta a esplodere: Meloni, incarico a rischio

(DI GIACOMO SALVINI – Il Fatto Quotidiano) – La distanza tra i due, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi, è tornata a essere anche fisica: il leader di Forza Italia è già tornato ad Arcore. Senza commentare le parole di venerdì sera di Meloni che, in risposta al bigliettino ripreso dalle telecamere in Senato (“lei è supponente, prepotente e arrogante”), aveva spiegato di “non essere ricattabile”. Un confronto durissimo su cui ieri è sceso il silenzio. E sono entrati in azione i mediatori di entrambi i partiti per far incontrare i due litiganti martedì. Tra cui Matteo Salvini, rimasto a Roma nel fine settimana: “Fra Giorgia e Silvio tornerà l’armonia”. Il leghista è in contatto con Berlusconi e nelle prossime ore potrebbe incontrare Meloni.

Il timing della prossima settimana, comunque, è già stabilito: le consultazioni al Quirinale inizieranno giovedì 20 e l’incarico a Meloni potrebbe arrivare il 21. Se la frattura con Berlusconi sarà ricomposta, la leader di FdI potrebbe sciogliere la riserva già sabato 22. E quel giorno, dunque, giurare. Tutto dipenderà però da Berlusconi che nelle ultime ore ha messo sul tavolo la minaccia di andare da solo alle consultazioni e non indicare il nome di Meloni come candidata premier: un’altra arma di ricatto. In questo caso, l’incarico esplorativo potrebbe essere dato proprio a Ignazio La Russa, in queste ore pontiere tra Berlusconi e Meloni. Alle consultazioni, la leader di FdI invece vorrebbe andare tutti insieme oppure, dicono nel partito, addirittura da sola con i capigruppo dei quattro partiti di centrodestra. In un fine settimana sospeso, però Forza Italia vive uno psicodramma interno: il partito è spaccato in due tra i “falchi” che vogliono la linea dura contro Meloni e le “colombe” che invece chiedono il dialogo. La prima ala – quella che ha portato alla rottura con Meloni e a non votare La Russa – è guidata da Licia Ronzulli (fuori dal governo e che diventerà capogruppo al Senato), Alberto Barachini, Alessandro Cattaneo, Gianfranco Miccichè e Paolo Zangrillo. Dall’altra parte ci sono Antonio Tajani, Paolo Barelli, Anna Maria Bernini e Francesco Battistoni. Nel mezzo Maurizio Gasparri. Una faida interna che si gioca anche sul tavolo delle trattative: le colombe stanno chiedendo a Berlusconi di togliere Ronzulli e i fedelissimi dai negoziati con Meloni. Scontro che si replicherà martedì al momento di scegliere i capigruppo: al Senato la prescelta è Ronzulli che, con quel ruolo, potrà continuare a mettere in difficoltà il governo.

La leader di Fratelli d’Italia sa della spaccatura e sta provando a dividere il partito aprendo un canale di comunicazione diretto con Tajani. Ma anche con la famiglia: nelle ultime ore Meloni ha sentito Marina Berlusconi, ma anche Gianni Letta, che stanno provando a convincere il capo a scendere a patti. Di diverso avviso Fedele Confalonieri che sta con Ronzulli sulla “linea dura”, tanto più che Meloni non è disposta a cedere sulla delega all’editoria o sul Mise che permetterebbe di avere il controllo sulle aziende di famiglia. Nel frattempo, però, in FdI si lavora anche a un “piano B” con la quarta gamba centrista della coalizione composta da 3 senatori e 8 deputati (ne mancano 3 al Senato per formare un gruppo) per disinnescare la “mina” Forza Italia. Per dimostrare, dice un dirigente di FdI, “che i voti li abbiamo con o senza Berlusconi”. Si parla anche di trattative in corso per accogliere i berlusconiani direttamente dentro FdI.

Dall’altra parte della barricata si tiene la linea dura. Meloni non è disposta a fare mezzo passo indietro. E prepara le sue condizioni a Berlusconi: in primis che quest’ultimo chieda scusa per aver “violato gli accordi” nel centrodestra, poi il “no” a Giustizia e Sviluppo economico e la lealtà all’interno della coalizione. Poi dirà al leader di FI che i ministri li sceglierà lei, ma Berlusconi potrà fornirle una rosa. Altrimenti, dice Meloni ai suoi, “si torna al voto”. Se Berlusconi dovesse accettare, la strada sarà in discesa: non ci dovrebbe essere un veto sui senatori di FI che non hanno votato La Russa e i nomi in pole sono Tajani agli Esteri, Bernini all’Università, Casellati alla Funzione Pubblica e Pichetto Fratin. Ieri intanto Meloni si è scontrata con Enrico Letta: il segretario del Pd, dal congresso del Pse a Berlino, ha detto che l’elezione dei due presidenti delle Camere è avvenuta con “logica perversa e incendiaria”. “Parole gravissime – ha risposto Meloni – un danno all’Italia”. In serata la controreplica di Letta: “Non spetta alla maggioranza scegliere cosa può dire l’opposizione”.