Gratteri: per chiudere una indagine antimafia bastano 2 anni, ma non per Cosenza

Dopo averci sfracomato la guallera con la solita tiritera sulle droghe leggere che denota sempre più l’ignoranza di Gratteri in materia, eccolo vestirsi di nuovo da paladino della Giustizia e, davanti alla commissione antimafia, dall’alto della sua presunzione sentenzia: per chiudere una indagine di mafia bastano due anni.

Ovviamente Gratteri con questa affermazione si riferisce ai colleghi delle altre procure che potrebbero chiudere le inchieste, avendo tutto quello che serve (uomini e mezzi) per giungere a questo risultato, ed invece se la prendono comoda. Un termine, quello dei due anni, che vale per tutti, tranne che per il suo ufficio che, come si sa, non può attenersi a questo parametro per via della solita solfa sulla carenza di organico.

I rinforzi tanto richiesti da Gratteri al Ministro non arriveranno prima di novembre, e fino ad allora le difficoltà a portare avanti le inchieste sono all’ordine del giorno. Entro novembre i pm della DDA di Catanzaro, passeranno da 6 a 12. Un salto in avanti che non soddisfa, ma pone rimedio ad una situazione oggettivamente tragica.

Una soluzione che non soddisfa ma che offre a Gratteri la giusta scusa per divincolarsi dalle responsabilità che stanno in capo al suo ufficio: non aver fatto un bel niente su scottanti inchieste antimafia a Cosenza. E di anni qui ne sono passati tanti.

L’inchiesta sul voto di scambio politico/mafioso a Cosenza, come si sa, va avanti oramai da tanto tempo. Il primo verbale “evaso” dagli uffici della DDA di Catanzaro risale a gennaio del 2015, le famose cantate di Adolfo Foggetti. Che già cantava da almeno sei mesi prima. Da allora sono passati quasi tre anni, ma di risultati neanche l’ombra. Giova ricordare che sulle stesse dichiarazioni di Foggetti sono stati istruiti altri processi, “Sistema Rende” e la richiesta d’arresto per Orlandino Greco e Aldo Figliuzzi. Ma per quel che riguarda la chiamata in causa, o meglio in correità, dei politici cosentini Manna, Occhiuto, Paolini, non si muove nulla. Quello che vale per gli altri non vale per loro.

Qualcuno potrebbe dire: Gratteri si è insediato da poco e le inchieste sono tante, ci vuole tempo, lasciamolo lavorare. Ma non è così, perché esiste all’interno di ogni procura un elenco delle “priorità”.  Bisogna dare seguito a ciò che è più pericoloso per i cittadini, e la ‘ndrangheta politica e la corruzione sono il male assoluto. Più priorità di questo non c’è.  Del resto Gratteri ha  “recuperato” inchieste come quella del Cara di Crotone, che giacevano nei cassetti della procura da più di 10 anni, e nell’arco di pochi mesi è riuscito a terminarla. Mentre per le inchieste su Cosenza pare che tutta questa priorità non ci sia. C’è stata per Rende e Castrolibero ma non per Cosenza. Chissà quale sarà il criterio adottato.

Per me è chiaro che Gratteri promuove le inchieste che più gli fanno comodo. Siccome doveva andare all’Osce a parlare di migrazioni ha preferito dare priorità all’inchiesta sul Cara, per spacciarsi poi come esperto in materia.

Arrestare politici corrotti non gli conviene per i motivi che andiamo dicendo da tempo: inficerebbe la sua corsa ad occupare un posto politico di rilievo. Dunque nessuna priorità o urgenza sulla presenza mafiosa nelle istituzioni a Cosenza. Questo problema può aspettare, ci sono cose più importanti da fare. Quali sono queste cose più importanti è presto detto: tutto quello che può fare immagine per lui e che non si riferisca alla corruzione o alla collusione, reati di cui Gratteri non parla mai. Ora bisogna parlare solo di droga e migranti, argomenti necessari al suo percorso politico. E a Cosenza scordatevi ogni possibilità di vedere trionfare la Giustizia, perché per Gratteri questa non è la sua priorità.

Quanto appena detto non è una opinione, ma un dato oggettivo che, per chi ha voglia di guardare le cose con obiettività e senso critico, non si può più nascondere. Cosenza non si tocca perché troppe sono le persone delle istituzioni legate al malaffare, e Gratteri che fa il forte con i deboli, non ha le palle per usare la stessa forza con i forti: magistrati corrotti, servitori dello stato infedeli, e politici collusi. E’ questa la sacrosanta verità. E i fatti parlano chiaro.

Tutto questo mentre la DNA (Direzione Nazionale Antimafia, che sarebbe il capo di Gratteri) lancia un preciso allarme: “c’è particolare preoccupazione per l’attivismo dei clan calabresi nella gestione delle grandi opere. Un anno di indagini ha fornito importantissimi elementi per riflettere su una ‘ndrangheta in grado di condizionare l’economia e la politica, non con la violenza, ma utilizzando in modo sistematico la fitta rete di rapporti creati e consolidatisi nel tempo divenendo, essa stessa, classe dirigente ed imprenditoriale”.

Esattamente quello che è successo a Cosenza, qualcuno, se può, lo dica a Gratteri.