Gratteri, Renzi e la fuga di notizie: “galeotto” fu il “Costanzo Show”

Un vecchio adagio recita che tutte le strade portano a Roma. Nel nostro caso non solo nella Capitale ma alla madre di tutte le inchieste sulla massomafia ovvero il caso Consip.

Era luglio del 2017 quando uscì fuori la clamorosa fuga di notizie riguardante la procura di Catanzaro e Nicola Gratteri, che pare stesse indagando sugli amici di Babbo Renzi e su un massone calabrese in particolare ovvero Rocco Borgia. A poco è servita la sua infuriata smentita. Una notizia smentita, si sa, altro non è che una notizia data due volte.

E il rapporto tra Gratteri e Renzi comincia a diventare fin troppo imbarazzante per entrambi, dalla celeberrima commissione che non sfociò nell’auspicato ministero all’ultima apparizione insieme, con tanto di selfie, al Maurizio Costanzo Show il 25 maggio 2017. E in quell’occasione Renzi, proprio davanti a Gratteri, ha lanciato un nuovo affondo sul caso Consip.

“Non ho alcun dubbio sulla onestà di mio padre ma ho detto che se verrà giudicato colpevole è giusto che paghi di più”, ha detto Renzi, aggiungendo che naturalmente “è una provocazione, perché la legge è uguale per tutti. Dopo di che la cosa incredibile è che io vorrei capire se è vero o no che qualcuno ha fabbricato prove false. Io aspetto da un momento all’altro, e tutti i giorni lo ribadirò con forza, che voglio la verità. Voglio che sia fatta luce“.

L’allora segretario del Pd era convinto che le intercettazioni andassero regolate: “Il dottor Gratteri fece una buona proposta che purtroppo non siamo stati in grado” di fare approvare. “Io ho molta stima del procuratore Gratteri, ma apprezzo che si arrivi a sentenza e non tutti lo fanno. Nella vicenda che riguarda mio padre c’è una dimensione umana. Ma voglio la verità su questa vicenda perché ci sono troppe cose poco chiare”. Poi Renzi ci scherza su: “Mamma, babbo volevo dirvi che nel febbraio del ’93 ho fatto forca a scuola. Lo dico pubblicamente, prima che esca una intercettazione sui giornali”.

Noi non sappiamo se Gratteri, in quelle ore, ha pensato a quelle dichiarazioni di Matteo Renzi, delle quali è stato addirittura testimone, ma non c’è dubbio che non ha mai dimostrato da dove arrivavano queste fughe di notizie che lo colpivano già allora direttamente.

Il resto è storia di ieri. Nel corso della sua deposizione, Gennaro Vecchione, direttore del Dipartimento per le informazioni e la sicurezza, ha detto che il tramite con Renzi per incontrare l’agente segreto Marco Mancini nell’autogrill di Fiano Romano è stato proprio il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri.
È il magistrato a chiamare Renzi (con cui ha un rapporto di confidenza dai tempi in cui lo aveva immaginato ministro di giustizia) pregandolo di incontrare Mancini che, evidentemente, in quella vigilia di Natale, comincia a sentire puzza di morto a Palazzo Chigi e ritiene utile un appoggio per la nomina anche da chi ha di fatto aperto la crisi di governo mettendo in mora Conte.
Il clima si fa sempre più incandescente.