Hanno inventato i no vax vaccinati (con due dosi)

(Maurizio Belpietro – laverita.info) – Molti plaudono all’introduzione dell’obbligo vaccinale dai 50 anni in su, convinti che la legge riguardi la minoranza che finora ha rifiutato l’iniezione. In realtà non sanno che il provvedimento riguarda anche coloro che sono già stati inoculati con doppia e, in futuro, anche tripla dose. Infatti, il decreto approvato dal governo e pubblicato ieri notte, non fissa un limite all’obbligo di offrire il braccio alla patria. Non dice che gli italiani sono considerati renitenti al vaccino se non si sono sottoposti alla prima e alla seconda puntura. Spiega che dal primo febbraio sono passibili di multa tutti coloro che non «abbiano effettuato la dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario entro i termini di validità delle certificazioni verdi Covid-19». In pratica, con un colpo di mano, il governo mette fuori legge 25 milioni di italiani che non si sono precipitati a fare la terza dose, minacciandoli di sanzione se non si affretteranno a prenotare l’iniezione. Detto in poche parole, nel mirino di Roberto Speranza e compagni non ci sono solo gli irriducibili che non hanno ancora ceduto all’inoculazione, ma tutti quelli che non hanno fatto il booster.

La sorpresa, che già lascia basiti in quanto fino a ieri le persone che avevano ricevuto due dosi non erano certo trattate alla stregua dei no vax, non è finita. Considerando il fatto che sono sempre di più gli italiani che hanno ricevuto la terza dose, ma risultano positivi alla variante Omicron, tra un po’ l’esecutivo potrebbe decidere che anche chi non si sia sottoposto a una quarta iniezione debba essere multato e sospeso dal lavoro. Già, perché una volta che si sono forzati i diritti delle persone, è un gioco stabilire se ci si debba fermare alla seconda, alla terza, alla quarta o alla quinta iniezione. Chi decide infatti qual è la dose giusta da iniettare? Chi difende il diritto sancito dall’articolo 32 della Costituzione? Se si sono chiusi gli occhi di fronte alle prime violazioni, è assai probabile che si possano chiudere anche dinanzi a quelle successive. Se si può obbligare qualcuno a vaccinarsi, minacciandolo di privarlo dello stipendio, del diritto a utilizzare i mezzi pubblici, di accedere ad alcuni esercizi e perfino di vivere una vita normale, considerandolo niente di meno che un untore, cioè un pericolo per la salute pubblica anche se non ha alcun sintomo, domani si potrà fare altrettanto sul presupposto che una persona non si è sottoposta al numero di iniezioni stabilito dalla suprema autorità.

Forse a qualche lettore il mio discorso parrà provocatorio e portato alle estreme conseguenze. In realtà così non è, prova ne sia che, tra poche settimane, chi non si sarà sottoposto alla terza dose rischierà non soltanto la multa, ma soprattutto di vedersi privato da una serie di diritti, costretto a compensare la mancanza della terza dose con un
tampone, ovviamente a sue spese. Tutto ciò, lo ricordo, riguarderà 25 milioni di italiani a cui dobbiamo sommare circa 6 milioni di cosiddetti no vax. In pratica, la metà della popolazione o si affretta a correre ai centri vaccinali o dal primo febbraio è considerata fuori legge, passibile di sanzione e di limitazioni.

Non so se tutto ciò sia chiaro a chi ha applaudito all’obbligo vaccinale. Nemmeno sono a conoscenza se questa escalation di privazione delle libertà di scelta degli individui sia stata compresa da chi si ritiene al sicuro in quanto si è sottoposto alla terza dose. Come ormai è evidente a chiunque voglia vedere il fenomeno, non è vero che non c’è due senza tre: non c’è tre senza quattro e forse cinque, perché i vaccini perdono via via efficacia e quindi è necessaria una rincorsa continua, la cui utilità pare dubbia. Nei giorni scorsi vi abbiamo raccontato quanto accaduto a Massimo Galli. Il virologo star della tv, sempre pronto a dispensare opinioni dall’alto della sua cattedra, nonostante la terza dose è stato contagiato dal Covid e se l’è vista brutta. Checché ne dica ora, se non fosse stato esperto di infezioni, pratico di ospedali e terapie, se cioè fosse stato un Massimo Galli qualunque, nonostante la terza dose sarebbe stato condannato a curarsi con tachipirina e vigile attesa, come il 99,9% degli italiani, molti dei quali proprio per aver atteso una guarigione che non c’è stata sono finiti in terapia intensiva se non al camposanto. Nel caso di Galli il professore, invece si è praticata subito una cura con le monoclonali e questo ha risolto il caso, evitando peggioramenti. Vi chiedete che cosa voglio dire? Che l’obbligo non salva dal contagio e nemmeno dal peggioramento dalle condizioni di chi è contagiato. I vaccini aiutano, ma non sono in grado di fermare i contagi e serve aumentare le terapie per evitare che la malattia peggiori.

La prova di tutto ciò è data dall’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di sanità. Nel mese di dicembre, su oltre 1 milione di contagiati, 251.000 erano non vaccinati, 850.000 avevano ricevuto in gran parte almeno due dosi, se non tre. A proposito di ospedalizzazioni, il rapporto vede una leggera prevalenza di vaccinati, mentre la maggioranza di persone che finisce in terapia intensiva non si è vaccinata. Il 65%, infatti, non si è sottoposto neppure alla prima iniezione, mentre il 35 è vaccinato. Questo dimostra alcune cose. La prima è che è falso parlare di epidemia di non vaccinati, a meno che 850.000 italiani siano invisibili. La seconda è che chi non ha fatto l’iniezione rischia molto di più, ma questo non significa che chi ne ha fatta una, due o tre possa sentirsi al sicuro. Massimo Galli insegna. O per lo meno: lui insegna poco, la sua esperienza di più.