Il Tribunale di Cosenza assolve Trinni: non minacciò Occhiuto

Un vecchio adagio dice che il tempo è galantuomo.

Il sindaco Mario Occhiuto non perde mai occasione di sbandierare, anche in campagna elettorale, di aver risolto il problema delle cooperative sociali a Cosenza. E addirittura di aver eliminato i condizionamenti mafiosi.

Ma il tempo, che è sempre galantuomo, gli sta dando torto continuamente.

E’ di qualche ora fa la sentenza del Tribunale di Cosenza che ha assolto con formula piena Ivan Trinni dall’accusa di minacce nei confronti di Occhiuto. E’ stata la dottoressa Pingitore a pronunciare il dispositivo di assoluzione ma era stato già il pubblico ministero a ridimensionare categoricamente la portata della denuncia di Occhiuto.

Un procedimento giudiziario risalente a fatti avvenuti alla fine del 2014 e che sono stati rispolverati dallo stesso Occhiuto in una trasmissione televisiva.

Pizzicato dall’avvocato Paolini sulle 61 determine in una notte firmate dai suoi sciacquini del quarto piano, il cazzaro tirava fuori uno dei suoi cavalli di battaglia: la presunta rifondazione delle cooperative sociali e, udite udite, la presenza di “pregiudicati di Paolini” a quegli stessi dibattiti televisivi.

Occhiuto si riferiva proprio a Ivan Trinni, suo storico rivale, che ha fatto capolino nel secondo dibattito tra il pubblico che sosteneva Paolini. E via con la storia delle minacce che avrebbe subito dal Trinni.

Oggi anche questa manovra di bassa lega di Occhiuto viene smascherata per quello che è: una colossale menzogna. Che non gli ha impedito per tutto questo tempo di usufruire di una scorta di nove unità. Cose da pazzi.

Solo qualche mese fa, a novembre, tanto per completare il quadro, il Tribunale di Cosenza ha assolto tutti gli imputati dal cosiddetto “processo delle cooperative”. Sia Ivan Trinni e Domenico Plateroti che i dipendenti comunali Mario Massaro e Luigi Sicoli. Le ipotesi di reato contestate, a vario titolo, erano di falso, corruzione e tentata estorsione. Sono crollate tutte, una per una. O meglio: non ce n’era una ritenuta fondata.

Il loro grande accusatore era stato il sindaco in persona. Voleva dimostrare di essere vittima mentre in realtà aveva già gestito e voleva gestire lui la situazione accordandosi con uno dei clan e calandoci anche il “carico” degli arresti. Un piano per certi versi diabolico. Del quale torneremo a parlare quando arriverà alla conclusione l’inchiesta della Dda di Catanzaro su mafia e politica a Cosenza.

Una sorta di divisione dei lavoratori delle cooperative in buoni e cattivi. I cattivi in carcere o, nella migliore delle ipotesi, defenestrati da presidenti e declassati a soci con stipendio dimezzato. I buoni a braccetto di coloro che venivano chiamati già da allora “lecchini del sindaco”. Uno spettacolo indecoroso, sfociato poi nel pestaggio di Ivan Trinni, oggi assolto a più riprese, sul quale bisognerà urgentemente fare chiarezza.

Mentre mandava a picchiare Trinni, il sindaco aveva anche la scorta appresso. Paradossi assurdi che solo a Cosenza possono trovare realizzazione. La scorta, semmai, dovevano darla a Trinni. E tanto per ricordare il tormentone di qualche settimana fa, continuiamo a pensare che tra Occhiuto e Trinni il vero “delinquente” è proprio il sindaco. E più giorni passano, più tasselli si aggiungono a questa sacrosanta verità.