La povera Italia dei media, della politica e dell’economia ai tempi del coronavirus

L’ITALIA DEI MEDIA, DELLA POLITICA E DELL’ECONOMIA AI TEMPI DEL COVIS-19

François-Marie Arouet, detto Voltaire: “Chi riesce a farvi credere cose assurde può anche farvi commettere cose atroci”, 1730 d.c.
Ho deciso di fidarmi di loro: Maria Rita Gismondo, direttrice responsabile per la Microbiologia Clinica, la virologia e la Diagnosi di Bioemergenza, laboratorio dell’Ospedale Sacco di Milano (dove si studia e si cura il COVID-19): “Covid-19 è un’infezione leggermente più grave di un’influenza, non è una pandemia letale. Non è così. Basta guardare i numeri”.

Walter Ricciardi, OMS: “Dobbiamo ridurre l’emergenza, prestare attenzione alla falsa notizia. su 100 infetti, 80 guariscono se stessi, 15 hanno problemi e sono curati in ospedale, e il 5% è grave: una piccola percentuale muore: anziani, con gravi malattie preesistenti”

Non mi fido di una parte del mio paese: quella pletora di loschi figuri, vampiri dell’informazione che affondano i denti nel web e sui media, per un like in più, per un punto di share, per una copia extra del nuovo libro, per spiccioli di notorietà e denaro; c’è un branco di sciacalli dell’emergenza, una turba di personaggi senza scrupolo, che lucra e si arricchisce sullo sgomento della gente, e sulle fake news, spesso da essi stessi prodotte. E c’è un paese poi, razionale e composto, uno sparuto gruppo di responsabili e competenti, che opera nel “OFFweb”, lontano dalla luce dai riflettori, delle webcam, delle telecamere, degli studi TV; ed un’economia silente e non rassegnata, che arranca e si dispera inerme, un coacervo virtuoso di piccole aziende, di commercianti, di operatori economici rimasti tuttavia deboli ed indifesi davanti al proliferare di definizioni, espressioni, sentenze ed azioni incoscienti, meschine e maramalde.

Il covid-19, ai tempi di twitter, di facebook, della “verità” in bocca a chiunque, degli show/piagnisdei televisivi, rilancia il business dell’effimero, dell’ignoranza, della paura, dell’ansia, a scapito dell’economia produttiva, laboriosa e virtuosa, della società consapevole e razionale, del vivere di fatti e non di parole.
Le notizie sul virus, sugli effetti dello stesso, sugli scenari apocalittici, provengono per lo più da fonti incontrollate e incompetenti, mentre chi pacato e competente, agisce per trovare soluzioni al problema, per rasserenare la gente, per placare tensioni, sugli stessi mezzi, viene deriso e sbeffeggiato.

Cameriere di Portici, pescatori di Caltanissetta, autisti di Cosenza, imbianchini di Saronno, calzolai di Nichelino, assurgono a scienziati della virologia mondiale e sentenziano quotidianamente, e ossessivamente sull’argomento via social ed in tv, sui giornali, dappertutto come fossero pubblicazioni di Lancet o Scientific American: con pieno diritto, per carità, ma senza controllo, in vigenza di libertà di parola e di pensiero: siamo sotto “dittatura dei social”, come nella definizione di Sacha Baron Cohen?

La responsabilità oggettiva e delle conseguenze di tutto ciò, non ricade solo su di essi, ma anche e forse ancor più, sulle migliaia e migliaia di cosidetti “followers” (le pantegane del pifferaio magico di Hamelin – curioso che anche in questa leggenda, il problema sia un virus, quello della peste), di pari livello socio-culturale, a volte teoricamente superiori, le cui sinapsi ormai atrofizzate da tastiere, cinguettii, meme e retweet, masticano, ingurgitano e rivomitano pedissequamente, con ulteriore disgustoso effetto, ogni sciocchezza riportata, come verità ineluttabile. E tutto per “un like” in più, per una citazione, per un meme, per un emoticon; e per qualche centesimo di pubblicità che li fa sentire “influencer” (una volta si chiamavano “manipolatori” dei comportamenti e delle coscienze altrui, cambia il termine, resta la sostanza) di qualcuno. Obiettivo che muove anche menti più raffinate e quindi più pericolose, e questo è il peggio: oltre ai professionisti della domenica del “mi piace”, emergono i guru dell’audience, i leader degli share mediatici, i profeti della comparsata TV.

Non si parla d’altro, dappertutto: un popolo a bocca aperta e cervello monotematico ed a senso unico. Non esistono altri argomenti da settimane, una lobotomizzazione ormai difficilmente arrestabile e riparabile.
Risultato? Azioni inconsulte, paradossi e contraddizioni. Donne inferocite contro connazionali (perbene e abbienti, che portano benessere e non malattie) in vacanza nella loro isola; mamme furibonde con i presidi che non chiudono le scuole (a 1000km dai focolai, e che non portano i figli a scuola, ma … come si fa a non portare il figlio in maschera al centro commerciale per la sfilata di carnevale?); scaffali dei negozi vuoti come fosse in arrivo l’apocalisse (ma i ristoranti aperti); farmacie, ed addirittura ferramenta, prese d’assalto per mascherine da 30 centesimi, del tutto inutili, vendute 100 volte tanto; strade vuote e negozi in cui ormai il rumore dei registratori di cassa, lascia il passo all’eco del vuoto; stadi sportivi senza pubblico (ma centri commerciali e sale Bingo, al coperto, aperti).

Uno scenario e situazioni razionalmente inimmaginabili e del tutto inspiegabili.
E così, anche lo zapping tv diventa inutile disperato esercizio di ricerca del vero: ma cambiar canale e trasmissione (non solo su canali nazionali, ma anche nelle piccole TV di borgata) è come guardare il monoscopio RAI di 50 anni fa: immobile ed immutabile. Sempre le stesse facce da twistar del web e rockstar dell’etere, o perfetti sconosciuti ai più, autonominarsi esperti della materia, ma per nulla “economicamente” indifferenti ai cachet delle ospitate tv, al riverbero mediatico del loro prossimo libro, al circolo virtuoso di altre ospitate.

Menti illuminate sempre prodighe di previsioni e scenari apocalittici; soubrettes di mezza età, con diploma di scuola serale, assurgono ad esperte della materia, davanti a lampade e luci che le rendono brillanti e vivide come apparizioni della Madonna, e pertanto assolutamente ancor più credibili, imboniscono il pubblico, ed orientano le opinioni degli astanti e degli (imbambolati) spettatori spiaggiati sui loro comodi divani davanti alle nuove smarTV, da cui possono seguire in pantofole e pigiama anche istagram e twitter, verso prospettive drammatiche ma inconsistenti, che fanno sempre più audience (e gonfiano i cachet).

Sulla stessa faccia della medaglia, gli speculatori professionali del terrore: informatori scientifici che gongolano accanto al mio tavolo al ristorante, per il copioso riordino delle scorte di mascherine e medicinali, venduti a prezzi da day after. E gli interessi superiori, quelli delle multinazionali della salute, del trasporto a domicilio, i rapaci della finanza, e anche e non marginali, i maghi delle strategie geopolitiche internazionali.

Molto del successo dell’Italia, in ambito internazionale, e in ogni settore dell’economia, si basa sulla reputazione, sull’immagine di costruita in secoli di arte, inventiva, accoglienza, cultura: esattamente il patrimonio che in poche settimane l’Italia non ha saputo salvaguardare, anzi rischia di dilapidare, mentre molti all’estero, di questa sequenza di inspiegabile sequela di azioni autolesioniste, ne hanno approfittato.

Il filosofo Galimberti (azz, un’altro intellettuale), analizza le reazioni della società all’evento, distinguendo fra ansia (non c’è un “nemico” definito, quindi le reazioni sono inconsulte) e paura (il nemico è noto, e pertanto lo si tiene alla larga): ebbene, paesi come l’Azerbaijan, la Bulgaria, il Marocco, il Kuwait, la Giordania, le Seychelles, Mauritius, l’Iraq, El Salvador ed altri, chiudendo aeroporti e comunicazioni, “hanno definito” ed indicato al mondo il nemico: l’Italia.

Per vincere la paura, basta evitare il nemico. Ed anche in questo caso, la “contaminazione”, letale più del virus stesso, partita da questi paesi (che poco hanno da spartire con l’Italia in termini di competenze sanitarie, cultura e socialità, apertura sociale) pervade il resto del mondo, altri paesi, altri popoli, altra gente per la quale pur non essendoci specifiche indicazioni e limitazioni, il “nemico” diventa l’Italia, di cui si ha paura, e gli Italiani, ormai alla stregua degli appestati di Manzoniana memoria (anche in questo caso, una legge del taglione, quasi una punizione divina, per quegli italioti anche “illustri”, che hanno lucrato consensi sulla paura del diverso, del potenziale untore venuto dal mare, del disgraziato).

Appare peraltro quanto meno sospetto il fatto che nel resto d’Europa non vi siano contagi, o così pochi e tutti provenienti dall’Italia. Che non vi siano limitazioni di alcun genere ai movimenti di persone: solidarietà europea o puro e semplice calcolo opportunistico? Grande circospezione e competenza comunicativa, o logica del trarre vantaggio della già avvenuta indicazione del nemico, cioè l’Italia?

E se il virus fosse già presente anche altrove, ma fosse gestito e trattato con “discrezione”, solo come una forte influenza che non merita pagine di giornali, misure da guerra nucleare, ore di dibattiti tv, che depotenzierebbero la percezione di paesi sicuri e la loro reputazione? Immaginare la efficiente e sobria Germania, dover fare i conti con il pubblico ludibrio, con il bando internazionale, ai margini del mondo, come ora l’Italia, è pura fantasia. Una delle prime potenze mondiali al tracollo, trascinerebbe non solo l’Europa, ma mezzo mondo nell’abisso della recessione.

Pertanto, in puro stile teutonico, con saggezza e moderatezza, gestione giudiziosa dell’emergenza, lassù i politici parlano di politica e non di medicina e biologia, le showgirls televisive si occupano di gossip e non di presìdi sanitari, i medici stanno in camice bianco in corsia e non in doppiopetto negli studi tv in prima serata. Mentre agli Italiani è proibito visitare addirittura l’India, paese dove notoriamente, le pratiche igienico sanitarie, non sono certamente tra le best practices mondiali.

E’ certo che a Monaco di Baviera sono stati individuati ed isolati casi di contagio, e messi in quarantena. In silenzio. E’ certo che aziende tedesche hanno imposto ai loro dipendenti italiani di non rientrare in Italia nei prossimi 15 giorni. In silenzio. Nessun giornale, nessun social, ne ha parlato, e nessun politico tedesco ha avuto la brillante idea di spifferare con orgoglio tali notizie al mondo, nessuna showgirl ha fatto uno speciale pomeridiano in TV sull’argomento, nessun giornalista ha organizzato estenuanti maratone TV, nessuna casalinga di Monschau (l’equivalente di Voghera) ha twittato sapienti trattati di virologia o pratiche sanitarie sui social. Non mi risulta vi sia un regime totalitario in Germania, piuttosto serietà e compostezza, senso civico e misura delle azioni e delle reazioni.

In Italia no, non ce la facciamo proprio: leaders di associazioni di categoria con la quinra elementare ed italiano stentato, ma ricolmi di fard e 24ore in pitone, snocciolano via etere ed in posa su ogni giornale, consigli e suggerimenti su come fronteggiare la peste del 2020; un premier che si mostra in tv di domenica preoccupato e sudato, in giro per tendopoli come in guerra come fossero lazzaretti, alimentando la sensazione di essere in guerra; un ministero che affida l’onere della comunicazione istituzionale a reti unificate, ad un quizzarolo TV goffo e fallace; leader politici che lanciano strali e assurgono a Nobel della medicina, come sciacalli per un voto in più. E tavoli. Tanti tavoli, concertazioni, riunioni, meetings, consessi, e ancora tavoli. I tavoli dei politici del resto, è notorio che sono sempre apparecchiati. Un guru del management tempo addietro sosteneva che se un manager non sa o non ha nulla da fare, indice una riunione.

Ecco, la governance nazionale in questo periodo, non fa altro che riunioni su tavoli. E poi si alzano dal tavolo, accendono lo smartphone, e twittano e rilanciano invettive e strali contro tutto (avversari politici) e tutti (i “diversi”), o si producono in assordanti silenzi. Sino a ieri imperversanti su ogni media, da settimane tali soggetti sono totalmente scomparsi perché non sanno cosa dire (Ministero degli Esteri), o cosa fare (Ministero del Turismo). Al contrario dei nostri prodi e valorosi guerrieri da tastiera, i colleghi confinanti gestiscono il caso, l’informazione, i rapporti internazionali con una nonchalance che lascia allibiti, per le modalità, e per i risultati.

Nessun extraeuropeo, per lavoro o turismo, eviterebbe un viaggio in Germania o in Spagna, o in Grecia o in Gran Bretagna. In questi giorni a Berlino si svolge la ITB, la Fiera del Turismo: 180.000 visitatori tra cui 108.000 operatori dal mondo del turismo e 10.000 espositori da 180 paesi, la maggiore fiera e mercato d’affari dell’industria del turismo. Non si sono minimamente sognati di annullarla: in Italia abbiamo inibito lo svolgimento delle partite di calcio (all’aperto) dei campionati minori, che mediamente contano fra i 100 ed i 200 spettatori; la settimana della moda a Milano senza buyers; il salone del Mobile rinviato a giugno; messo in atto il carnevalis interruptus in tutta Italia; sagre e fiere di paese cancellate; abbiamo sospeso l’economia del Paese!!

Ma chi crede realmente che nel resto d’Europa (oltre che USA, Russia, India, Africa, etc), non vi siano casi di contagio ed epidemia, e forse con incidenza maggiore, viste le dimensioni e le più pervasive mescolanze etniche, e in qualche posto, le pessime condizioni sociosanitarie? Ma tant’è, in Italia l’autolesionismo e il masochismo di Stato, e l’idiosincrasia ad affrontare con raziocinio i problemi per risolverli adeguatamente, è pratica quotidiana.

Nel mentre, l’economia “del fare”, seria e silenziosa, che non va sui giornali ma arranca e lavora quotidianamente, ed alcuni comparti in particolare come il Turismo, che creano e sostengono posti di lavoro e quasi il 15% del PIL nazionale, grazie e in favore della “reputazione” ed il buon nome dell’Italia, sono posti sotto assedio da un virus molto più grave e potenzialmente letale del Covid-19. Quello dell’ignoranza e dell’incoscienza collettiva. Follia allo stato puro.

Quale è o sarebbe stata la soluzione? Forse è troppo tardi per qualsiasi terapia oggi, forse pagheremo le conseguenze di questa ondata di psicosi collettiva per anni, socialmente (sarà complicato accogliere con calorosi abbracci le comitive di Veneti e Lombardi la prossima estate in Costiera Amalfitana) ed economicamente (recuperare le perdite della quarantena in cui è stata posta l’Italia da mezzo mondo, comporterà anni di ulteriori sacrifici). Forse la soluzione poteva essere agire politicamente, e mediaticamente come hanno fatto i colleghi europei.

Ma è tardi ormai. La politica del resto, non è altro che lo specchio della nostra società attuale, la governance la scegliamo noi, non ci viene imposta dall’alto, è il frutto dell’ira e dell’irrazionalità e della confusione mentale che ci pervade, a cui siamo stati indotti e di cui siamo stati cibati nell’ultimo trentennio: a livello nazionale non esiste la logica del “bene comune”, a prescindere dal colore, ma individualismo e opportunismo politico e toni beceri; a livello locale spesso, e le ultime elezioni regionali lo dimostrano, il popolo, o buona parte di esso, usa il potere, il diritto di voto, per consacrare il comandante Schettino, dopo quanto ha combinato, al timone della nave da crociera ancora più grande (laddove Schettino è chi ha compartecipato al dissesto finanziario – e morale – di una città, e la nave da Crociera, è la Presidenza della Regione).

Cosa vuoi piu dalla vita? Un tafano? Era forse il caso di emulare il dirigismo di regime di Xi Jinping, e quindi segregare milioni di abitanti, costringerli anche con la forza al rispetto della quarantena (in Italia qualcuno di soppiatto ha inopinatamente lasciato le aree di quarantena, raggiungendo – e contaminando – i propri congiunti altrove …. Tengono famiggghia, 15 giorni senza a lasagna ‘e mammà … come si fa??!!), oscurare i social media, tagliare le teste degli inefficienti e dei bugiardi, impedire l’accesso alle tv ai soloni ed ai parvenue della medicina? Ma no, dai, noi siamo un paese democratico, lasciamo libertà di pensiero e di azione a chiunque, è questo il nostro DNA. Li c’è la dittatura, qui la democrazia!

Peccato che l’eccesso di democrazia a volte è deleteria: oggi, e Dio sa per quanto tempo ancora, a livello mondiale, non è più un’onta e una discriminante avere gli occhi a mandorla, o mangiare con le bacchette sushi e sashimi: il mondo guarda con sospetto e timore chi gesticola con le mani e mangia con coltello e forchetta pasta e pizza.

Che fare quindi? Niente, come sempre, nella storia d’Italia. Pochi uomini composti, laboriosi e di buona volontà, continueranno a fare quello che hanno sempre fatto. Salveranno il paese e la sua reputazione lavorando sodo e seriamente, a schiena curva sulle loro scrivanie, nei loro magazzini, davanti ai loro computer (senza social), parlando se interpellati, e solo di argomenti di cui sono oggettivamente competenti, rimboccandosi le maniche, rimuovendo le macerie di questo tzunami di follia collettiva, riportando alla luce quel che di buono ancora ci serve: coscienza civile, senso del dovere, e concretezza.
Sperando che anche questa lezione, questo drammatico periodo, non si riduca come ogni altra volta in passato, in una lezione non compresa, e passata la tempesta la sfangheremo con una risata, che la prossima volta, potrebbe seppellirci tutti per sempre.
Svegliati Italia ! Buona fortuna e buon lavoro a tutti noi.

Max F.