Lettere a Iacchite’: quello di Camigliatello è un finto mercato del genuino

Dopo aver dato spazio alle rimostranze dei piccoli produttori presenti al mercatino di Camigliatello, è giusto dare anche voce e spazio a chi non la pensa come loro.

Di seguito la lettera:

Ho letto i commenti che seguono al comunicato che avete pubblicato in merito alla chiusura del mercatino di Camigliatello  e sono rimasto basito dalla tanta cattiveria espressa da gente che ha poca conoscenza del problema. In molti accusano i commercianti situati lungo il corso di Camigliatello di aver fatto pressioni sull’amministrazione per far chiudere il mercato, considerandolo come un “concorrente” sleale: chi possiede un negozio sul corso è costretto a pagare tutto e a rispettare le regole, virgole comprese, a differenza dei commercianti del mercatino che non erano soggetto a nessun controllo, fiscale e sanitario. Ma non è così. La chiusura del mercatino è dovuta al non rispetto delle norme e delle leggi che regolano la vendita di prodotti alimentari. Leggi e regole stabilite dal parlamento, e non dai commercianti del corso, che valgono per tutti, compresi i venditori del mercatino. Tutti sono tenuti a rispettarle. Ne va della salute del consumatore.

Non tutti sanno che il mercatino di Camigliatello era nato, su proposta dell’amministrazione comunale, solo ed esclusivamente per vendere ortofrutta e funghi secchi e freschi. Ma nel corso degli anni e dopo una spesa di 150.000 euro per costruire le casette di legno, si è trasformato in qualcosa altro: un mercato del cosiddetto prodotto genuino silano. Senza regole e controlli. E dall’ortofrutta si è passati a banchi che vendono di tutto e di più.

Parliamoci chiaro e senza girarci attorno: la situazione dei prodotti venduti ed esposti al mercatino non era delle migliori (ad essere buoni). Per anni si sono spacciati ad ignari turisti prodotti industriali come produzioni di fattura rurale o casareccia. Ma tutti noi del luogo sappiamo bene che di rurale e casereccio sui quei banchi non c’è mai stato niente. Anche perché non tutti sanno che il prodotto cosiddetto casareccio, (quello veramente fatto in casa) è illegale. Non si possono vendere prodotti che non hanno certificazione e approvazione sanitaria. Questo per tutelare la salute dei consumatori. Se fai il maiale a casa, non puoi vendere gli insaccati al mercato pubblico. Puoi venderli solo “sottobanco”. Quindi chiunque dica il contrario sta truffando il cliente.

Un primo motivo che ha portato alla chiusura del mercatino, che non mi sembra una cosa di poco conto, è dunque la mancata chiarezza sulla provenienza dei prodotti. Tutto è esposto senza etichettatura, data di produzione, scadenza, e materie prime usate. E non solo questo. Il problema è anche come si espone e si conserva la merce. E non era difficile trovare sui questi banchi vasetti di ogni specie di sott’olio esposti per giornate intere sotto il sole a rischio botulino, o del pane buttato su un tavolo spesso coperto con tovaglie sporche. Oppure formaggi di dubbia provenienza, privi di qualsiasi etichetta, spacciati come produzioni locali, bottiglie di olio e vino il cui contenuto, e l’origine delle materie prime usate, non è dato sapere.

E’ così che funziona: in molti si riforniscono all’ingrosso comprando prodotti di basso costo spesso “fabbricati” fuori regione e, dopo averli privati della loro originaria confezione, e dotandoli di “nuove vesti”, vengono spacciati per  produzioni rurali. Questo in altri parti del mondo si chiama truffa al consumatore. Prosciutti rumeni, bulgari (caro pagato a 5 euro al chilo), fatti a pezzi, messi sotto vuoto e spacciati ad ignari turisti come produzioni casarecce. Lo sanno tutti i cosentini e tutti i paesani che funziona così.

Tutto questo va a discapito dei negozi che vendono veramente prodotti locali certificati e garantiti. E’ questo il vero e reale motivo perché si è arrivati alla chiusura di quel finto mercatino del genuino. Se vogliono possono continuare a lavorare ritornando all’origine: vendere il prodotto fresco delle coltivazioni locali. Ma su questo, dicono, c’è poco guadagno. Mentre a truffare la gente si guadagna di più.
Grazie per lo spazio.

Lettera Firmata