Loredana Berté: “Io, Sanremo, Mimì”

di Giuseppe Attardi

Fonte: Pickline

«Dopo più di quarantanni di carriera volevo chiudere il cerchio. E la cosa che mi rende ancora più felice è che sul quel palco quest’anno ci sarà in qualche modo anche Mimì, perché Serena Rossi porterà all’Ariston la canzone con cui vinse il Premio della Critica trent’anni fa. Premio che poi dal 1996 le è stato intitolato».

Loredana Bertè è entusiasta di tornare a Sanremo (dal 5 al 9 febbraio) per l’undicesima volta, «una partecipazione fortemente voluta», e dell’attrice che interpreta la sorella Mia Martini nella fiction “Io sono Mia”, che Rai1 manderà in onda nella settimana successiva al festival.

«Ma sì, non lo nascondo: mia sorella Mia Martini è uno dei motivi per cui spero che sia una bella performance. Vorrei fosse orgogliosa di me. Per una volta. Ci presentammo assieme nel 1993, l’unico impegno professionale che abbiamo condiviso: lei fu immensa, io andai in palla. Non me lo perdono» ricorda Loredana.

«Alla fine io sono sempre stata più quadrata» sorprende l’interprete di “Non sono una signora”. Perché “quadrata” non è proprio l’aggettivo che viene in mente pensando a Loredana Bertè. «In realtà a volte si scambia la parola “scandalo” con qualcosa di assai serio come: “rivendicare”, denunciare”» precisa lei. Loredana arriva a Sanremo forte del successo di “Non ti dico no”, brano più trasmesso dalle radio nel 2018. Un successo condiviso con i BoomDaBash che ora ritrova “rivali” in gara a Sanremo. «Loro hanno capito alla perfezione quale doveva essere il pezzo per me, che ho portato il reggae in Italia già nel ’79 con “E La luna bussò”. E infatti è stato un successo enorme». “Cosa ti aspetti da me”, il brano con cui si presenta in gara, è invece scritto da Gaetano Curreri («era da tanto che volevo cantare un suo pezzo»), Gerardo Pulli e Piero Romitelli. La canzone, spiega, «parla del peso che hanno le aspettative nella nostra vita ed in una relazione ma anche del dolore che si genera dalla confusione di non sapere ciò che si vuole o, peggio, di avere vicino qualcuno che è confuso».

Delle sue precedenti esperienze sul palco dell’Ariston Loredana Bertè ricorda quella del 1986, «quando mi presentai “incinta”»: «Strepitarono senza andare ad analizzare il significato profondo della mia provocazione: intendevo solo sottolineare che una donna incinta non è malata o infetta, ma splendida e forte perché sta per dare alla luce una nuova vita. Non è stato capito». Il 12 febbraio Rai1 trasmetterà il film tv su sua sorella, “Io sono Mia”. «Ho partecipato alla stesura della sceneggiatura proprio per tutelarla, per fare in modo che uscisse la vera Mimí, la sua essenza. Per esempio, ho insistito moltissimo affinché fosse presente la sua cagnolina, Movie: erano letteralmente inseparabili. Per quanto, a livello cronologico, siamo stati costretti a forzature, il risultato è stato ottimo, con il contributo determinante di Serena Rossi: la impersona in maniera magistrale». Anche se Serena non ha voluto imitare l’artista, ma darne una sua interpretazione, «ha preso delle cose esclusive di Mimì» nota Loredana: «Come si muoveva, la malinconia, il dolore che si portava dentro e che non mostrava. Già dalla prima scena ho visto che era lei, che era una pazza scatenata. Pensavano tutti che delle due la matta fossi io, invece era lei ed era coraggiosissima, si faceva strada tra le maldicenze». Lei che, annientata dalla cattiveria, «è andata in Calabria a ricucire le reti dei pescatori e a pescare con le lampare per 10 anni», ma che poi si è presa la sua rivincita con “Almeno tu nell’universo”, brano con cui vinse quel premio della critica che oggi porta il suo nome».

Il successo dell’album, Sanremo, la fiction su Mimì… Il cerchio si chiude davvero? Forse. «Sicuramente Sanremo dopo quarant’anni di carriera e l’album “LiBerté” sono un coronamento, comunque le armi non si depongono mai». E Loredana Bertè avverte: «Non dimenticatelo: resto “una per cui la guerra non è mai finita”, come cantavo nel 1982 in Non sono una signora. Un testo in cui continuo a riconoscermi».