Lupara bianca a Petilia Policastro: i nomi dei 12 arrestati

Associazione mafiosa, omicidioestorsioni, ma anche usuraarmifurti e danneggiamenti seguiti da incendio. Questi i reati contestati alle 12 persone che stamani sono state raggiunte da un fermo di indiziato di delitto. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, che ha emesso il decreto, fanno parte delle cosche di ‘ndrangheta del Crotonese. Ad eseguire il provvedimento, dalla prime ore dell’alba, tra Petilia Policastro (nel Crotonese) e Bussolengo (nel Veronese), sono stati i carabinieri del Comando Provinciale del capoluogo pitagorico con il supporto dei loro colleghi di Verona e dello Squadrone Eliportato Cacciatori Calabria.

Tra i reati contestati, c’è anche l’omicidio di Massimo Vona, il bracciante di cui non si hanno notizie da ottobre 2018 e cugino di Valentino Vona, il venticinquenne ucciso nel 2012 in località Marrate nel territorio petilino. Massimo Vona, quel 30 ottobre, dopo aver pranzato in famiglia, era uscito per andare in campagna, e da quel momento non ha dato più sue notizie. L’auto di Vona, completamente bruciata, fu ritrovata l’8 novembre 2018 nelle campagne di Petilia Policastro. La Dda ha fatto luce sul caso di lupara bianca: gli esponenti del clan di Petilia hanno attirato Vona in una trappola con il falso pretesto di “consegnargli” i responsabili di un incendio appiccato nel 2016 al suo capannone, e invece lo hanno ucciso con almeno due colpi di arma da fuoco da parte del killer che lo attendeva insieme ad altri soggetti ancora sconosciuti. Poi hanno fatto sparire il cadavere e bruciato l’auto. I carabinieri avrebbero ricostruito, anche con l’ausilio di immagini che sono inserite in un video, gli ultimi momenti di vita di Vona prima della scomparsa e il tragitto di ritorno dell’omicida.

“Vona – ha detto  il colonnello Gabriel Mambor, comandante provinciale dei carabinieri di Crotone – già mesi prima della scomparsa, era stato oggetto di azioni intimidatrici, come l’incendio della sua stalla nel corso del quale erano morti parecchi animali. Vona si era attivato, attraverso i contatti che aveva nella locale di Petilia, per individuare i colpevoli senza rendersi conto che si era rivolto proprio alle persone che da diverso tempo ordivano queste trame finalizzate a ridimensionarlo. Il giorno della scomparsa era stato convocato con la scusa di portarlo al cospetto degli autori dell’incendio. Un altro episodio che si è ritorto contro Vona è stato il suo intervento nei confronti di un esercente perché non licenziasse una dipendente sua amica. Vona non sapeva che in realtà questa sua conoscente stava per essere licenziata per fare posto a persone gradite agli amici della locale di Petilia”.

Sono stati arrestati anche altri appartenenti alla cosiddetta Locale di ‘ndrangheta di Petilia Policastro, che controlla il territorio dei comuni crotonesi di Petilia e Cotronei. Locale che – come hanno spiegato gli investigatori – ha visto una sua riorganizzazione, a partire dal 2014, dopo alcune scarcerazioni per fine pena di suoi esponenti di spicco, e che hanno determinato una escalation di atti intimidatori sul territorio.

Nell’inchiesta, quindi, si sarebbero individuati e delineati i ruoli dei vari componenti della “struttura”, tanto degli organizzatori delle attività che dei partecipi, compresi anche i nuovi adepti a disposizione del reggente e con mansioni di autista.

In questo contesto, poi, si sono ricostruiti anche l’assassinio e la soppressione del cadavere di Vona, identificandone gli autori.

I NOMI DEGLI ARRESTATI

Questi i nomi dei fermati: Domenico Bruno, 49enne di Petilia Policastro; Giacinto Castagnino, 31enne di Petilia; Massimo Cosco, 40enne di Pagliarelle (Petilia); Giuseppe Garofalo, 35enne di Pagliarelle; Giuseppe Garofalo , 66enne di Cotronei; Mario Garofalo, 45enne di Pagliarelle; Alessandro Gelfo, 31enne di Crotone; Antonio Gelfo, 58enne di Cotronei; Pierluigi Ierardi, 29enne di Petilia; Ivano Mirabelli, 48enne di Pagliarelle; Tommaso Rizzuti, 39enne di Cotronei; Francesco Scalise, 34enne di Petilia; Oreste Vona, 46enne di Cotronei.

“Avevano già dissotterrato le armi e si accingevano a usarle a compiere un omicidio. Non potevamo aspettare altrimenti l’indagine sarebbe proseguita”. Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri ha spiegato, nel corso di una conferenza stampa a Catanzaro, perché è stato necessario procedere con il fermo nel crotonese nei confronti di 12 persone ritenute appartenenti alla locale di Petilia Policastro, legata al Crimine di Cirò e con forti addentellati anche con le cosche di Isola Capo Rizzuto. “Nel corso di questa indagine, fatta molto bene dai carabinieri di Crotone e coordinata dai pm Paolo Sirleo, Domenico Guarascio e Pasquale Mandolfino – ha aggiunto Gratteri – abbiamo più volte documentato riti di affiliazione, riunioni di ‘ndrangheta, e il fatto che i soldi di molte estorsioni fatte a villaggi come il Palumbo Sila o imprenditori dell’alto crotonese venivano poi versati nella bacinella del sodalizio. Nel corso delle intercettazioni si parla di una grande disponibilità di armi, tra le quali mitra e kalashnikov. Gli indagati parlano di frigoriferi e congelatori dismessi pieni di armi, sotterrati e a disposizione dell’organizzazione””.

I carabinieri hanno inoltre documentato una serie di estorsioni a Villaggio Palumbo, nella Sila crotonese, episodi di usura e recupero crediti condotti con modalità violente ed è emersa, ha detto Mambor, “la rete di contatti che l’organizzazione aveva intessuto con cosche importanti come quella di Cirò Marina e Isola Capo Rizzuto”. “Abbiamo testimoniato l’influenza della ‘ndrangheta petilina nella zona”, ha spiegato il comandante della Compagnia di Petilia Giuseppe Del Sole.