Messina Denaro, il legame coi narcos italiani e l’amico di Dell’Utri

Poco meno di due anni fa, a dicembre del 2021, il Fatto Quotidiano aveva pubblicato uno speciale sul superboss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, arrestato il 16 gennaio 2023 dopo una latitanza durata 30 anni e deceduto nella notte tra il 24 e il 25 settembre. Mai come ora è opportuno rileggerlo per riannodare tutte le vicende che si sono succedute in questi decenni.

di Giuseppe Pipitone con la collaborazione di Marco Bova

Fonte: Fatto Quotidiano Millennium

Matteo Messina Denaro non si trova. Come fa? Come ci riesce? Nell’epoca degli smartphone e della geolocalizzazione, del tracciamento quasi integrale della vita di ognuno di noi, come può uno degli uomini più ricercati al mondo continuare a rimanere invisibile?
Fatto Quotidiano Millennium, il mensile diretto da Peter Gomez, si è messo sulle tracce dell’ultimo superlatitante di Cosa Nostra: in un approfondito ritratto di 20 pagine che ha ricostruito il passato, il periodo di formazione criminale fatto di lusso e violenza, il rapporto profondo che lo unisce a Graviano, gli antichi legami familiari che lo collegano ai Cuntrera e Caruana, i potentissimi narcotrafficanti che avevano la loro base in Venezuela. E poi il ruolo fondamentale giocato nelle stragi, poco prima di cominciare una lunga latitanza. 
E allora, riportiamo quanto scriveva Il Fatto Quotidiano perché finora mai nessuno aveva provato a fare una ricerca organica che ci potesse spiegare fino in fondo perché Messina Denaro non si trovava. Si tratta di una storia che andrebbe divulgata il più possibile ed è per questo che la pubblichiamo in maniera tale che quante più persone possibili siano al corrente di come “funziona” la nostra Italietta. 

PRIMA PARTE: MESSINA DENARO, TUTTI I SEGRETI DEL BOSS FANTASMA  (https://www.iacchite.blog/messina-denaro-tutti-i-segreti-del-boss-fantasma-e-fimminaro/)

SECONDA PARTE: MESSINA DENARO UOMO D’AFFARI E QUEL SENATORE DI FORZA ITALIA CHE PESA (https://www.iacchite.blog/messina-denaro-uomo-daffari-e-quel-senatore-di-forza-italia-che-pesa/)

TERZA PARTE: MESSINA DENARO, IL BOSS FANTASMA. L’AMANTE A BAGHERIA E LE LETTERE A SVETONIO (https://www.iacchite.blog/messina-denaro-il-boss-fantasma-lamante-a-bagheria-il-puzzle-e-le-lettere-a-svetonio/)

QUARTA PARTE: MESSINA DENARO, FEMMINE E PALLOTTOLE (https://www.iacchite.blog/messina-denaro-femmine-e-pallottole/)

QUINTA PARTE: MESSINA DENARO LIBERO GRAZIE A MAFIA E STATO (https://www.iacchite.blog/messina-denaro-libero-grazie-a-mafia-e-stato-che-giocano-male-a-guardie-e-ladri/)

SESTA PARTE: ALLE ORIGINI DELLA PIOVRA (https://www.iacchite.blog/messina-denaro-alle-origini-della-piovra/)

SETTIMA PARTE: DON CICCIO, IL PATRIARCA (https://www.iacchite.blog/messina-denaro-gli-intoccabili-da-don-ciccio-il-patriarca-alle-carte-dimenticate-di-matteo/)

OTTAVA PARTE

IL LEGAME COI NARCOS ITALIANI

È anche sulla base di una lunga esperienza sul campo che il magistrato Gabriele Paci ha ricostruito l’origine della carriera criminale di Messina Denaro. Il magistrato ha portato avanti un’indagine che mette ordine in quarant’anni di carte giudiziarie dimenticate. Il risultato proietta una luce diversa non solo sul fondamentale ruolo che Matteo ha avuto nelle stragi, ma anche sulle alte connessioni stabilite in anni remoti negli anni ’50 don Ciccio Messina Denaro si era legato ai Cuntrera-Caruana: addirittura un esponente del clan dei Siculiana fu testimone di nozze del padre di Matteo. Negli anni’60 i Cuntera-Caruana lasciano la provincia di Agrigento per emigrare in Canada, poi in Gran Bretagna e Venezuela: diventeranno in breve tempo tra i principali narcotrafficanti del mondo. Si calcola che l’80% della droga prodotta in Colombia arrivasse negli Stati Uniti passando da Caracas: lì era la gente di Siculiana che li distribuiva. Il picco, secondo la Dea, viene raggiunto nel 1983: tre miliardi di narcodollari riciclati dai mafiosi argentini, che lavoravano coi cartelli colombiani, da Pablo Escobar a Calì. Il legame tra il Venezuela e i Messina Denaro spunta fuori anche da altre vecchie carte dimenticate. C’è un pentito di mafia, uno di secondo piano, che si chiama Franco Safina: vent’anni fa raccontò che Messina Denaro aveva un tesoro in Venezuela, creato dopo aver investito cinque milioni di dollari in un’azienda di pollame. Cinque milioni per un’azienda di pollame non sono un po’ troppi? Era pollame o era cocaina? Di Venezuela parla pure Salvatore Grigoli, il killer di don Pino Puglisi: negli anni ’90 era rimasto ferito dopo un attentato ad Alcamo. Con lui c’era Matteo, che gli disse: “Se vuoi, per un certo periodo te ne vai in Venezuela e stai tranquillo”. Grigoli in Venezuela non andò mai. Messina Denaro chissà.

L’AMICO DI DELL’UTRI

Chi di sicuro è stato ospite dei Cuntrera-Caruana è Filippo Alberto Rapisarda, un uomo appariscente che dal cuore della Sicilia era finito a Milano a guidare l’Inim, una società diventata il terzo gruppo immobiliare italiano. Ben vestito, simpatico e dai modi sanguigni, aveva fissato il suo quartier generale in via Chiaravalle, in un grande palazzo del Cinquecento a due passi dal Duomo: è lì, in quei novemila metri quadrati coi soffitti affrescati, che anni dopo sarà fondato il primo club di Forza Italia. Quando era all’apice del successo, infatti, per Rapisarda era andato a lavorare un altro giovane siciliano trapiantato a Milano: si chiama Marcello Dell’Utri e nel campo immobiliare aveva già lavorato, come stretto collaboratore di Silvio Berlusconi all’Edilnord. L’esperienza del terzo gruppo immobiliare italiano, però, va male, le società fanno crac e per Rapisarda viene emesso un mandato di cattura con l’accusa di bancarotta fraudolenta. Il siciliano fugge, lascia Milano e l’Italia e per sette anni si butta latitante. Prima va a Parigi, poi in Venezuela dove è ospite dei Cuntrera-Caruana. Quelli sono anni in cui Caracas e Castelvetrano sembrano vicinissime. Rapisarda, infatti, tenterà di realizzare una speculazione immobiliare dalle parti di Selinunte, vicino ai ruderi dell’antica città greca. Come era già era avvenuto nella vicenda dell’Inim, anche nell’affare di Selinunte il socio di Rapisarda è Francesco Paolo Alamia, un ingegnere magrissimo con amicizie importanti: è un uomo di Vito Ciancimino, l’ex sindaco mafioso di Palermo, la mente del “sacco” che distrusse il centro della città per realizzare una delle più imponenti speculazioni edilizie della storia italiana. Legatissimo a don Vito, Alamia avrà anche rapporti con Messina Denaro. Una circostanza emersa solo pochi anni fa, poco prima della morte dell’ingegnere. Dopo aver dribblato quarant’anni di inchieste giudiziarie, infatti, Alamia fu sospettato di aver ordinato l’omicidio di un suo socio, Antonio Maiorana, scomparso nel nulla insieme al figlio nel 2007. Quella vicenda turberà non poco le acque dentro Cosa nostra: Salvatore Lo Piccolo, che All’epoca era il capo incontrastato di Palermo, ordinerà addirittura un’indagine interna alla mafia per capire chi avesse osato macchiarsi di quel duplice delitto senza il suo consenso. Chiederà spiegazioni persino a Messina Denaro, convocato nella sua villa alle porte di Palermo per un summit. Quella riunione non si terrà mai: nella stessa giornata, infatti, Lo Piccolo viene arrestato dopo una latitanza lunga un quarto di secolo. Matteo, invece, riesce a salvarsi ancora una volta.