Muoia il Pd con tutte le correnti

Nel mentre prosegue il percorso del Pd verso le primarie e la nuova segreteria, l’Assemblea nazionale del Partito democratico, ieri, ha approvato il Regolamento congressuale, e nel suo intervento Enrico Letta, tra le tante cose, dice: “Serve un partito nuovo. Così siamo rovinati”. Il riferimento è ovviamente alla solita lotta intestina interna al Pd tra correnti e paranze per la spartizione del potere che ha letteralmente divorato, negli anni, consensi e tessere. Ad ascoltare i 4 candidati alla segreteria, Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo, sembra di essere ritornati ai tempi di Renzi quando diceva, con linguaggio più esplicito dell’uscente segretario Letta, che per riformare il Pd ci voleva il lanciafiamme. Rottamare correnti e capibastone è sempre stato, da 30 anni a questa parte (dal Pds al Pd dei giorni nostri), l’imperativo categorico di ogni candidato alla segreteria del partito. Tutti riconoscono il male del partito nello sfrenato correntismo che produce clientelismo e corruzione, e nel familismo amorale, ma una volta segretari nessuno rottama nessuno, e la giostra continua a girare nel solito modo. In Calabria, ovviamente, gira meglio, per i capibastone che sono intoccabili, che da altre parti.

Nonostante sondaggi impietosi e un calo impressionante degli iscritti, anche questa volta l’elezione del nuovo segretario – retorica sul “o si fa un nuovo Pd o si muore”, a parte – si è trasformata nel solito mercato delle vacche che tanto piace ai baroni calabresi del Pd. A Roma dicono, da decenni, di volersi liberare delle correnti e dei capibastone, salvo poi nulla fare per porre fine allo strapotere dei padrini del Pd. Checchè ne dica la segreteria politica del Pd le paranze politiche interne al partito esistono, non si sono estinte, né sono state debellate, e non hanno mai cessato la loro attività di controllo totale, politico/elettorale, del partito. Questo è un dato inconfutabile: in questa situazione, “il candidato alla segreteria” è costretto, in alcuni casi suo malgrado, ad aprire una necessaria “trattativa” con vecchie e consolidate famiglie politiche, senza le quali, specie in Calabria, non si va da nessuna parte. I candidati alla segreteria del Pd somigliano, per certi versi, a quell’antimafia di facciata e salottiera che pubblicamente dice “la mafia è una montagna di merda”, salvo poi, nel losco privato, farci affari. Così fanno gli aspiranti segretari del Pd, si dicono contro le paranze politiche, ma poi è con le paranze politiche che devono fare i conti. In tutti i sensi. E se fai affari “elettorali” con i clan politici, una volta sulla poltrona di segretario, non si può certo promuovere una crociata contro chi ha contribuito alla vittoria.

Nessun altro boss del Pd è bravo quanto i nostri a controllare, attraverso il peggior clientelismo, tessere e iscritti. Una dote innata nei capibastone calabresi che conoscono bene il valore dei numeri in ogni elezione. E per questo sempre pronti a tirar fuori il proprio pacchetto di voti ogni qualvolta la richiesta  “elettorale” diventa ineludibile. Pacchetti di voti che, come al solito, da queste parti, sono già in vendita al miglior offerente, o in attesa di essere posizionati, per mero opportunismo politico, su quello che si prospetta, più degli altri, come il cavallo vincente. Saper salire sul carro del vincitore al momento giusto, è un’altra specialità dove primeggiano i clan locali del Pd. Il Pd da queste parti è da decenni rappresentata sempre dai soliti: Madame Fifì, Capu i Liuni, rispettivamente Enza Bruno Bossio e Nicola Adamo, Domenico Bevacqua, Franco Iacucci, Nicola Irto, Giuseppe Falcomatà, Nicola Stumpo, Carlo Guccione, un redivivo Mario Oliverio, e qualche consigliere regionale. I segretari provinciali e cittadini sono espressione dei sopra citati. Se questo è il Pd del cambaimento stiamo freschi.

Il finto chiacchiericcio che ascoltiamo in questi giorni in merito al sostegno delle varie correnti calabresi a questo o quella candidata alla segreteria – tipo: Oliverio sostiene Cuperlo; Madame Fifì sostiene la De Micheli; Guccione, Stumpo, sostengono la Schlein; Bevacqua, Falcomatà sostengono Bonaccini, mentre Nicola Irto sta con tutti – fa parte del solito teatrino politico del Pd giusto per darsi un tono democratico. La verità, come tutti sanno, è che tutto quello che riguarda il Pd calabrese, purtroppo per chi crede ancora nel Pd, si decide nel salotto di Capu i Liuni, e le fitte riunioni di questi giorni a casa sua lo dimostrano. Altro che fine delle correnti. Se questo è il Pd, ancora una volta rappresentato dai soliti personaggi, della “svolta”, beh, la sua estinzione è davvero prossima. Che è l’unico modo per porre fine alle paranze politiche. Muoia il Pd con tutte le correnti… alla fine come si dice: non tutte le estinzioni vengono per nuocere. E sarebbe pure ora.