‘Ndrangheta a Roma, ma la “famiglia Gangemi” è mafiosa o no?

A Roma e dintorni ha fatto “rumore” ieri il sequestro da 10 milioni di euro nei confronti di Sergio Gangemi, faccendiere della ‘ndrangheta ormai trapiantato da anni da quelle parti. E sono stati in molti, tra ieri e oggi, a ricordare la parabola del soggetto. A cominciare dai colleghi del sito Latina Tu. 

Fonte: Latina Tu

Non sono servite a niente le richieste delle associazioni “Reti di Giustizia” e “La frusta politica” che indicavano all’amministrazione comunale di Aprilia di costituirsi in giudizio nel processo che vede alla sbarra i 4 imputati – Sergio e Giampiero Gangemi; Patrizio Forniti e Mirko Morgani – accusati di aver tormentato due imprenditori di Aprilia e Pomezia (Torvajanica, per la precisione), con pretese estorsive che, secondo la magistratura, sono arrivate fino a 25 milioni di euro partendo da un prestito di 13 milioni – in tutto restituiti dagli imprenditori alla congrega 17 milioni in “comode” rate da 300mila euro al mese. Pretese condite da una trentina di colpi di pistola esplosi addosso alle case dei due imprenditori, due bombe fatte esplodere in giardino, famiglie in ginocchio, persone terrorizzate e intimorite che scelgono di fuggire all’estero. E a farlo è proprio l’imprenditore di Aprilia. Ecco, in soldoni, un quadro da brividi che conferma anche quello che è stato capace di fare il clan Fragalà, operante sempre tra Pomezia, Torvajanica, Ardea e il nord pontino dove, proprio ad Aprilia, aveva la residenza uno dei massimi esponenti, Salvatore.

Vittorio Marchitti
Vittorio Marchitti

Ebbene, le parti politiche riunitesi nella Commissione comunale, eccetto il consigliere di maggioranza Vittorio Marchitti che ha esternato contrarietà, decidono di non procedere alla costituzione di parte civile del Comune. Perché? Gli atti estorsivi, l’usura e il tentato omicidio contestati ai 4 non hanno l’aggravante del metodo mafioso, o almeno così ha deciso il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Roma, Tamara De Amicis, rinviandoli a giudizio nel maggio scorso. Dunque, per i rappresentanti politici i reati sono ordinari e non inseriti in un quadro tale da ledere l’immagine di Aprilia che, invece, a giudicare solo dalla fuga di un imprenditore dal territorio, è lesa eccome. Gli imprenditori invece di denunciare scappano e la politica minimizza. Non proprio un grande spot per attrarre investimenti, eccellenze, lavoro. Ed è un peccato in un territorio dalle mille potenzialità come quello di Aprilia.

Il gruppo in questione fu arrestato il 18 maggio 2018, al termine delle indagini avviate dalla Direzione distrettuale antimafia proprio in ragione di una “smitragliata” di proiettili, come succede a Scampia o nella Locride, davanti la casa di una delle vittime, a Pomezia, il 31 luglio 2016.

DiaEppure il nome Gangemi dovrebbe richiamare alla mente, oltreché un sequestro ultra-milionario per evasione fiscale, le semestrali e puntuali relazioni della Direzione Investigazione Antimafia (Dia) e persino i rapporti stilati dall’Osservatorio Tecnico-Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio che proprio nell’ultimo poneva la “famiglia Gangemi” tra le consorterie presenti nel Lazio e citati nell’attività investigativo-giudiziaria da almeno 4 anni.

Collegati alle cosche ndranghetiste De Stefano di Reggio Calabria e Farao Marincola di Cirò Marina, in rapporti col pregiudicato narcotrafficante siciliano Enrico Paniccia, i Gangemi vengono così descritti nella penultima relazione della Dia che racchiude il periodo gennaio-giugno 2018: “Il 16 giugno 2018, i Carabinieri hanno arrestato 3 soggetti (ndr: in realtà i 4 summenzionati), responsabili di tentato omicidio, minaccia, estorsione, usura, detenzione abusiva di armi, con l’aggravante del metodo mafioso (ndr: prima che il Tribunale decidesse di no)L’indagine ha consentito di ricostruire una serie di episodi intimidatori, minacce e condotte estorsive, perpetrati ai danni di alcuni imprenditori locali, che non avevano denunciato per il timore di ritorsioni“. C’è di più.

Aprilia
Aprilia

Non nel penultimo ma nell’ultimo rapporto della Dia, la famiglia di Reggio Calabria trapiantata tra Pomezia, Torvajanica e Aprilia viene citata di nuovo: “Anche l’area di Pomezia non è esente da infiltrazioni mafiose. Si è registrata la presenza di esponenti delle ‘ndrine calabresi e della famiglia Gangemi, impegnati per lo più nell’usura“. Ma non è finita.
Sempre in questo ultimo rapporto a firma Dia si dà conto dell’area di influenza della famiglia quando si conferma che a Genova “il predominio del locale (ndr: cosca)” è “facente capo ad un esponente del sodalizio Gangemi, originario di Reggio Calabria, condannato, nel 2017, in via definitiva, nell’ambito della nota inchiesta reggina denominata “Crimine” (luglio 2010). Costui era titolare di una “carica” che gli consentiva di svolgere funzioni di coordinamento tra il Crimine reggino e la Camera di Controllo regionale, struttura intermedia di coordinamento strategico delle cellule ‘ndranghetiste operanti in Liguria”. Non proprio un personaggio di basso profilo criminale.

Un’ulteriore conferma della radicata operatività del contesto ‘ndranghetistico nel capoluogo ligure perviene anche dagli esiti, nel mese di ottobre 2018, del processo di Appello bis “Maglio 3”, che ha visto irrogare svariate condanne per associazione di tipo mafioso in relazione alla succitata inchiesta del 2010 sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta rappresentata proprio dai Gangemi in Liguria.

Avrebbero, poi, dovuto far drizzare le antenne ai consiglieri e al sindaco che ieri hanno deciso di defilarsi dal processo, gli altri due nomi, quelli di Patrizio Forniti di Anzio e Mirko Morgani di Aprilia, che oltre ad essere gli esecutori materiali delle intimidazioni da polvere da sparo dei Gangemi ai danni degli imprenditori, rappresentano due personaggi da tenere a mente. Forniti, in particolare.
Morgani è giovane, apriliano, inserito in contesti probabilmente più grandi di lui, ma è proprio lui ad aver imbracciato il mitra per esplodere i colpi da fuoco. Protagonista, inoltre, di un fatto inquietante: era inserito nella lista della candidata sindaco Carmen Porcelli alle amministrative 2018 per Aprilia, la quale prese le distanze una volta scoperto chi fosse, dichiarando che, al di là dell’evidenza che non aveva preso neanche una preferenza, Morgani non aveva mai partecipato a nessun tipo di evento per la campagna elettorale.

Agostino Riccardo
Agostino Riccardo

Diverso il profilo di Patrizio Forniti il cui nome rientra nelle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Agostino Riccardo, ex affiliato al clan Di Silvio ala Lallà (a cui si contesta nel processo Alba Pontina il 416 bis), alla magistratura nel luglio 2018.
Riccardo dichiara agli inquirenti: “Se dovevamo fare estorsioni fuori dal territorio di Latina ci rivolgevamo alle organizzazioni criminali che controllavano il territorio o a persone che le rappresentavano”, per Aprilia avevamo contatti con Nino Montenero, cognato di Patrizio Forniti, tramite il figlio Dimitri detto Pannocchia“.
I Montenero ad Aprilia li conoscono tutti, da sempre sul territorio tra spaccio e estorsioni e in rapporti con clan camorristici di livello quali ContiniGionta e Nuvoletta.
Eppure la politica di Aprilia decide che tutto sommato, sentiti anche i garbugli degli avvocati, sia meglio stare alla larga. Non sarà un giudice a decidere se sia legittima la costituzione di parte civile ma sono già i rappresentanti del popolo, con il sindaco Antonio Terra in testa, a stabilire che Aprilia non è stata danneggiata da episodi che, al contrario, in un colpo solo, oltre all’efferatezza di sventagliate di mitra modello Ustascia croati, ordigni da guerra e minacce al tessuto della piccola media impresa, restituiscono uno spaccato in cui, direttamente o indirettamente, ci sono elementi, uomini, situazioni riconducibili alla ndrangheta, alla camorra e ai clan sinti.

Antonio Terra Sindaco di Aprilia

Sottilizzare sul fatto che non ci sia il metodo mafioso nei reati imputati a Gangemi and Co è quantomeno capzioso. Se la politica si ferma alle inchieste della magistratura e delle forze dell’ordine che seguono percorsi diversi e talune volte più tortuosi; se la politica ha bisogno del codice penale per conoscere il proprio territorio; se la politica non ravvede ad Aprilia una terra inzuppata di omertà, paura e cosche, allora tanto vale abolire le elezioni e lasciare tutto in mano ai magistrati e ai poliziotti.
Così, senza coraggio, e vestendo la camicia di Don Abbondio e le braghe di Ponzio Pilato, la politica no, proprio non serve a niente.

Fin qui i colleghi di Latina Tu. E – viene da commentare quasi istintivamente – meno male che la procura di Roma si è messa una mano sulla coscienza e ieri abbia rotto gli indugi assestando almeno un duro colpo sotto il profilo dei sequestri. Meglio questo che niente…