‘Ndrangheta in Emilia. Il nuovo arresto di Gigliotti e gli altri “parmigiani”: gli affari del clan Farao-Marincola

Sette arresti e sequestri patrimoniali per 12 milioni di euro. E’ l’operazione ‘Work in progress’ della Guardia di Finanza di Parma, che ha scoperto una maxifrode fiscale nel settore dell’impiantistica industriale. I militari stanno eseguendo un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip su richiesta della Procura, nei confronti di sette persone, tra imprenditori e professionisti, nel settore della metalmeccanica e dell’impiantistica industriale attraverso due consorzi riconducibili a due imprenditori, uno dei quali è l’imprenditore calabrese di Torretta di Crucoli, da tempo trapiantato nel Parmigiano Franco Gigliotti, titolare della G.F. Nuove Tecnologie, recentemente condannato in primo grado dal Tribunale di Catanzaro per associazione mafiosa in quanto ritenuto organico alla cosca di ‘ndrangheta Farao-Marincola di Cirò Marina.

I sequestri per equivalente delle imposte evase sono su conti correnti, depositi e immobili riconducibili agli indagati. Secondo le indagini, attraverso un meccanismo di frode erano forniti, ad aziende di rilevo nazionale ed internazionale operanti in territorio emiliano, servizi e manodopera a prezzi fuori mercato.

Ma chi è Franco Gigliotti?

di Georgia Azzali

Fonte: Gazzetta di Parma

Da Torretta di Crucoli, poco più di 2.000 abitanti, a Parma. Dalla provincia di Crotone alla ricca Emilia. Negli anni Franco Gigliotti aveva costruito un piccolo impero: un numero uno nel settore dell’impiantistica, con la G.F. Nuove Tecnologie, e una miriade di partecipazioni in società che spaziavano dal turismo all’immobiliare, dall’alimentare allo sport. Era riuscito ad entrare nei salotti buoni della città, ma era un uomo della cosca Farao-Marincola di Cirò Marina, secondo gli inquirenti, anche se le aziende parmigiane non sono state coinvolte nell’indagine. Un «imprenditore di ‘ndrangheta». Ne erano convinti i magistrati della Dda di Catanzaro, che nel gennaio del 2018 lo fecero finire in manette, quando scattò la maxi operazione Stige. Ma ne è convinto anche il gup Giacinta Santaniello, che il 25 settembre 2019 l’ha condannato a 10 anni per associazione mafiosa, comunque scontati di un terzo, come previsto dal rito abbreviato.

Pene leggermente più miti per gli altri tre parmigiani, di origini calabresi, coinvolti nell’indagine e accusati di associazione mafiosa: 9 anni e 4 mesi per Fabio Potenza; 8 anni sia per Aldo Marincola che per Vittorio Farao (classe 77). Tutti, inoltre, una volta scontata la pena, saranno sottoposti alla libertà vigilata per tre anni. Tra i risarcimenti previsti, anche 50mila euro per la Cgil Emilia Romagna, che si era costituita parte civile.

Boss dai nomi pesanti, politici e imprenditori: 104 le persone che avevano scelto il rito abbreviato. E una pioggia di condanne: 625 anni di carcere. Mentre la costola del processo a dibattimento (80 imputati) è ancora in corso. Tra i condannati ci sono i vertici della cosca, ma anche l’ex sindaco di Cirò, Roberto Siciliani (8 anni). Quasi tutti assolti, invece, gli imprenditori coinvolti, mentre per Gigliotti, la pena ha superato di due anni la richiesta del pm Domenico Guarascio.

Quasi cinque mesi in cella, dopo l’arresto del 9 gennaio 2018, sei ai domiciliari, poi Gigliotti – 50 anni – era tornato libero, con l’obbligo di dimora nel Comune di Parma. E dallo scorso giugno ha solo il divieto di dimora in Calabria. Lì dove avrebbe fatto affari con la cosca. I rapporti di Gigliotti con la famiglia di Cirò? Gestiti attraverso Vittorio Farao, 42 anni, figlio del capoclan Giuseppe, e Aldo Marincola, 35, secondo l’accusa. L’imprenditore parmigiano aveva infatti assunto i due in società da lui controllate – la R.P. Work, la P.R. Service, la C.L.C. Impianti e la G.G. Service – facendo affidamento su di loro anche per far fronte a pretese estorsive da parte di altre organizzazioni criminali. Ma la figura centrale su cui la ‘ndrina contava sarebbe stato proprio Gigliotti: l’imprenditore – si legge nel capo d’imputazione – avrebbe «calibrato i suoi investimenti secondo le esigenze della cosca, badando a incrementare il fatturato delle imprese di ‘ndrangheta» e garantendosi «a sua volta un’implementazione del portafoglio clienti».

E gli investimenti di Gigliotti, finito sotto inchiesta anche a Parma per un maxi giro di false fatturazioni (proprio oggi Gigliotti è stato arrestato ed è stato eseguito un maxisequestro da 12 milioni di euro, ndr), sarebbero stati dirottati verso business molto cari alla cosca. Secondo l’accusa, l’imprenditore della G.F. avrebbe finanziato la Ag Film, una società per la raccolta e la rigenerazione della plastica riconducibile, tramite i fratelli Francesco e Gaetano Aloe, a Giuseppe Spagnolo, ritenuto uno dei capi dell’associazione. Non solo. Grazie agli appoggi della cosca, Gigliotti nel 2015 avrebbe creato a sua volta, a Torretta di Crucoli, la G-Plast, una srl sempre per la raccolta e la rigenerazione dei cartoni.

Ma anche Potenza, 31 anni, avrebbe giocato un ruolo tutt’altro che secondario: sarebbe stato lui l’uomo di riferimento nel territorio cirotano per la gestione dei servizi turistici per conto della cosca. Ma Potenza, secondo l’accusa, era anche la persona giusta per organizzare gli incontri tra gli ‘ndranghetisti e gli imprenditori associati al clan, come Gigliotti. Potenza – scriveva il gip nell’ordinanza di custodia cautelare – «collabora con il Gigliotti, il quale era restio ad  “uscire allo scoperto” e usava particolari cautele». Eppure i rapporti (e gli affari) con la cosca avrebbero portato grandi frutti.