di Giancarlo Costabile
Una società democratica non può fondare la sua pedagogia di massa sulle paure sociali e sulla repressione. Per quanto difficile e faticoso, il dialogo resta l’unica possibilità di espressione del vivere civile.
L’Università non è un ‘campo neutro’: è (o dovrebbe diventare) un luogo schierato. Don Lorenzo Milani e la Scuola di Barbiana ci hanno insegnato il valore educativo della disobbedienza e il coraggio del ‘no etico’: al potere che imprigiona le menti, e sporca, inesorabilmente, i comportamenti individuali e collettivi.
La cultura è analisi del sistema, e critica, anche radicale, del medesimo. Il problema di questa società non è nei, pochi, giovani che scelgono l’eresia della contestazione (intesa come messa in discussione di modelli di organizzazione della vita associata), ma nel silenzio dei tanti che preferiscono le comode, e ovattate, verità dei forti. Non dobbiamo mai temere l’Università che sceglie di farsi filosofia della protesta e, poi, della proposta.
Il collega e amico Claudio Dionesalvi pone, nel suo recente articolo apparso sulle colonne de Il Manifesto in merito alle contestazioni all’Unical sul decreto del governo in materia di sicurezza e decoro delle città, diversi argomenti che non possono lasciarci né silenti né indifferenti. Con i giovani si parla, ad esempio. Sempre. Anche quando non si condivide il loro pensiero. Anche quando sbagliano. Anche se offendono gratuitamente.
Il compito di chi ha i capelli bianchi, come noi, è di ascoltare il loro disagio, non giudicarli; capire il loro progetto, non condannarli; verificare insieme a loro strade nuove da percorrere collettivamente, non relegarli nelle piaghe e pieghe degli eventi. Più che di legalità, intesa come aderenza indifferenziata al potere, dobbiamo avere il coraggio di rilanciare il tema della giustizia sociale.
Una società ingiusta e diseguale, come la nostra, soprattutto alle latitudini meridionali e in modo particolare con i ragazzi, rappresenta il più violento tradimento del diritto umano alla vita, all’amore, alla felicità. All’Università, l’unico linguaggio ammissibile è quello dello scambio critico. Duro, frontale, ma argomentato dialetticamente e condotto pacificamente. Guai a retrocedere da questo presupposto di metodo. Non conviene a nessuno militarizzare le Accademie. Che sono state, sono e resteranno il tempio del libero pensiero. Ha ragione Paulo Freire: pensare autenticamente è molto pericoloso. Tuttavia la democrazia si difende e si rinnova quotidianamente in questo modo.