Omicidio Bergamini, 38^ udienza: Pagliuso: “Ranzani mi disse che Denis stava per sposare una ragazza delle sue parti”

Tra i testimoni della 38^ udienza del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini in corso in Corte d’Assise, l’ex presidente del Cosenza Calcio Paolo Fabiano Pagliuso, che ha attraversato decenni di storia rossoblù ma conosce molto bene anche la realtà di Ferrara.

Oggi Pagliuso ha 76 anni ma è sempre un’icona per chi ha seguito e segue le sorti del vecchio Lupo. Fin da quando è nato il Cosenza Calcio 1914 Spa, nel lontano 1982, Pagliuso ha recitato un ruolo nella società, ma è stato nel 1986 che ha lasciato un segno più profondo, quando alla guida del club si era formato un gruppo di 36 soci, capace di raggiungere in due anni il traguardo della Serie B, inseguito vanamente per 24 anni. Quando Carratelli viene nominato presidente, Pagliuso è tra i quattro vice (gli altri erano Antonio Serra, Giorgio Trocini e Salvatore Perugini) e sarà questo l’organigramma vincente con Gianni Di Marzio alla guida tecnica. Nel corso del campionato successivo, il primo di Serie B, nel 1988-89, Carratelli lascia il timone a Serra e Pagliuso si dimette dalla carica di vice ma non per questo si allontana dalle vicende del club, che poi rileverà nel 1994 restando presidente in carica fino al 2003.

Parallelamente al suo percorso con il Cosenza Calcio, Pagliuso ha avuto e ha tuttora un rapporto molto intenso con la città di Ferrara. Nella città emiliana hanno studiato e si sono laureati i suoi figli e Chiara, la sua secondogenita, risiede proprio a Ferrara con la sua famiglia. Pagliuso inoltre è stato anche patron della Spal, la squadra di Ferrara, che all’inizio degli anni Duemila militava in Serie C ed era a tutti gli effetti una società satellite del Cosenza, con alla presidenza il suo amico di vecchia data Lino Di Nardo, visto che le regole federali non gli consentivano di essere presidente di due società. “Conosco Ferrara da molti anni – ha ricordato – e ho stretto vincoli di amicizia con molte persone. Ed era stato il direttore sportivo Roberto Ranzani, che era di Ferrara e nel frattempo era tornato alla Spal, che mi aveva convinto a fare l’operazione”.

Anche Bergamini era ferrarese e di conseguenza Pagliuso attraverso Ranzani e l’allenatore Tonino Ferroni, che aveva lavorato a Cosenza, era a conoscenza di fatti che riguardavano direttamente il calciatore e che aveva già rilevato in sede istruttoria alla procura di Castrovillari. L’ex presidente del Cosenza e della Spal in particolare aveva riferito che “Bergamini era fidanzato con una ragazza delle sue parti”. Sollecitato a ricordare la sua deposizione del 2018, Pagliuso aggiunge anche un dettaglio in più non certo secondario: “Ranzani e Ferroni mi avevano riferito che Bergamini era fidanzato con una ragazza delle sue parti e Ferroni aveva anche sottolineato che stava per sposarsi”. Quanto basta per far concludere a Pagliuso che non ha mai creduto al suicidio, esattamente come tutti – ma proprio tutti – i dirigenti, i calciatori e i collaboratori del Cosenza Calcio di allora.

Impossibile non ricordare la disavventura giudiziaria di Pagliuso, che nel 2003 fu arrestato proprio dall’ex procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla per l’inchiesta “Lupi” prima di essere assolto perché il fatto non sussiste nei tre gradi di giudizio dei processi che furono celebrati a Cosenza, Catanzaro e Roma. Non è un mistero – e il diretto interessato l’ha confermato – che Pagliuso sia ancora profondamente risentito nei confronti del magistrato “che mi ha rovinato la vita”. La testimonianza di Pagliuso è arrivata al nodo Facciolla quando gli sono state chieste spiegazioni su una intercettazione tra lui e l’ex dirigente del Cosenza Santino Fiorentino, successiva alla sua deposizione alla procura di Castrovillari del 2018. Fiorentino aveva esternato a Pagliuso il convincimento che Bergamini fosse stato ucciso prima di essere steso sull’asfalto sotto il camion e la risposta era stata: “Meglio non parlare al telefono…”. E il motivo di quel rifiuto a trattare l’argomento era dovuto proprio al suo difficile rapporto con Facciolla. “In quel momento, ma anche ora – ha detto -, ero arrabbiato con lui perché mi ha fatto fare nove mesi di carcere senza motivo”.

A venti anni di distanza, è doveroso ricordare – per pura esigenza di cronaca – che Facciolla aveva aperto la sua inchiesta sul Cosenza Calcio perché il 27 marzo del 2001 aveva ricevuto un voluminoso esposto depositato in procura dall’ex socio Settimio Lorè, accompagnato dall’avvocato Nino Sorrentino. Tra Lorè e Pagliuso era esplosa una vera e propria “guerra” per la gestione del Cosenza, in piena corsa per la Serie A, che era sfociata nella denuncia alla procura contro Pagliuso e che esattamente due anni dopo avrebbe portato al suo arresto. Ancora oggi l’ex patron ammette che il suo più grande errore è stato quello di far entrare Lorè in società. Senza quella denuncia probabilmente Facciolla non avrebbe mai agito contro Pagliuso e forse il Cosenza sarebbe andato in Serie A. Ma questa è un’altra storia. Che prima o poi andrà raccontata.