Omicidio Bergamini, Denis chiede aiuto perché cerca di sfuggire agli assassini. E il teste vede la Mercedes usata dagli Internò

Quando Denis Bergamini lascia il cinema Garden è convinto di ritornare subito. Quindi possiamo ritenere che il calciatore pensasse di ritornare in tempo almeno per la fine della proiezione del film.
Dalla circostanza di cui sopra e sulla base della ricostruzione degli eventi ricavata dagli elementi in nostro possesso, si può ritenere verosimile che Isabella Internò, nel corso della prima telefonata di lunedì 13 novembre nella casa dei suoi genitori a Boccaleone di Argenta e della telefonata successiva ricevuta intorno alle 15 al Motel Agip, gli abbia fatto credere che si sarebbe trattato di un incontro veloce coi genitori, intenzionati ad avere spiegazioni e chiarimenti sia in merito alla questione dell’aborto e sia in merito al fatto che l’avesse lasciata, dopo tre anni di fidanzamento, iniziato quando lei era minorenne.

Solo una volta in auto, tuttavia, è lecito supporre che la donna gli abbia dato indicazioni su dove andare.
Ipotizzare che Isabella Internò abbia architettato la messinscena di una richiesta di chiarimenti da parte dei genitori circa l’episodio dell’aborto, per far allontanare il calciatore da Cosenza, può trovare legittimazione nella presenza, all’interno del portafogli di
Bergamini al momento del decesso, del biglietto sul quale risulta annotato il nome della “Leigham Clinic” di Londra e il recapito telefonico della struttura sanitaria. Il biglietto, sul retro, reca il numero di telefono dell’abitazione di Torino della zia di Isabella Internò, Assunta Trezzi, e dalla stessa riconosciuto durante l’escussione del 2013.

Sembra alquanto singolare che Bergamini, a distanza di due anni dall’aborto, conservasse ancora nel portafogli il biglietto riportante il nome della clinica inglese; e allora tutto lascia pensare che con questo biglietto il calciatore volesse dimostrare che questa testimonianza scritta, e le indicazioni in esso riportate, provenivano da Assunta Trezzi: una impressione rafforzata anche dalla presenza sul foglietto del numero di telefono dell’abitazione della ormai famosa “zia di Torino”.
Bergamini con tutta probabilità credeva di poter dare maggiore forza alle spiegazioni che intendeva fornire ai familiari di Isabella Internò, ovvero che quella di abortire era stata una decisione presa solo ed esclusivamente da Isabella, aiutata nell’individuazione della clinica e nell’organizzazione del viaggio, dalla zia Assunta Trezzi. Ma evidentemente non aveva capito che era stato attirato in una trappola. O meglio, lo avrebbe capito dopo, purtroppo quando era ormai troppo tardi per tornare indietro.

Per poter percorrere in un’ora (al massimo in un’ora e dieci) quasi 100 chilometri, il calciatore ha mantenuto un’andatura piuttosto veloce, a dimostrazione che egli, pur resosi conto di doversi allontanare sensibilmente dalla città di Cosenza, sperava di ritornare in
tempo utile, quantomeno per la cena al Motel Agip prevista tra le 19:30 e le 19:45.
Essendo poi il tragitto composto per quasi il 50% da autostrada e la parte restante da viabilità ordinaria, in alcuni tratti abbastanza scorrevole – Ss 534 e Ss 106 bis – e in altri non molto agevole – Ss 106 nel tratto da Amendolara a Roseto Capo Spulico – si può affermare che Bergamini, conscio del fatto che solo nel tratto autostradale poteva
recuperare tempo (non dobbiamo dimenticare che il calciatore conosceva quella zona in quanto ci passava nei viaggi da e per il suo paese di origine), lo abbia percorso ad una
velocità sostenuta, sicuramente superiore ai 100/120 chilometri dichiarati da Isabella INTERNÒ nell’escussione del 23 novembre 1989.

A tal proposito non si può non far emergere che Isabella Internò, stante il suo racconto, mentre il calciatore la metteva al corrente dei suoi sconvolgenti propositi di lasciare l’Italia, sia riuscita addirittura a tenere conto della velocità tenuta da Denis sull’autostrada (100/120 chilometri orari): “…salì a bordo dell’auto e subito Denis mi
disse che avrei dovuto fargli un favore e cioè lo avrei dovuto accompagnare a Taranto perché si era stufato del calcio e dell’Italia, si era stancato di dipendere dagli altri ed intendeva andare via dall’Italia, mi disse in modo specifico che voleva andare in Amazzonia o nelle Hawaii. Alla mia meraviglia il Denis rispondeva <<tu non puoi capire. Tu non
puoi capire>>e si avviò verso l’autostrada. Tenevamo un’andatura di marcia non eccessiva, 100-120 chilometri orari, uscì dall’autostrada allo svincolo di Sibari…” .

La sera del 18 novembre 1989 Isabella Internò riferirà ben poco circa le ragioni addotte dal calciatore per giustificare il suo insolito comportamento.
Dirà soltanto che Donato Bergamini le aveva chiesto di accompagnarlo a Taranto poiché doveva prendere la nave, in quanto si era stancato di stare in Italia: “…appena partiti mi ha detto di essere accompagnato a Taranto dicendo che doveva prendere la nave poiché si
era stancato di stare in Italia. Nonostante le mie insistenze ha preso l’autostrada dirigendosi verso Taranto…” .

Il 23 novembre 1989 al pm Ottavio Abbate, Isabella Internò fornirà maggiori dettagli.
Oltre alla velocità di marcia tenuta dal calciatore sull’autostrada, porrà l’accento sui suoi tentativi di far desistere Bergamini dall’attuare il suo progetto di lasciare l’Italia: “…durante il viaggio parlammo anche della nostra storia, Denis tuttavia insisteva che doveva partire assolutamente. Io gli dicevo come fai a partire senza neppure una valigia? Denis mi rispondeva che non c’era alcun bisogno dei bagagli e aprendo il portafogli mi disse <<ho circa 500.000 [lire] circa, mi bastano>>. Siccome mi aveva detto che intendeva andare all’estero per uno o due anni io gli risposi che quello che aveva era una cifra irrisoria… Denis non mi disse che aveva un assegno…” .

Al processo tenutosi nei confronti di Raffaele PISANO, nel 1991, Isabella Internò, rispondendo alle domande del Pubblico Ministero, Dott. Maurizio Saso, dirà che durante il viaggio Bergamini non era nervoso ma aveva uno stato d’animo normale e che voleva essere accompagnato a Taranto, perché doveva partire e voleva andare alle Azzorre.

Le dichiarazioni rese il 29 novembre 2011 sono invece il frutto delle indicazioni e delle raccomandazioni impartite alla donna dal marito Luciano Conte, di riferire le stesse cose dette trent’anni prima.
Per garantire questa coerenza nelle deposizioni il Conte ha fatto leggere alla moglie, tantissime volte affinché le rimanessero impresse nella mente, i verbali di p.g. redatti all’epoca.
Questo si evince dalla conversazione ambientale intercettata tra i due, prima e dopo l’escussione in argomento…
E così Isabella Internò, nel 2011, dichiarerà che Bergamini, mentre guidava, le disse che doveva partire, che doveva andare fuori dall’Italia perché si era stancato del calcio, che erano cose che lei non poteva capire e che lui se ne doveva andare fuori dall’Italia e lei doveva accompagnarlo a Taranto da dove si sarebbe imbarcato per le isole Hawaii.

In merito al perché avesse scelto proprio lei per farsi accompagnare a Taranto, considerata la realtà dei fatti emersi nel corso delle indagini, ovvero che il calciatore l’aveva lasciata da più di sei mesi, che quando la incontrava le rivolgeva un mero saluto di circostanza, che si infastidiva nel parlare e nel sentire parlare di lei, Isabella Internò, di fronte a questa legittima osservazione che avrebbe dovuto minare, sin da
subito, la sua credibilità, non ha fornito alcuna plausibile spiegazione: “…rimasi molto meravigliata allorché dopo tanto tempo Denis mi cercò sabato…”.
“…sul motivo perché il Bergamini avesse chiamato proprio me dopo 6 o 7 mesi per farsi accompagnare fuori dall’Italia rispondo di non avere la più pallida idea, e che durante il viaggio più volte gli chiese il motivo, ma lui continuava a dire di dover partire, che io non potevo capire, che si era stancato del calcio. Durante il tragitto Donato appariva tranquillo…a distanza di anni non riesco proprio a spiegarmi perché egli decise di passare a prendere proprio me, né perché avesse voluto portarmi fin lì per farmi assistere ad una scena così brutta….”.

La testimonianza di lunedì scorso nella 32^ udienza del processo di Berardino Rinaldi è degna di nota perché è l’unica che si affianca a quella di Isabella Internò e che documenta il comportamento di Denis Bergamini, dal momento in cui questi parcheggia la Maserati nello spiazzo adiacente la Statale 106.

È vero, Berardino Rinaldi colloca l’avvistamento tra le 16 e le 17 del pomeriggio, ma è pur vero che l’uomo si è detto sicuro che quel giovane fosse il calciatore per essere riuscito a vederne il volto dallo specchietto retrovisore – c’era ancora visibilità – e di averlo riconosciuto dalle foto apparse il giorno successivo sui giornali che riportavano la notizia della tragedia. E allora il ricordo di Rinaldi in merito all’orario può essere stato distorto dal passare del tempo. O forse no, perché non mancano certo i dubbi su questo misterioso e sempre più fantomatico posto di blocco – ma sarebbe meglio definirlo posto di controllo se non altro ancora… – dei carabinieri, che molto probabilmente non inizia alle 17,30 come è stato detto finora, ma almeno un’ora prima.

Ma anche se l’orario fosse realmente quello delle 17,30, il teste però ha specificato che c’era ancora visibilità e, in questo caso, viene in aiuto il lavoro svolto dai Marescialli Capo Leonardo Citino, Roberto Redavid, Fabio Lupo e dall’Appuntato Scelto Giuseppe Greco in forza al Nucleo investigativo dell’Arma dei Carabinieri di Cosenza, i quali hanno svolto le indagini sul caso Bergamini nel 2011. Costoro, nell’informativa dell’11 maggio 2012, hanno dedicato un paragrafo specifico all’individuazione dell’orario del tramonto del 18/11/1989, grazie al quale sappiamo che il limite “oltre il quale non poteva più esserci alcuna luminosità solare diffusa, né poteva surrogarvi quella minima lunare essendo il cielo, peraltro, coperto dalla nuvole che determinavano la pioggia in corso” è da collocare alle 18:10.

Dunque, è possibile che Rinaldi abbia incrociato Bergamini subito dopo che questi aveva fermato l’auto nella piazzola – e l’orario potrebbe variare dalle 16,35 alle 17:35 massimo 17:40 – e che sia riuscito a vederne il volto perché aiutato dall’illuminazione del cielo. A maggior ragione se l’orario del posto di blocco è da anticipare di circa un’ora.

Dal racconto di Berardino Rinaldi, dalle circostanze di tempo riferite dall’uomo, si può immaginare, come sopra già evidenziato, che questi lo abbia visto in un momento non troppo lontano dall’arrivo del calciatore nella piazzola e seppure il Rinaldi ha riferito in relazione ad un momento infinitesimale, rispetto all’ora e mezza circa in cui il calciatore è rimasto con Isabella Internò nella piazzola, l’atteggiamento che ci rimanda la testimonianza dell’uomo è nettamente contrapposta a ciò che vuole far credere Isabella Imternò.

Donato Bergamini esce dalla Maserati (non è affatto vero quindi che sono rimasti tutto il tempo in auto) e si porta sulla carreggiata nel tentativo di fermare le auto. Se avesse deciso in tutta fretta di lasciare la Maserati alla Internò e di fare l’autostop per Taranto, come riferito dalla donna ma spostando l’evento ad un orario successivo, avrebbe cercato di fermare i veicoli che andavano in direzione opposta; se avesse cercato aiuto, come percepito da Rinaldi, per lui sarebbe stato indifferente fermare un veicolo che andava verso Taranto o verso Sibari. Invece Donato Bergamini si posiziona sulla carreggiata direzione Sibari e cerca di fermare i veicoli in transito in quella direzione, segno che egli è intenzionato a ritornare a Cosenza. Inoltre indossa il giubbino, a ulteriore dimostrazione che egli vuole rientrare subito in città, anche perché, vista l’ora, rientrerebbe ancora in tempo per la cena.

In questo modo sarebbe passato inosservato il precedente allontanamento dal ritiro ed egli non avrebbe rischiato un’eventuale sanzione da parte della Società.

E allora abbiamo due istantanee di Donato Bergamini nell’imminenza del suo arrivo a Roseto Capo Spulico: 1) insiste nel dare i documenti al brigadiere Francesco Barbuscio e farsi così identificare; 2) lascia la Maserati nella piazzola e cerca di fermare le auto che vanno verso Cosenza. Questo comportamento ci porta a pensare che egli, probabilmente, nel corso del tragitto per arrivare a Roseto Capo Spulico, possa aver percepito qualcosa di strano nell’incontro sollecitato dalla famiglia di Isabella Internò, in un luogo così lontano da Cosenza.

Nello stesso tempo la donna può aver impiegato il tempo per arrivare a Roseto Capo Spulico, rivendicando al calciatore di averla ingannata, suscitando in lei delle attese e delle speranze che non aveva poi mantenuto, rinfacciandogli magari di non averla voluta sposare, inducendola in questo modo ad abortire. E da qui potrebbe trovare spiegazione il moto di rabbia di Bergamini, che decide di lasciare la Maserati e di ritornare a Cosenza, mandando a monte l’incontro chiarificatore con i familiari della donna.

E c’è un altro particolare, tutt’altro che secondario, nella testimonianza di Rinaldi, che riguarda l’autovettura che vede nelle vicinanze di Denis Bergamini che chiede aiuto e cerca di fermare le auto che passano. Rinaldi esclude che l’auto sia bianca e dunque esclude che quell’auto sia la Maserati con la quale Bergamini è arrivato a Roseto. Parla invece di una macchina di colore scuro e il pensiero non può che andare alla Mercedes nera utilizzata dai familiari di Isabella Internò per arrivare sullo Jonio (https://www.iacchite.blog/omicidio-bergamini-i-cugini-della-interno-il-cantiere-di-santa-chiara-di-rende-e-lauto-utilizzata-per-arrivare-a-roseto/). E non serve neanche molta fantasia per capire che Denis sta cercando di sfuggire ai suoi assassini, che probabilmente sono già scesi dalla macchina e hanno lasciato dentro qualcuno, che non ha nessun interesse ad aiutare Denis, anzi…