Il 2024 ci ha portato la sentenza di primo grado del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza ammazzato il 18 novembre 1989 e i cui assassini girano ancora a piede libero per la città. Alla sbarra infatti c’è solo l’ex fidanzata Isabella Internò, certamente responsabile e condannata a 16 anni di reclusione, ma che copre ancora tutti coloro che l’hanno supportata nel progetto criminale. Nonostante l’omertà dei media di regime, l’esito di questo processo riscriverà la storia di Cosenza perché questo omicidio è lo specchio della città e le istituzioni non possono tirarsene fuori.
Chi ha indagato sull’omicidio di Denis Bergamini non ha avuto difficoltà a trovare le prove del forte legame familiare tra Isabella Internò, la mantide di Surdo, “disonorata” dal calciatore dopo l’aborto del luglio 1987 (“posticipato” di un anno dalla donna per armare la mano dei suoi assassini) e il cugino Dino Pippo Internò, che insieme all’ormai defunto brigadiere Barbuscio e al magistrato Ottavio Abbate è l’anima nera di quella maledetta sera del 18 novembre 1989 nel corso della quale è stato consumato un barbaro omicidio per il quale ancora nessuno ha pagato, grazie alle vergognose coperture di pezzi deviati dello stato. Abbiamo già visto come, nel 2017, Dino Pippo Internò si fosse preso la briga di telefonare alla cugina e ad un’amica della cugina per sparare a zero (ovviamente alla sua tamarissima maniera, a mo’ di grugniti di maiale) contro il magistrato Eugenio Facciolla e Donata Bergamini (https://www.iacchite.blog/omicidio-bergamini-dino-pippo-interno-intercettato-grugnisce-contro-facciolla-e-donata/) all’indomani dell’incidente probatorio che ha fatto cadere per sempre la foglia di fico del suicidio agitata per decenni dalla mantide di Surdo e dalla sua famiglia di rozzi assassini. Oggi esaminiamo altri indizi importanti.
Nella precedente attività di indagine (2011-2013) si sono registrati sicuramente maggiori contatti telefonici tra Dino Pippo INTERNÒ e Isabella INTERNÒ, soprattutto al verificarsi di eventi legati al corso delle indagini che si stavano svolgendo in quel momento. Nel 2011, in
prossimità delle feste natalizie Isabella INTERNÒ contattava il cugino, e dopo un breve scambio di convenevoli, lo informava di essere stata sentita, riferito all’escussione del 29 novembre 2011. In quest’occasione, la donna affermava di essersi recata a testimoniare con serenità perché ha sempre detto la verità e la verità è quella che lei ha detto.
La donna manifestava fastidio e seccatura per gli articoli giornalistici. Ad un certo punto, a Dino Pippo che parlava dei giornalisti e del fatto che anche quando parlano sono pesanti – verosimilmente facendo riferimento con l’aggettivo pesanti alla gravità di quello che dicevano nei loro articoli – Isabella INTERNÒ rispondeva con un’esclamazione che, nella parte finale, sembrava non avere connessione con ciò che il cugino stava affermando ma che assume valenza investigativa. Infatti Isabella INTERNÒ, dopo aver confermato quello che Dino Pippo INTERNÒ aveva appena detto, ovvero che i giornalisti anche nel parlare sono pesanti, afferma <<ohi Pì – lo sai, tu lo sai. Tu c’eri proprio, quindi!!>>. Dino Pippo rispondeva <e lo so>, dopodiché cambiavano discorso. Non c’è dubbio sul fatto che i due si riferiscono a quella maledetta sera e davvero nessun dubbio non solo sulla presenza di Isabella Internò sulla scena del delitto ma anche e soprattutto del cugino che grugnisce, certamente presente a Roseto Capo Spulico e sempre più preoccupato dell’avanzare delle indagini e anche del lavoro di quei giornalisti che ormai puntano il dito contro di lui.
Nel 2013, il 16 di maggio, Dino Pippo INTERNÒ in occasione dell’emissione dell’informazione di garanzia a carico di Isabella INTERNÒ, contatta la sorella Catia, riferendole che aveva preferito chiamare lei piuttosto che la diretta interessata, ed esprime tutto il suo disappunto per <il casino di merda che stanno alzando>. Nel corso della conversazione dice alla cugina che non c’è legge e si domanda se due “giudici” – riferito verosimilmente alla sentenza di assoluzione di Raffaele PISANO e alla successiva conferma in appello – sono stati cretini o se la dichiarazione fatta dai Carabinieri fosse stata cretina, rifacendosi, verosimilmente alla comunicazione in Procura del Brigadiere Francesco BARBUSCIO, che dava provato il suicidio di BERGAMINI. Al che Catia INTERNÒ rincara la dose, parlando per due volte dei testimoni che <lo hanno visto>, riferito a Rocco Mario NAPOLI, alla moglie e alla cognata di questi. Come si vede Catia INTERNÒ utilizza la stessa linea difensiva del marito Gianluca TIESI e dell’amico giornalista “di famiglia” Marco CRIBARI, incentrata oltremodo sulla testimonianza di Rocco Mario NAPOLI che secondo loro sarebbe una prova del suicidio di Donato BERGAMINI.
A questo punto Dino Pippo INTERNÒ si lascia andare – sempre con grugniti spesso incomprensibili – ad imprecazioni nei confronti della mamma e della sorella di Donato BERGAMINI. Dopo essersi soffermati sulla convocazione per l’imminente 18 maggio di Concetta TENUTA, di Roberto INTERNÒ e dello stesso Dino Pippo INTERNÒ, Catia INTERNÒ fa riferimento al loro avvocato che dimostrerà l’innocenza della sorella e in un passaggio la donna rischia di incorrere in un lapsus, prontamente evitato, che l’ufficiale di p.g. realizzatore della trascrizione della conversazione ha evidenziato. Catia INTERNÒ infatti parla del dispiacere che prova per la sorella che <davvero da martire a carnefice….>.
Si riporta di seguito l’intera frase di Catia INTERNÒ: “…darà le giuste risposte…lentamente…e quindi…già lentamente…e purtroppo sono cose lunghe Pi…ti danno ancora più fastidio che tiri…però a me mi dispiace per Isa perché dopo quello…davvero da martire a carnefice l’hanno…ha avuto solo questo ruolo maledetto…di…di assistere…eh…”.
Dino Pippo INTERNÒ, dopo aver riferito alla cugina che il 18 maggio non sarebbe stato presente a rendere deposizione e che avrebbe inviato la documentazione clinica, riferisce che qualora lo avessero convocato avrebbe fatto il nome di Michele PADOVANO come persona a conoscenza delle ragioni perché BERGAMINI si era ammazzato: << eh, ma se…quando mi interroga a me,…che quando vado io…gli dico due parolicchie…perché non andate a trovare a Padovano che sa qualche cosa perché…perché si è ammazzato il cristiano…>>.
Qualche giorno prima della convocazione per rendere sommarie informazioni il 18 maggio 2013, Dino Pippo INTERNÒ insieme al fratello Roberto sollecitano un incontro con Luciano CONTE, verosimilmente per accordarsi su una comune versione da fornire agli inquirenti. Il 18 maggio 2013, mentre si trovava a Milano ricoverato, dopo aver sentito il fratello il quale gli aveva raccontato l’esito della deposizione e il malumore per la diversa versione riferita dalla zia Concetta TENUTA relativamente al fatto di trovarsi – lei e il marito – la sera della tragedia, presso la propria abitazione e di essere partiti da lì alla volta di Roseto, Dino Pippo INTERNÒ contatta Catia INTERNÒ e le chiede se la zia Concetta fosse rientrata a casa. La cugina gli dice che era rientrata da una mezz’ora e che era tutto a posto e gli raccomanda di stare tranquillo.
Dino Pippo INTERNÒ, sentito per la prima volta il 9 aprile 2019, ha espresso tutta la sua fiducia nell’innocenza della cugina “…io personalmente ho sempre creduto a mia cugina, e anche oggi ci credo al suo racconto, perché altrimenti non mi spiego come in tutto questo tempo, dopo i tanti interrogatori che ha avuto, ella continui a dare sempre la stessa versione…”… Lo ha ribadito anche lunedì, testimoniando in Tribunale, ma ormai a quella versione ci credono soltanto loro… Facendo il verso dei maiali, naturalmente.