Palamara minaccia e il Csm nomina Cantone a Perugia: quando finiranno le coperture per Renzi?

Lo avevamo annunciato: se la scusa del “così fan tutti”, non avesse funzionato, Palamara, alias faccia di tonno, sarebbe passato alla fase due: “muoia Sansone con tutti i Filistei”. Un altro classico all’italiana: quando il lestofante si vede scoperto minaccia i suoi compari e complici “occulti”, rimasti fuori dal tritacarne mediatico, di tirarli dentro il calderone se non si adoperano ad apparare la situazione.

Un messaggio dal sapore mafioso che la stessa magistratura non disdegna di usare. Perché è così che, sottobanco, “parla” da sempre. Non c’è nessuna differenza tra il modus operandi tipicamente mafioso fatto di ricatti, minacce, intimidazioni, avvertimenti, estorsione, e quello di certa magistratura italiana che utilizza gli stessi metodi per combattere i propri nemici (esterni ed interni) e raggiungere così il loro solo ed unico scopo: accumulare denaro e potere, come i mafiosi.

Di annunci di ex potenti caduti in “vascia furtuna” perché finiti intrappolati nella rete della Giustizia (perché non tutti i magistrati sono corrotti) dove minacciavano la chiamata in correità di altri potenti complici nei loro loschi affari ne abbiamo sentiti tanti, ma nessuno ha poi mai dato seguito a tali minacce: segno evidente che “l’avvertimento” funziona, il che spiega anche il motivo per cui molte storie di potenti intrallazzati caduti nella tagliola, sono finite a tarallucci e vino. Un modo per aggiustare le cose si trova sempre, quando a minacciare i potenti è un altro potente.

Ed è quello che ha fatto Palamara pronunciando ai suoi ex complici di scorribande parole ben precise: “Non farò il capro espiatorio del sistema”. Che tradotto vuol dire: O trovate una soluzione a questo problema che mi vede coinvolto come unico intrallazzone, oppure trascino tutti quelli che hanno chiesto i miei servizi, e sono tanti e anche “famosi”, con me nel baratro. Il sistema della corruzione dei magistrati, non l’ho inventato io, dice Palamara, e tutti, da questo sistema, ne hanno tratto beneficio. Ma ora fanno finta di non ricordarsi, fanno finta di non essere mai stati a cena con politici e imprenditori per barattare le loro funzioni da magistrato con bustarelle, regalie e privilegi. O meglio, sembra che io, dice sempre Palamara, sia stato il solo ed unico a fare questo perciò, se non fate qualcosa per tirami fuori da questa vicenda, farò nomi e cognomi di tutti coloro i quali si sono avvalsi del “Sistema Palalmara”: “muoia Sansone con tutti i Filistei”.

Un messaggio chiaro e preciso che il Palamara va lanciando da qualche settimana a questa parte. E anche in questo caso ha funzionato. O meglio, alcune mosse del Csm fanno capire che c’è voglia di “apparare”, e che la minaccia di Palamara di sputtanare tre quarti della magistratura italiana è stata tenuta in considerazione.

E il segnale per chi sa leggere tra le righe, è la nomina di Cantone a procuratore capo di Perugia, la procura che ha in mano l’inchiesta su Palamara.

Il ragionamento per chi vuole farlo è semplice: l’eventuale “cantata” di Palamara, oltre a coinvolgere tanti magistrati, coinvolgerebbe anche diversi politici, specie quelli dell’ultimo periodo, su tutti l’allora componenti del governo Renzi. Tant’è che il principale referente politico degli intrallazzi di Palamara era Luca Lotti, ministro e braccio destro di Renzi.

Renzi e Lotti, entrambi al centro di diverse inchieste, avevano trovato in Palamara il personaggio giusto per aggiustare i loro tanti guai giudiziari. È quello il periodo “preso in esame dal trojan” (da cui deriva la famosa chat di Palamara), dove si evince chiaramente che era Lotti, per nome e conto di Renzi a chiedere a Palamara di spostare questo o quel pm, a seconda delle loro esigenze giudiziarie. Quindi il messaggio di Palamara è rivolto principalmente a Renzi (che in questo momento con l’arma del ricatto tiene sul filo del rasoio il governo Conte): “o eserciti tutta la pressione che puoi su Bonafede e compari, pena la caduta del governo, a chiudere questa faccenda che mi riguarda, oppure racconto tutto alla stampa sugli intrallazzi del tuo governo con me”.

E così è stato: Renzi attraverso il ricatto è riuscito ad imporre Cantone al Csm come capo della procura perugina, e Cantone si sa che è un uomo di Renzi. Cantone a  Renzi deve molto, e nonostante la sua conclamata onestà, chi ce lo dice, o chi ci assicura, che in questa vicenda Cantone si comporterà secondo dovere? Come sappiamo che Cantone non “presserà” con qualche scusa i pm perugini che si stanno occupando dell’inchiesta su Palamara affinchè tale inchiesta non finisca nel dimenticatoio? Come facciamo a stare tranquilli sapendo che Cantone è influenzato da Renzi?

Avrebbe dovuto rinunciare a questo incarico Cantone, e se lo ha accettato un motivo c’è, e speriamo non sia quello di imboscare tutto.

La situazione in cui si trova Cantone somiglia per certi versi a quella in cui si trova Gratteri: senza mettere in discussione la sua onestà, anche Gratteri pare avere una sorta di timore reverenziale nei riguardi di Renzi, sarà forse per la chiamata che all’epoca Renzi gli fece chiedendogli di fare il ministro nel suo governo. Nomina bocciata dal solito Napolitano, e che Gratteri aveva accettato. Una “chiamata” che forse Gratteri non ha dimenticato, interpretandola come un attestato di grossa stima nei suoi riguardi, stima che forse Gratteri ha inteso ricambiare. Infatti, Gratteri in Calabria ha arrestato tutti tranne gli amici di Renzi. A cominciare da don Magorno, perché se è vero come è vero che Luberto ha fatto sparire le carte dell’ex deputato del Pd Ferdinando Aiello (renziano) registrato dai Ros mentre parla con due mafiosi della Sibaritide di voti e denaro, è anche vero, e lo sa bene Gratteri, così come lo sanno bene i pm di Salerno, che dall’inchiesta “Frontiera” sono sparite anche le carte del senatore Magorno intercettato dai Ros mentre intrallazza in auto con l’autista del boss Franco Muto intanto che lo accompagna all’aeroporto. Una intercettazione apparsa sotto forma di “riassunto” sul Corriere della Calabria, e scomparsa dal fascicolo dell’inchiesta.

Senza voler esprimere nessun giudizio sull’operato di Gratteri e Cantone, aspettiamo i fatti, che dovrebbero arrivare a breve, per capire se in tutta questa vicenda c’è pure del marcio in Danimarca!