Politiche 2018: domani scioglimento delle Camere ma Gentiloni non si dimette

Al via il conto alla rovescia per la fine della legislatura e verso le nuove elezioni nella primavera del 2018. L’intenzione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sarebbe quella di sciogliere le Camere dopo la conferenza stampa di fine anno del premier Paolo Gantiloni. La conferenza è prevista per domani, giovedì 28 dicembre. Il decreto di scioglimento dovrebbe quindi arrivare il 28 pomeriggio stesso o al massimo il giorno successivo.

Gentiloni sale al Colle ma non si dimette

A quel punto il premier Paolo Gentiloni salirà al Colle. Il presidente del Consiglio non dovrebbe dimettersi – d’intesa con il Colle – proprio per restare in carica in una fase che potrebbe dimostrarsi molto complicata e turbolenta, soprattutto se non uscirà subito dalle urne una maggioranza chiara.

I tempi per andare al voto (l’ipotesi del 4 marzo)
Entro i 70 giorni previsti dalla Costituzione gli italiani andranno al voto. Con tutta probabilità la giornata delle urne sarà quella del 4 marzo: anche se teoricamente si potrebbe votare prima, dal quarantacinquesimo giorno dopo lo scioglimento, ma è prassi che per la campagna elettorale sia usato tutto il tempo previsto dalla Carta. Tra il 44/esimo e il 42/ giorno prima del voto (a inizio febbraio quindi) i partiti presenteranno al Viminale i simboli con cui correranno.

La convocazione del nuovo parlamento
Venti giorni dopo le elezioni sarà convocato il nuovo Parlamento e quindi, dopo l’elezione dei presidenti delle camere e la formazione dei gruppi parlamentari, saranno avviate le consultazioni per il nuovo governo.

Il riposizionamento dei partiti
Partiti e parlamentari hanno cominciato il lavoro di riposizionamento in vista dello scioglimento. Alcuni gruppi (come Ala) probabilmente spariranno. Altri, come quello di Noi con l’Italia al Senato, si sono formati nell’ultimo giorno utile dando nuova linfa alla “quarta gamba del centrodestra”. Attivissimi, sul fronte opposto, anche i centristi che si alleeranno con il Pd formando un soggetto che potrebbe vedere la confluenza di Ap guidata da Beatrice Lorenzin, Des-Cd e dei Centristi per l’Europa di Pier Ferdinando Casini. E a smettere la loro “casacca” istituzionale sono innanzitutto i due presidenti Pietro Grasso e Laura Boldrini.