Politiche 2018, quanto è squallido il PdR (Partito di Renzi)?

Se ancora non è nato poco ci manca. Il nascituro potrebbe venire alla luce a Parlamento insediato, dopo le elezioni del 4 marzo. E’ il suo nome è chiaro: Il Partito di Renzi, altrimenti detto PdR. Quello che con molta probabilità si alleerà con Berlusconi per un governo di larghe intese.

Renzi, per raggiungere questo risultato, durante la composizione delle liste si è ispirato ad un metodo infallibile: l’epurazione. Infatti ha eliminato dalle liste più nemici interni possibili. Inserendo solo i “nemici” che si sono detti disponibili a sottomettersi al lui in cambio di una poltrona in Parlamento. E per questo dovranno fare da portatori di voti al suo nascente partito.

E la verità sulla malandrina mossa di Renzi di costruire un partito tutto suo, sta tutta nei numeri: da una stima fatta in base ai sondaggi, il Pd dovrebbe eleggere 200 parlamentari, di cui 160 fedelissimi di Renzi. Gente che non rompe le scatole e che fa tutto quello che dice il capo. Mentre i restanti 40 dovranno essere “distribuiti” tra le correnti interne: Martina, Orfini, Franceschini, Orlando.

E’ chiaro a tutti che, se così sarà, non esisterà in Parlamento una opposizione interna al PD, e nei congressi non ci sarà partita. E’ il PdR che avanza. Il Partito di Renzi che prima ha favorito la scissione con Bersani ed oggi, con metodo dittatoriale, ha eliminato le ultime fronde di dissenso interno. E’ riuscito finalmente nell’impresa di far scomparire ogni rimasuglio di “sinistra” presente del PD. E’ riuscito a snaturare un partito le cui tradizioni affondano nella gloriosa storia del Partito Comunista Italiano. Occhetto l’ha iniziata e lui l’ha conclusa. Ora Renzi è pronto ad allearsi con chiunque, senza per questo dover sopportare le opposizioni interne scontente di ogni cosa. Ora sarà lui in tutta libertà a decidere la linea politica del PdR, e chi sarà il primo ministro, ammesso che la coalizione di centrosinistra arrivi prima delle altre, ovvero Lui. Del resto lo dice anche lo statuto del PD che il segretario è il candidato a premier.

Quella che si respira nel PD post liste è di nuovo aria di scissione. Le opposizioni interne potrebbero, dopo il voto, decidere di collocare i propri 40 deputati da qualche altra parte diversa dal PD. Magari ritornare a fare squadra con Grasso/Bersani e vedere se ci sono i margini per una alleanza diversa da quella a cui aspira Renzi.

Una cosa è certa: mai elezioni furono così incerte, almeno a memoria recente. Tutto è in gioco ed ogni ipotesi può realizzarsi, oppure no. E nessuno in questo momento può escludere niente. Neanche il nascente Partito di Renzi.