Porto delle nebbie: chi sono i buoni e chi sono i cattivi

Non siamo mai stati teneri con Marisa, e non sempre a torto. Qualche volta abbiamo esagerato, lo ammettiamo, ma avevamo tutte le ragioni per farlo: se un sostituto procuratore aggiunto è ostacolato nel suo lavoro investigativo dal procuratore capo con la complicità di tre quarti dei Pm della procura, e quasi tutti i Gip, per motivi che esulano dalla Giustizia, il dovere dell’aggiunto è quello di denunciare i “colleghi” nelle opportune sedi. Se invece te ne stai zitto e subisci le imposizioni dei colleghi corrotti, il dubbio di complicità sorge spontaneo. E il suo immobilismo iniziale ci ha portati a pensare questo.

Dal suo arrivo a Cosenza, che è coinciso, più o meno, con l’apertura del nostro giornale, non ha fatto altro che scontrarsi con il procuratore capo Spagnuolo, e i motivi sono oramai di dominio pubblico: garantire la copertura giudiziaria al sindaco Occhiuto che in otto anni di amministrazione ne ha combinate di tutti i colori. Roba che se fosse successa in un’altra procura, Occhiuto sarebbe in galera già da anni. Infatti per molto meno, altre procure hanno agito contro pubblici amministratori che hanno abusato, per fini personali, dell’esercizio dei cottimi fiduciari e delle somme urgenze. Ma la per la procura di Cosenza, o meglio per Spagnuolo, le malefatte di Occhiuto non sono sufficienti per portarlo davanti a un giudice. Ci siamo sempre chiesti: che deve fare di più per finire in galera? Se avessimo commesso noi i reati che ha commesso Occhiuto a quest’ora staremmo scontando qualche ergastolo chissà dove.

All’inizio, Marisa ha provato ad adeguarsi all’andazzo, per il suo quieto vivere, perché la regola vale per tutti: cane non mangia cane; ma il nostro pressing prima, con articoli veritieri sulla gestione dei famigerati appalti spezzatino, e gli esposti di Morra dopo, l’hanno in qualche modo “costretta” ad adoperarsi, proprio perché estranea agli intrallazzi di Spagnuolo e compari. Nonostante le pressioni è riuscita, tra mille difficoltà, a portare a termine qualche inchiesta, confermando che quello che abbiamo scritto corrisponde alla verità dei fatti. Ad esempio il rinvio a giudizio di quattro dirigenti comunali in merito alla concessione a cinque ditte amiche di affidamenti diretti sotto soglia truccati, in cambio di regalie e favori. Non è tanto, rispetto al livello di corruzione che ha raggiunto oramai palazzo dei Bruzi, ma è meglio di niente. Almeno c’ha provato. E non è facile riuscire se hai contro quasi tutta la procura e quasi tutto l’ufficio Gip.

Per sua e nostra fortuna, qualcuno/a l’ha sostenuta, perché va detto: c’è un pezzo di onestà che nel porto delle nebbie resiste. Anche se silente. Un pezzo di dignità che non si è mai abbassato allo squallido livello di Spagnuolo che la dignità l’ha persa da un pezzo.

Marisa si è trovata in mezzo a due fuochi: il nostro e quello di Spagnuolo. Si è trovata schiacciata tra la lampante verità sulla corruzione di Occhiuto, e gli insabbiamenti di Spagnuolo. Per lei recarsi ogni giorno in ufficio non deve essere una cosa piacevole. Fare il proprio dovere in queste condizioni è veramente difficile. E lo abbiamo capito da tante cose. Alcune delle quali non possiamo, per ragioni di opportunità, raccontare, ma Marisa sa bene a cosa ci riferiamo, ad esempio: “confidare” a qualcuno le difficoltà nel portare avanti le inchieste su Occhiuto. E ci fermiamo qui.

Ora sappiamo anche che Marisa di questa situazione non ne può più, è stanca, e ha deciso di andare via dalla procura di Cosenza. Tra qualche mese (molto probabilmente a giugno), dopo aver chiuso l’inchiesta su Cirò, sarà trasferita a nuova sede, lontana da chi le ha reso la vita lavorativa complicata.

La capiamo, anche se alcuni silenzi non si possono giustificare, perché come lei sappiamo cosa vuol dire sbattere contro un muro di gomma. Sappiamo che affrontare certi poteri significa rimetterci un pezzo della propria vita, lavorativa e personale.  Un caro prezzo da pagare. E ci tocca dire che Marisa quel prezzo l’ha pagato.

Oggi che sappiamo della sua azione di riscatto umano e professionale, non possiamo che chiederle scusa per i nostri eccessi (anche noi di Iacchite’ sappiamo chiedere scusa se serve), che altro non erano che delle allegorie. Una sorta di sprone a non arrendersi davanti a tanta evidenza. E lei ha fatto quello che ha potuto. Certo è che dopo aver saputo alcune cose, Marisa passa, per noi dalla parte dei buoni.