Cosenza e Paola, giustizia nel caos. Fiordalisi, torna ‘u cane all’uassu

Nella corsa a 11 per la poltrona di procuratore capo presso la Procura di Paola, retta fino a qualche mese fa dal procuratore capo Pierpaolo Bruni oggi procuratore capo presso la procura di Santa Maria Capua Vetere, tra gli altri spicca un nome: Domenico Fiordalisi, cosentino doc, una nostra vecchia conoscenza. Che per non farsi mancare niente si è candidato pure alla procura di Cosenza (dove già ha fatto molti e irreparabili danni, esattamente come a Paola…) e persino alla Dda di Catanzaro.

Fiordalisi, così come i suoi degni compari Luberto e Liguori, è a tutti gli effetti uno dei magistrati più impresentabili d’Italia.

In magistratura dal 30.4.1986 ha svolto funzioni di pubblico ministero nelle Procure di Paola, Rossano, Crotone, Cosenza. E’ stato procuratore capo presso la procura di Lanusei e Tempio Pausania e attualmente svolge le funzioni di consigliere in Corte di Cassazione. 37 anni di lunga e non certo onorata carriera in magistratura, dove si è distinto più per i procedimenti subiti e le inchieste taroccate, che per la lotta al malaffare. Il primo procedimento a suo carico nasce nel lontano 1989, e approda sulla scrivania del Csm, sotto forma di procedimento disciplinare, qualche anno dopo per una storiaccia con i carabinieri sulla nomina di ufficiale di polizia giudiziaria, quando era in servizio presso la procura di Paola. https://www.radioradicale.it/scheda/103429/consiglio-superiore-della-magistratura-disciplinare-procedimento-a-carico-di-domenico

Gli anni trascorsi da pm a Paola si possono sintetizzare rievocando una nota dell’ ispettore Francantonio Granero inviato per una ispezione dall’allora ministro alla Giustizia Martelli alla procura di Paola che così scriveva: «Ci si imbatte spesso nella constatazione che l’esercizio della potestà penale, magari soltanto minacciato, da parte dei magistrati, appare in qualche modo condizionato e orientato da motivazioni ed impulsi personali tesi ad altri scopi…Questo modo impulsivo di procedere presta il fianco a sospetti di strumentalizzazione che finiscono per inquinare, anche quando c’è, lo stesso fondamento delle azioni intraprese e per minare la fiducia nell’equilibrio e nella ponderatezza del procedente. Nel dottor Fiordalisi, come già nel dottor Belvedere (un altro sostituto, ndr), vi è un modo di intendere la funzione di magistrato della procura che tende a sovraesporre il magistrato stesso, facendogli impersonare un ruolo che non è il suo».

Di che pasta è fatto Fiordalisi lo avevano capito tutti sin dai suoi primi passi in magistratura. Infatti, vista la propensione a intendere il suo ruolo di magistrato come strumento per far carriera e curare i propri interessi, piuttosto che servire la Giustizia e la Legge, fu subito arruolato nella brigata del “porto delle nebbie”, ovvero la procura di Cosenza (dove adesso vorrebbe addirittura tornare da… capo!!!), che a quei tempi intrallazzava già alla grande. Impunità per i colletti bianchi, malandrini di spessore, amici degli amici, professionisti di peso, e politici fratelli, era la principale direttiva, e ancora lo è, a cui dovevano attenersi tutti i pm della procura, e Domenico si dimostrò da subito un bravo e ubbidiente allievo. Talmente asservito al potere massonico che fu lui a proporsi ai disperati generali del Ros, incaricati dall’allora governo Berlusconi/Fini di dare una lezione ai manifestanti dopo i noti fatti di Genova del 2001, di taroccare l’inchiesta contro i no-global cosentini, tarantini e napoletani, che dovevano fungere da capro espiatorio per giustificare e nascondere le inaudite violenze dalla polizia in quei drammatici giorni. La famosa “Operazione No-Global” che finì per settimane su tutti i tg e giornali nazionali e esteri, e si concluse dopo 13 anni di processi con una totale e limpida assoluzione, in tutti i gradi di giudizio, per tutti gli imputati. Di contro molte sentenze stabilirono che era stata la polizia a fabbricare prove false coperti da pm come Fiordalisi con inchieste tarocche.

Il fallito tentativo di tacitare il dissenso per conto di certa politica costò a Domenico la promozione (dopo una permanenza a Lanusei) a procuratore capo presso la Procura di Tempio Pausania (provincia di Sassari). Anche qui non senza problemi. Domenico fu accusato dalla stessa procura di Tempio di aver taroccato (un vizietto difficile a morire) diversi fascicoli penali con l’aggiunta di postille, scritte a penna, e di aver minacciato due dipendenti del tribunale. Il processo che ne scaturì si concluse con l’assoluzione di Fiordalisi. Un atto dovuto dopo i tanti favori elargiti a certo potere.

Dopo l’ennesimo procedimento Domenico viene “nuovamente promosso” a consigliere nella Corte di Cassazione. Un ruolo che non gli permette, però, di esercitare i poteri investigativi e di incriminazione che tanto piacciono a lui, ed è per questo che alla soglia delle pensione ha chiesto a chi di dovere di poter terminare la sua lunga e mai onorata carriera nel ruolo che tanto gli si addice e nel posto dove tutto ebbe inizio: procuratore capo, presso la procura di Paola o presso la procura di Cosenza. La ciliegina sulla torta che, per i servizi resi, pensa di meritare secondo quello che gli suggerisce la sua “testa gloriosa”. Ma del resto, si sa, il cane torna sempre all’osso (torna u cane all’uassu).