Pubbliemme-La C: il PD fa girare i soldi con la “pubblicità” del clan Muto

È La C-Pubbliemme il sistema perfetto che usano Mario Oliverio e Madame Fifi per pagare la stampa amica e sparare le bordate contro i politici “nemici”.

La C, per chi non lo sapesse, è la televisione di famiglia di Nicola Adamo e della sua consorte-megera e se proprio non fosse chiaro a che “parrocchia” fa riferimento, basta guardare i banner che pubblicava “a manetta” a sostegno di quel maialetto di Carletto all’epoca delle elezioni comunali di Cosenza.

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La C, essendo uno dei media di riferimento del PD, fa razzia di giornalisti “amici” e ha escogitato un sistema nuovo per far girare l’economia. Non più gli incarichi diretti, perché farebbero troppo rumore ma soldini sottobanco, tanto chi li controlla?

Ci vuole una faccia come il culo per lavorare a La C, dove i soldi arrivano con un meccanismo semplice semplice. La Regione, spesso attraverso Fincalabra ma non solo, riempie di soldi la struttura, di proprietà di Domenico Antonio Maduli, l’imprenditore vibonese deus ex machina anche della Pubbliemme, divenuto in pochi anni improvvisamente ricco e gradito ai politici più impresentabili del PD, e poi avventurarsi anche a fare la morale.

E ci vuole una faccia come il culo a farsi fare ogni mattina i telegrammi da Nicola Adamo e Madame Fifì recitando a soggetto come solo i servi sciocchi sanno fare e parlando pure di libertà di stampa.

Il direttore responsabile di questo bellissimo caravanserraglio è Pasquale Motta, ex segretario di Nicola Adamo, candidato sindaco PD, naturalmente trombato, al Comune di Nocera Terinese. Lui dirige il sito mentre la televisione è affidata ad un altro cameriere, che si chiama Pietro Comito. Due servi matricolati, pronti ad obbedire ad ogni comando. 

Il motto della tivù adamitica è “l’informazione a 360 gradi” ma, com’è fin troppo chiaro, nei fatti, questo tipo di informazione, nella migliore delle ipotesi, si ferma a 90 gradi. Con tutto quel che segue..

fincaRicapitolando: la Regione, insieme a Fincalabra, ha riempito di denari La C. Che con i nostri soldi paga la stampa amica di Oliverio.

Chi ha il coraggio di denunciare queste vicende, come il sottoscritto, viene attaccato in prima persona grazie ai galoppini della megera, ma è del tutto evidente che gli attacchi di questa congrega di imbroglioni altro non sono che medaglie da mettersi al petto.

Io non ho mai avuto centinaia di migliaia di euro da Fincalabra per diffondere (aprite le orecchie) in Calabria le immagini di un viaggio in Cina. Clientele e sprido (diciamo qui a Cosenza) a na lira.

LA REGIONE COMPRA I MACCHINONI DI MADULI-MERDULI

Pubbliemme, dal canto suo, sfrutta gli stagisti, che vengono sistematicamente epurati dopo qualche mese di prova e anche i dipendenti, “pagati” con somme irrisorie (500 o 600 euro).

Maduli-Merduli
Maduli-Merduli

Questo per garantire il guadagno del signor Maduli (dipendenti e stagisti sfruttati lo hanno ribattezzato in “Merduli”, che forse suona meglio), della compagna (anche di merende) e amministratore ombra Maria Grazia Falduto, oltre ai soliti lacché Motta, Francesco Occhiuzzi (il cetrarese che ha lasciato Ten e Occhiuto per accasarsi da quelle parti) e via franando.

Dall’ufficio commerciale di Pubbliemme non è difficile appurare che la Regione compra anche i macchinoni di questi signori: è il caso di una Audi A4 (targata DH642NE) acquistata nel 2007, la cui polizza è scaduta a maggio 2016.

L’ultimo attestato di rischio è del 2013, l’ultima polizza pagata dell’1 agosto 2013.

Una denuncia per smarrimento del certificato di proprietà fa, inoltre, presupporre anche un giro più strano che interessa questi veicoli. E non deve essere certamente l’unico.

Maduli-Merduli gira in Range Rover, la Falduto in Mercedes, la vamp(a) e responsabile commerciale Piera Nocciolo pure in Mercedes, lo scudiero di Motta, tale Enrico Paduano, in Bmw. Certo, le annaffiature periodiche della Regione aiutano anche a far fronte a spese del genere.

LE AZIENDE “SCATOLE CINESI”  E I LEGAMI CON IL CLAN MUTO

Pubbliemme poi è piena di aziende (tipo Affitalia) collegate, alle quali vende e dalle quali compra gli spazi in un circolo vizioso che riguarda in via quasi esclusiva l’azienda.

Per esempio, a Cosenza Pubbliemme è famosa per aver “bruciato” 1 milione e mezzo di euro al Comune per mancato pagamento dei canoni per i tabelloni 6×3 in sei anni di appalto. Finanche quel truffatore di Occhiuto si è reso conto del danno che ha combinato Maduli-Merduli e gli ha chiuso i ponti con lodevole efficacia.

Pubbliemme tuttavia non si è scomposta minimamente e visto il giro di aziende che ha, sapete cos’ha fatto? Ha fatto comprare i tabelloni ad una ditta di Scalea sua complice, tale Publidei, finita nel mirino della giustizia. 

Sì, perché il deus ex machina di questa Publidei di Scalea (e non solo) è Agostino Iacovo, oggi di nuovo agli arresti dopo essere già stato messo in manette il 4 marzo scorso e successivamente liberato. Iacovo è cetrarese, aveva messo in piedi un giochino di 14 società “scatole cinesi” e tutti sanno che è legato mani e piedi al clan Muto dai tempi dell’operazione Plinius. Così come tutti sanno che il clan Muto ha ottimi rapporti (per usare un eufemismo!) con il locale di ‘ndrangheta del PD gestito da don Magorno e Madame Fifì.

Ritornando al ruolo di Publidei, il suo intervento, almeno a Cosenza, ha risolto il problema della pubblicità e dei manifesti elettorali. Poiché Pubbliemme non poteva esporsi con il Comune di Cosenza causa debiti, l’ha fatto direttamente il buon Agostino Iacovo garantendo regolarmente la sua propaganda perdente prima a Lucio Presta e poi a Carletto Guccione. In parole povere, si vende a Pubbliemme e guadagna da Pubbliemme: sono pochissimi i clienti reali. Tutto falso, tutto virtuale.

Queste pratiche si chiamerebbero truffa se non ci fossero a Cosenza magistrati incolti, ignavi, figli di altri magistrati e vincitori di concorsi grazie all’interventismo di Maria Immacolata, che passano il loro inutile e noioso tempo a discettare di furti di pollame, a presentare libri, a sentirsi Dei onnipotenti e venerati da un numero ridotto di lacchè e di donnine.

La C sembra quella tv privata siciliana, diretta da un magistrale Pino Colizzi, che compare ne La Piovra. E’ un concentrato di fellatio politica, di disconoscenza delle basi culturali e deontologiche del giornalismo, utile solo ad ingrassare i corifei di Oliverio e compagnia che si azzuffano come le galline di Battiato per dire quanto sono belli, sani e forti lo statista di San Giovanni in Fiore, la magara di Grimaldi e ru vruacculuni du Spiritu Santu.

Che da quel pulpito fetido si levino anche lezioni di giornalismo è veramente troppo. La Calabria oscura accetta connivenze e collateralismi ma non può veramente trasformare il letame nei fiori di Fabrizio De Andrè.

C’è un letame che resta letame. Sempre.

Gabriele Carchidi